sabato, Aprile 20, 2024

Joycut – Ghost Trees Where To Disappear (PillowCase Records, 2011)

E sebbene sia convinto che tutto stagni nel codificare un certo tipo di vibrazioni e fare in modo che queste entrino a far parte del proprio immaginario, posso solo gioire che Ghost Trees Where To Disappear dei bolognesi Joycut sia quì a bussare alla mia porta. Si riapre così quella vecchia ferita (mai del tutto guarita, in verità) che ad inizio secolo mi aveva spinto alla ricerca di un rimedio per la mia voce femminina, tant’era la voglia di possedere un ugola potente al pari delle nascenti post punk revival. Ferita sanguinante e dolorosa che non ha mai permesso di avventurarmi in improbabili perfomances urbane in cui un tizio, alla guida della propria auto, urla dozzine di epici ritornelli mentre gli altri credano sia in preda a qualcosa di brutto. Così, subentrante a 10 pence, breve preludio strumentale, basta Clean Planet, con il suo carico di riverberi che allungano la mano a certi eroi eighties (Simple Minds su tutti), per riportare alla mia mente le afflizioni dovute a detta incapacità. Garden Grey e TTG sembrano invece un preparato Pet Shop Boys pronto per Chariots of Fire o per talune amenità del duca bianco. La costipazione di GTRC e Deus allevia ancora le doglie della pluripara post/shoegaze con un crescendo di pathos ed urla lancinanti che danno luogo al parto nella marzialità dei finali mentre a noi piace ancora crogiolarci con l’idea che da qualche parte esista una chiave per ogni chiavistello, anche per quello che chiuderà la casa dei sogni Bahuahus e Joy Division troppe volte aperta ed abitata anche da ospiti poco illustri, ma non è questo il caso, grazie al cielo. Accenni di protervia Editors ed Interpol con Apple e Liquid e quella personalissima rilettura del decennio wave di fronte alla quale storcere il naso boriosamente è ottuso quanto ostinarsi a leggervi sempre e solo i prodigi della Cura. Rapsodie degne di qualcosa in più rispetto alla sterile annotazione storica. Ci sono dischi che ti aprono la mente ed altri che ti scorrono addosso senza lasciar traccia. Non v’è, in realtà, certezza di comprendere bene sul momento quale sia dell’una o dell’altra specie, soprattutto quando a piacerti possano essere entrambe. I Joycut vantano un curriculum oltremodo dignitoso perchè san fare dischi che aprono la mente. Nulla assurge al rango di scienza ma qui tutto è esattamente al posto in cui deve essere. Musica ragionata, vero, ma decisamente ben fatta!

Francesco Cipriano
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Francesco Cipriano classe 1975, suona da molto tempo e scrive di musica.

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