martedì, Novembre 12, 2024

Powerdove – do you burn?

Annie Lewandowski è un’artista davvero degna di nota, che si muove tra improvvisazione e musica delle radici e che tra la sua sommersa e complessa storia discografica include una collaborazione con il grande Fred Frith per un album-performance pubblicato sotto la  Ninth World Music nel 2011 e intitolato Long as in Short, Walk as in Run. Il suo progetto più corposo si chiama Powerdove, attivo dal 2007 e documentato più tardi con un Ep pubblicato nel 2010 che raccoglie l’esperienza solista di Annie. Powerdove assume successivamente alla fondazione la forma di un trio, insieme ad Alex Vittum alle percussioni e Jason Hoopes al basso, il primo full lenght in questa direzione è Be Mine, pubblicato nel 2009. Do you Burn è il nuovo corso di Annie pubblicato recentemente da Africantape e sostenuto da due nuovi collaboratori, Thomas Bonvalet del progetto L’ocelle Mare che qui suona l’armonica, il banjo a sei corde, feet e hand clapping, fischio, la concertina (strumento che separa due casse armoniche con un mantice a soffietto, sorta di piccola fisarmonica) e altri ninnoli, e John Dieterich, il chitarrista dei Deerhoof, grande improvvisatore e che qui suona quasi tutte le chitarre e il basso. Annie, come sempre, oltre a cantare, si cimenta con il piano preparato da cui ottiene un suono molto vicino al clavicembalo, strumento che utilizza molto spesso dal vivo. Do You Burn viene registrato durante il gennaio 2012 da Annie insieme a Dieterich, Bonvalet e da Ben Piekut, saggista, musicologo e insegnante per la Columbia University, molto conosciuto nell’ambito della musica contemporanea (suo il testo, Experimentalism Otherwise – The New York Avant-Garde and Its Limits). Ben visibile, all’interno del digipack originale, una frase di Shelley Hirsch, compositrice e performer vocale Newyorchese tra le più importanti degli ultimi vent’anni, sicuramente un’ispirazione molto netta per la Lewandoski nella costruzione della sua personale poetica, che pur eccedendo la forma canzone, tiene i piedi ben saldi in un dispositivo ritmico mutuato dalla circolarità della musica tradizionale (Under Awnings, Out in the water), quasi si trattasse di una Julie Tippett (con tutto quello che in termini di influenze si porta dietro) più concisa (i tredici brani della raccolta non raggiungono i tre minuti) e maggiormente interessata alla tessitura di un folktelling evocativo e angolare come avrebbe potuto essere il flusso di coscienza della Joni Mitchell di Hejira, senza gli arrangiamenti che lo hanno reso noto. Il lavoro della Lewandowski procede per progressiva scarnificazione, lasciando aperto il dialogo tra strumento e voce e trasformando la relazione con la musica tradizionale in un esperimento sincretico che va oltre i confini nazionali della tradizione americana, per trasformarsi ora in un gioco modale, in un’eco di musica antica, nelle risonanze della Koto Music, in un astratto lamento dell’anima, fuori da qualsiasi collocazione di genere.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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