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Zjednoczone stany miłości (United States of Love) di Tomasz Wasilewski – Berlinale 66: Concorso

Il cinema polacco oggi? Più vivo che mai, come dimostrano Małgorzata Szumowska (“Corpi”, 2015 – ), il premio Oscar Paweł Pawlikowski (“Ida”, 2015), Urszula Antoniak (“Nothing Personal”, 2009), Grzegorz Jaroszuk (“Kebab i horoskop”, 2014), Katarzyna Klimkiewicz (“Fyling Blind”, 2012), Borys Lankosz (“Ziarno prawdy”, 2015), Lukasz Palkowski (“Bogowie”, 2014), Krzysztof Skonieczny (“Hardkor disko”, 2014), Lukasz Barczyk (“Hiszpanka”, 2015), Aleksandra Gowin & Ireneusz Grzyb (“Male stluczki”, 2014). In cima alla lista, da oggi, Tomasz Wasilewski, classe 1980, autore dei lungometraggi “W sypialni” (‘in camera da letto’, 2012), “Płynące wieżowce” (‘grattacieli volanti’, 2013) e di questo magnifico film che alza il livello di un concorso berlinese abbastanza deludente.

‘Stati Uniti dell’amore’ è ambientato in piena Wende, la svolta che vide crollare il muro di Berlino e il blocco sovietico. È una storia di donne, principalmente tre (Agata, Iza e Renata). Storie separate che ogni tanto s’incrociano mantenendo comunque una struttura trina per blocchi che si susseguono senza convergere nel finale. Nella prima storia, Agata (Kijowska) s’innamora di un prete; nel secondo blocco assistiamo alla vita sessuale di Iza (Cielecka), complessa e violenta, che ha come fulcro un uomo fresco di vedovanza; nell’ultimo terzo di film vediamo Renata (Kolak) coltivare un’ossessione per la più giovane Marzena (Marta Nieradkiewicz).

Privo di musica ma impreziosito dai colori desaturati e pastello di Oleg Mutu, collaboratore abituale di Cristian Mungiu, il film è stato interamente girato in due piccoli centri non lontani da Varsavia, Żyrardów e Pruszków. Come il precedente “Płynące wieżowce”, la sceneggiatura affronta anche il tema dell’omosessualità – questa volta femminile – ma come suggerisce il titolo, sardonico e grottesco come uscito dalla penna di Gombrowicz, tutto si svolge nel segno dell’amore. Soprattutto fisico. Desiderio, frustrazione e morte.

Zjednoczone stany miłości è un film di prefabbricati socialisti, di videonoleggi pirata (fondamentali nell’Est europeo post-muro, come ci ricorda anche il romanziere Michał Witkwoski in “Queen Barbara”), di chiese, scuole e piscine, di appartamenti pieni di uccellini senza gabbia, di tavole imbandite e camere da letto. Enigmatica e seducente, la pellicola di Wasilewski esercita un fascino ipnotico che quasi prescinde dagli eventi. La perfezione fotografica e compositiva delle inquadrature, fisse o lievemente ballonzolanti come quelle di Vinterberg, non è mai fine a se stessa. Il regista ci lancia in medias res, soffia sulla nuca delle sue protagoniste, affronta il nudo con nonchalance autentica e liberatoria. Le pulsioni prendono il sopravvento su uno sfondo, storico e sociale, contraddistinto dallo smarrimento. Il risultato finale è di una bellezza sconcertante.

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