Home festivalcinema Berlinale64 Little house di Yoji Yamada: Berlinale 64 – Concorso

Little house di Yoji Yamada: Berlinale 64 – Concorso

A 83 anni Yoji Yamada dirige un melodramma d’amore tratto da un recente romanzo scritto da Kyoko Nakajima; con espliciti riferimenti al cinema di Ozu, come nel precedente Tôkyô kazoku, rilettura contemporanea di Tokyo Story, osserva il cinema del maestro a distanza con un procedimento tanto semplice quanto potente.

Little House è infatti un film sulla memoria che investe anche il tempo dell’immagine cinematografica per come l’ha vissuta Yamada stesso, è un film anche sulla sua vecchiaia che in “sovrimpressione” mette e confronto l’orizzonte di Tokyo visto attraverso l’immagine di una ciminiera, inquadratura mnestica che ci evoca moltissime altre immagini, con un doppio gesto d’amore su una spiaggia odierna, quello di due amanti che sfiorano le loro mani mentre spingono la carrozzina di un vecchio che riuscendo a guardare il mondo e la Storia con saggia trasparenza, ci schianta irrimediabilmente il cuore.

Ed è dal funerale dell’anziana Taki che il film Little House ha inizio; il nipote Takeshi, che ha sempre incoraggiato la nonna a scrivere le sue memorie, torna indietro agli ultimi anni passati in casa con la vecchia donna quando ancora raccoglieva i suoi ricordi, fino ad un salto che ci porta al 1936, quando la giovane Taki lasciava la campagna per recarsi a Tokyo come donna di servizio per una famiglia che viveva in una casa dal tetto rosso, situata sulle colline della città Giapponese.

Nella casa vivono la bella Tokiko insieme a Mr. Hirai, il marito. Taki passa le giornate aiutando la coppia e sopratutto il piccolo figlio, con una serie di massaggi quotidiani che lo salveranno dalla poliomelite e gli consentiranno di camminare di nuovo. La dedizione di Taki si dimosta esemplare attraverso una serie di piccoli frammenti quotidiani che Yamada filma con una minuzia leggera e rigorosa allo stesso tempo, basta pensare, tra i moltissimi istanti di luce pura, al bellissimo massaggio ai piedi che Taki esercita con la pressione dei suoi, su un anziano signore. Quando nella casa arriverà Itakura, un giovane collega di lavoro di Mr. Hirai, dal temperamento artistico e con una propensione per i disegni, cominceranno a delinearsi desideri più complessi di quanto la struttura famigliare del periodo avrebbe potuto sopportare. Mentre gli uomini parlano di politica, Itakura rimane con le donne e con il bambino, generando un desiderio di forte attrazione su Tokiko, i cui sentimenti rimarranno in qualche modo non dichiarati. Mentre Mr. Hirai spingerà Tokiko a fare da tramite per trovare amichevolmente una sposa per Itakura, la giovane Taki osserverà in silenzio la nascita di questi sentimenti inconfessabili, rimanendo per una buona parte della sua vita come una spettatrice dolente.

Yamada va avanti e indietro nel tempo, offrendoci una lettura multisoggettiva, quella di Taki da due tempi diversi, quella del nipote, nuovo testimone di una storia che in qualche modo si riattualizza attraverso il ricordo, e quella che osserva tutte le storie in profondità attraverso la comprensione di Mr. Hirai, mentre il nipote di Taki e la fidanzata spingono la sua carrozzina sulla spiaggia.

“Ho vissuto troppo a lungo”, dirà Taki in lacrime, rivolgendosi al nipote; come a far uscire tutto l’amore e tutto il dolore di una vita vissuta dentro quelle degli altri, perchè Taki è in fondo una “go betweener” , come il messaggero di Losey o quelli di Kazuo Hishiguro

Persino la Storia, entra nel film di Yamada con una prospettiva che è fortemente legata alla memoria cinematografica; i bombardamenti su Tokyo sono filmati con una serie di effetti artigianali e piccoli fuochi d’artificio che precipitano su un modellino in scala della casa dal tetto rosso, una sequenza tenera, che si tiene a distanza dal cinema di Ozu e allo stesso tempo rievoca il ricordo come se fosse un gioco di bambini; del resto i giocattoli sono la materia commerciale con cui tratta Mr. Hirai, che possiede un’industria di settore, e sono presenti più volte nel film come momento di scoperta e di stupore.

Nell’apparente linearità “classica” del film, in realtà Yamada affronta la memoria come fosse un vortice, entrando nei ricordi di Taki attraverso il nipote, e allo stesso tempo aprendo una comunicazione diretta tra presente e passato. Una vertigine che tocca Yamada stesso e la sua storia come autore di Cinema, Chieko Baisho, che interpreta l’anziana Taki, è l’attrice di molti film del regista giapponese, in particolare è Sakura Suwa, la sorella di Kuruma Torajirō, meglio conosciuto come Tora-san, il noto “vagabondo” sfortunato in amore. Commuove davvero vederla qui mentre diventa la memoria storica del cinema dello stesso Yamada, che guarda se stesso in una stratificata elegia del ricordo.

Little House allora dischiude memoria collettiva, Storica e personale, per aprirsi verso una spiaggia aperta, dove un uomo anziano continua a parlarci d’amore.

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