giovedì, Aprile 18, 2024

Noah and The Whale – Last Night On Earth (Mercury, 2011)

In pochi anni i Noah and The Whale sono riusciti a pubblicare tre album, a lasciarsi sfuggire un talentuoso membro della band come Laura Marling e soprattutto – lo dimostra questa ulteriore prova del gruppo di Twickenham (Londra) – sono stati in grado di dimenticare il criticamente acclamato The First Days Of Spring, sostituendo così il racconto intimista dell’album precedente con le incursioni elettriche à la Tom Petty dell’attuale Last Night On Earth. Infatti, mentre alcuni loro colleghi cercano tuttora di riproporre la stessa formula disco dopo disco, volendo mantenere intatto il loro furbo rapporto con i commentatori di musica, i Noah and The Whale virano verso territori da tempo inusuali, per un gruppo i cui live set sono composti da strumenti quali ukulele e violino (fra i tanti). Come abbiamo detto, c’è Tom Petty (la sua Don’t Come Around Here No More rivive attraverso le note iniziali di L.i.f.e.g.o.e.s.o.n) e pure Bruce Springsteen (le sue lezioni sono disseminate per tutto il disco) – entrambi pionieri di quell’Heartland Rock che tanto piace ai quattro ragazzi inglesi. Se The First Days Of Spring celebrava il periodo post-Marling, narrando riflessioni sulla “separazione” intesa soprattutto come perdita definitiva (nei suoi vari gradi di accettazione), questo ultimo disco dei Noah and The Whale sembra composto da tante differenti short stories, che come tali brillano di luce propria, sia a livello tematico che musicale. Il problema sta proprio qui. Non tutte e dieci le canzoni sono propriamente spettacolari: Old Joy l’avrebbe voluta scrivere Chris Martin (potete quindi immaginare il grado di indolenza apatica) mentre Just Me Before We Met chiede sostegno ai dischi precedenti, non riuscendoci. Fortunatamente (per loro) episodi come Waiting For My Chance To Come salvano la barca e seppure ora siano associabili (ed associati) agli amatissimi Mumford and Sons, i Noah and The Whale trovano il modo – attraverso qualche synth – di farli propriamente loro. Pur non essendo un disco decisamente downtempo come i precedenti (nel senso del ritmo vero e proprio), le percussioni sono sempre gentili, a volte talmente sintetiche da risultare impercettibili nell’incontro con il resto dell’involucro strumentale. Piccola curiosità: sul loro sito ufficiale, nella sezione dedicata al blogging, Charlie Fink (frontman della band) ha pubblicato le demo (decisamente acustiche) di alcuni brani di questo album (le ultime sono The Line e Tonigh Is The King Of Night), placando così l’ira di quei fan che non hanno gradito l’evoluzione musicale attuata dai loro diletti. Forse i Noah and The Whale hanno voluto spiegare ai loro fedeli sostenitori che il cambiamento non è stato il risultato di una mossa di mercato, piuttosto, una decisione legata al missaggio finale. Ascoltando queste versioni acustiche si scorge la vera anima dei Noah and The Whale, ma il fatto che queste varianti non siano state scelte dalla band per quello che in gergo si chiama il “final cut”, l’ascolto di Last Night On Earth – nella sua versione ufficiale – risulta essere ancor più emozionante.

Noah and the Whale su myspace

Sebastiano Piras
Sebastiano Piras
Sebastiano nasce in Germania e sin da piccolo mostra uno sfrenato interesse nei confronti della musica, dal pop soul dei Commodores alla singolarità del Duca Bianco.

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