venerdì, Aprile 26, 2024

Haiku Salut – etch and etch deep: la recensione

Viene dal Derbyshire questo trio tutto al femminile e ha già all’attivo un album intitolato Tricolore, pubblicato nel 2013 per How Does It Feel to Be Loved? come questo Etch and etch deep. In linea con le suggestioni della poesia orientale, il metodo delle tre musiciste fonde folk ed elettronica attraverso l’arte del ritaglio e interpretando la fusione folktronica con un approccio combinatorio tutto sommato distante dai percorsi che il genere, almeno dopo Bon Iver, ha imboccato.

Più vicina ad una versione solare e comunicativa della musica di Four Tet, quella di Haiku Salut è una ricognizione riassuntiva di tutte le possibilità della musica strumentale con attitudine cinematica. Con un incipit che ricorda gli innesti popolari nella musica di Yann Tiersen Etch and etch deep fonde il timbro degli strumenti acustici (pianoforte, glockenspiel, fisarmonica) con i glitch della composizione digitale, mantenendo ben saldi i piedi se non nella melodia sfacciata, in un’area evocativa e atmosferica che rende lo scorrere del tempo come un piacevole volo aereo sopra paesaggi aurorali.
Vengono in mente i múm e una versione più domestica e contratta dei Sigur Rós. Se si esclude l’incedere dell’episodio più marziale (Things were happening and they were strangers) scorre lieve, tra le Midlands e il sogno.

Donatella Bonato
Donatella Bonato
Veneta, appassionata di tutti quei suoni che alterano la percezione, si è laureata in storia dell'arte nel 2010 e alterna la scrittura critico-musicale al lavoro per alcune fondazioni storiche.

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