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A letter to a Friend in Gaza e A Tramway in Jerusalem di Amos Gitai la conferenza stampa a Venezia 75

A letter to a Friend in Gaza e A Tramway in Jerusalem di Amos Gitai raccontati raccontati in conferenza stampa a Venezia 75

A letter to a Friend in Gaza. Regia di Amos Gitai. 34 minuti. Interpreti: Makram Khoury, Clara Khoury, Hilla Vidor, Amos Gitai. Sceneggiatura: Amos Gitai, Marie-José Sanselme.

Sinossi di A letter to a Friend:
Mentre prepari la colazione, pensa agli altri (non dimenticare il mangime per i piccioni).
Mentre guidi l’auto, pensa agli altri (non dimenticare coloro che cercano la pace).
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri (coloro che si abbeverano dalle nuvole).
Mentre ritorni a casa, a casa tua, pensa agli altri (non dimenticare coloro che vivono accampati).
Mentre dormi e conti le stelle, pensa agli altri (coloro che non hanno dove dormire).
Mentre ti liberi con una metafora, pensa agli altri (coloro che hanno perso il diritto alla parola).
Mentre pensi agli altri lontani, pensa a te stesso (Di’: “Se potessi essere una candela nel buio”).
Mahmoud Darwish, Pensa agli altri

A Tramway in Jerusalme. Regia di Amos Gitai. 94 minuti. Interpreti: Noa Ahinoamam Nini, Mathieu Amalric, Hana Laslo, Yael Abecassis, Pippo Delbono, Yuval Scharf, Karen Mor, Lamis Amar, Mustafa Mazi. Sceneggiatura: Amos Gitai, Marie-José Sanselme.

Sinossi di A Tramway in Jerusalem 
A Tramway in Jerusalem è una sitcom che mescola storie e situazioni umane nel contesto della società israelo-palestinese del 2018. A Gerusalemme, il tram collega diversi quartieri, da est a ovest, registrandone varietà e differenze. Il film raccoglie un mosaico di esseri umani di questa città che è anche il centro spirituale delle tre grandi religioni monoteiste, ebraismo, cristianesimo e islam. Osserviamo la vita quotidiana di questo paesaggio umano, una serie di incontri che avvengono sulla linea rossa della tramvia, dai quartieri palestinesi di Shuafat e Beit Hanina di Gerusalemme est fino a Mount Herzl a Gerusalemme ovest. Questa commedia a tema ispeziona con humor situazioni brevi e momenti della vita quotidiana di alcuni passeggeri. Per noi – il cineasta, il visitatore durante il viaggio – la realtà umana di Gerusalemme è una giustapposizione di frammenti di vita, di conflitti e di riconciliazione che nel film si rendono visibili. Come se volessimo proiettare la vita quotidiana e la sua inerzia contro la demagogia che mira a distillare l’odio. Speriamo per il meglio

Conferenza stampa di entrambi i lavori di Amos Gitai, presentati Fuori Concorso a Venezia 75.

Per Gitai:
Trovo questi due film speculari, due racconti legati tra di loro, in A letter to a Friend si descrive una realtà piu’ drammatica mentre nell’altro si parla della vita quotidiana.

Si. E’ così. Il conflitto fa parte dell’essere umano ma spero che prima o poi il conflitto così esasperato come lo è in medio oriente trovi una pacificazione. 

Ho deciso di fare un corto su Gaza (a letter to a friend) che parla degli eventi contemporanei, di quello che sta succedendo. Il cinema deve anche rappresentare e parlare della realtà, delle difficoltà del quotidiano. I registi non possono permettersi di separarsi dalla realtà del quotidiano. Da circa 40 anni cerco anche di rappresentare quello che succede.

Sono contro il cinema omogeneo. Perchè l’umanità è una esperienza mista, variegata e deve essere rappresentata e vista sullo schermo.

Tramway parla di conflitto,  non si tratta solo di mondo arabo ma del mondo, ci sono tante differenze, tante religioni, ma possimo stare insieme, nonostante le differenze, anche se talvolta non andiamo daccordo prendiamo lo stesso tram.

Makram Khoury (A letter to a friend in Gaza) risponde alla domanda sul clima dilavoro con Amos Gitai che cerca sempre di parlare di incontro tra le persone.

Con Amos parliamo spesso della situazione politica in Israele. La stiuazione è molto dura, credo che sia un crimine quello che sta facendo Israele contro il popolo palestinese. Non siamo politici ma possiamo usare tutte le forme d’arte per esprimerci e volevamo mostrare quello che sta succedendo a Gaza. Il muro e la separazione tra le persone è un crimine, queste sono le mie sensazioni in questo momento.

Pippo Delbono:
Questo fiilm mostra situazioni che purtroppo sono presenti anche nel nostro paese basta pensare a quello che facciamo con gli immigrati. Il film di Amos mostra l’essenza dell’umanità, tutti gli esseri umani, nascono, vivono e muoiono. Dobbiamo cogliere sempre l’umanità nel presente. Sono molto fiero di essere in questo lavoro (A tramway in Jerusalem)

Volevo chiedere se è giusto criticare il governo israeliano quanto sbaglia senza essere considerati antisemiti.

Amos: il miglior tributo che posso fare al mio paese è essere critico verso il mio paese. Discutere è fondamentale, la cultura è anche un punto di vista, anche se amo il mio paese ci sono molte cose che non condivido, ci sono azioni che possono portare alla distruzione di una idea di società aperta. L’antisemitismo esiste, il mio prossimo progetto parlerà di questo. L’origine dell’antisemitismo è religiosa, è nella storia europea con la chiesa che ducava ad odiare gli ebrei. Ma nonostante questo gli ebrei esistono. Non dobbiamo scordarsi la nostra storia, non posso condividere la politica del mio governo, sparare sui manifestanti palestinesi non fa parte della nostra cultura e deve essere criticato.

Per i produttori, che implicazione possono avere film come questi?

Ciò che trovo ammirevole in Amos è che la sua critica diretta è sempre molto poetica e cinematografica, i due film rappresentano un dittico perfetto. Parlano uno di cosa sta accadendo a Gaza e l’altro mostra il caledoiscopo attuale di Gerusalemme. Amos è un regista molto coraggioso vista la situazione in Israele.

 

 

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