giovedì, Aprile 25, 2024

Awolnation – Run: la recensione

Nati da una costola solista di Aaron Bruno, già frontman degli Hometown Here e Under The Influence Of Giants, gli Awolnation siglano con Run il nuovo Lp in studio. A distanza di anni dal lavoro del 2011 dal titolo Megalith Symphony, la ricetta della formazione di Los Angeles si presenta pressapoco la medesima: rock ruvido per quanto modaiolo, passaggi che spaziano il miscuglio rumoristico da rave post industrial (Dreamers) e la ripetizione elettronica party beach (Hollow Moon). Sembrerebbe un’iniezione letale a base di synth e rientri rintronati all’alba dopo ore e ore di dialoghi col muro di una qualsiasi disco se non fosse per alcune parentesi di introspezione eterea (Drinking Lighting) o di ballate easy listening vagamente beatlesiane (Fat Face).

In generale, è difficile definire la direzione che con Run gli Awolnation vogliano intraprendere. Se da un lato Run sembra strizzare entrambi gli occhi alle hit degli anni ’90 alla Who Let The Dogs Out, dall’altro i falsetti trasognanti (Like People, Like Plastic) e gli inni risorgivi (Woman Woman) distruggono completamente l’idea – e la speranza – di avere fra le mani un prodotto aggressivo al pari delle aspettative dell’artwork.

Perché è in effetti fuorviante scegliere come cover una galoppata sulle rive di un oceano schiumante ed essere editati da una label dal nome Red Bull Records quando il prodotto finale rischia più volte il crollo soporifero. Gli Awolnation vanno a segno, e piuttosto bene, quando provano a confezionare dei singoli dalla struttura lineare, meno incisivi dal punto di vista della composizione, ma efficaci nel fissarsi della memoria.

Quindi, largo spazio alla ruffiana Jailbreak o alla chitarra da birra in spiaggia di Heardest For My Soul. Decisamente meno fortunati gli esperimenti meticci che ibridano una sorta di sound system con un metal reggae come nel caso di Windows. Forse una migliore organizzazione dei pezzi in tracklist unita ad una selezione più precisa del materiale da includere, o meno, in Run avrebbe giovato alla resa globale dell’album.

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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