venerdì, Marzo 29, 2024

Powerdove – do you burn?

Annie Lewandowski è un’artista davvero degna di nota, che si muove tra improvvisazione e musica delle radici e che tra la sua sommersa e complessa storia discografica include una collaborazione con il grande Fred Frith per un album-performance pubblicato sotto la  Ninth World Music nel 2011 e intitolato Long as in Short, Walk as in Run. Il suo progetto più corposo si chiama Powerdove, attivo dal 2007 e documentato più tardi con un Ep pubblicato nel 2010 che raccoglie l’esperienza solista di Annie. Powerdove assume successivamente alla fondazione la forma di un trio, insieme ad Alex Vittum alle percussioni e Jason Hoopes al basso, il primo full lenght in questa direzione è Be Mine, pubblicato nel 2009. Do you Burn è il nuovo corso di Annie pubblicato recentemente da Africantape e sostenuto da due nuovi collaboratori, Thomas Bonvalet del progetto L’ocelle Mare che qui suona l’armonica, il banjo a sei corde, feet e hand clapping, fischio, la concertina (strumento che separa due casse armoniche con un mantice a soffietto, sorta di piccola fisarmonica) e altri ninnoli, e John Dieterich, il chitarrista dei Deerhoof, grande improvvisatore e che qui suona quasi tutte le chitarre e il basso. Annie, come sempre, oltre a cantare, si cimenta con il piano preparato da cui ottiene un suono molto vicino al clavicembalo, strumento che utilizza molto spesso dal vivo. Do You Burn viene registrato durante il gennaio 2012 da Annie insieme a Dieterich, Bonvalet e da Ben Piekut, saggista, musicologo e insegnante per la Columbia University, molto conosciuto nell’ambito della musica contemporanea (suo il testo, Experimentalism Otherwise – The New York Avant-Garde and Its Limits). Ben visibile, all’interno del digipack originale, una frase di Shelley Hirsch, compositrice e performer vocale Newyorchese tra le più importanti degli ultimi vent’anni, sicuramente un’ispirazione molto netta per la Lewandoski nella costruzione della sua personale poetica, che pur eccedendo la forma canzone, tiene i piedi ben saldi in un dispositivo ritmico mutuato dalla circolarità della musica tradizionale (Under Awnings, Out in the water), quasi si trattasse di una Julie Tippett (con tutto quello che in termini di influenze si porta dietro) più concisa (i tredici brani della raccolta non raggiungono i tre minuti) e maggiormente interessata alla tessitura di un folktelling evocativo e angolare come avrebbe potuto essere il flusso di coscienza della Joni Mitchell di Hejira, senza gli arrangiamenti che lo hanno reso noto. Il lavoro della Lewandowski procede per progressiva scarnificazione, lasciando aperto il dialogo tra strumento e voce e trasformando la relazione con la musica tradizionale in un esperimento sincretico che va oltre i confini nazionali della tradizione americana, per trasformarsi ora in un gioco modale, in un’eco di musica antica, nelle risonanze della Koto Music, in un astratto lamento dell’anima, fuori da qualsiasi collocazione di genere.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker, un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana e un Critico Cinematografico iscritto a SNCCI. Si occupa da anni di formazione e content management. È un esperto di storia del videoclip e del mondo Podcast, che ha affrontato in varie forme e format. Scrive anche di musica e colonne sonore. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

ARTICOLI SIMILI

GLOAM SESSION

spot_img

CINEMA UCRAINO

spot_img

INDIE-EYE SHOWREEL

spot_img

i più visti

VIDEOCLIP

INDIE-EYE SU YOUTUBE

spot_img

TOP NEWS

ECONTENT AWARD 2015

spot_img