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Freaks out di Gabriele Mainetti: recensione, #Venezia78 – Concorso

Freaks out, cinecomic all'italiana riuscito e galvanizzante. La recensione del nuovo film di Gabriele Mainetti in concorso a #Venezia78

Fenomeni da baraccone con i superpoteri contro i nazisti. Ciò dovrebbe bastare a rendere imperdibile il nuovo film di Gabriele Mainetti. Ma non c’è solo questo in Freaks Out.

Il regista romano ha deciso di portare avanti la proprio idea di cinema, e dopo l’enorme successo ottenuto con il suo esordio, Lo chiamavano Jeeg Robot, era atteso al varco. Sarebbe riuscito a concretizzare il desiderio di dare vita a un cinema supereroistico nostrano senza sembrare ridicolo nel confronto degli analoghi statunitensi?

Un regista ben più esperto come Gabriele Salvatores non era riuscito in questa impresa titanica, nonostante il coraggio dei suoi due Il ragazzo invisibile. Mainetti, invece, con a disposizione un budget più ricco, è stato capace di realizzare un film esaltante ed emozionante che non ha nulla da invidiare al Marvel Cinematic Universe, anzi.

Infatti, oltre a essere una bella storia d’azione e d’avventura, Freaks out è anche un grande omaggio alla forza immaginativa del cinema. Muovendosi sul confine tra Fellini e Browning il cuore del film è il circo, il grande spettacolo dove si va ad ammirare l’impossibile diventare possibile e dove quattro reietti, una ragazza elettrica, un ragazzo che controlla gli insetti, l’uomo lupo e un nano calamita, possono trasformarsi in eroi; ovviamente l’ispirazione dagli X-Men è palese.

Ma sono due i circhi di Freaks Out; quello piccolo e scalcagnato dei nostri protagonisti, distrutto dalla guerra all’inizio del film, e l’enorme e sfarzoso Circus Berlin. Lo scontro tra i due mondi sembra rimandare allo stesso antagonismo, reale o immaginario che sia, tra lo stesso Freaks Out e le sue controparti statunitensi, con un simbolismo che amplifica il valore metacinematrografico del film.

Mainetti dimostra una raffinatezza inaspettata, e rifiuta un binarismo assoluto. Il Circus Berlin è sempre un circo, e pur legato ai villain è a sua volta luogo di magia e riscatto dei diversi.

Tra i suoi tendoni vive Franz, freak anche lui in una società, quella nazista, dove le differenze vengono eliminate. Con sei dita per mano e la capacità di vedere il futuro, Franz, debole e dipendente dall’etere, sogna di trovare altri “mostri” come lui, per offrire a Hitler e al Reich un esercito di superuomini e sfuggire così dall’ombra nera del fratello, gerarca nazista e soprattutto uomo “normale”, forte e virile come ogni nazista deve essere.

Burton e Raimi ce lo hanno insegnato: i film di supereroi funzionano quando funzionano i villain. Quei Batman vivono su Joker e Pinguino, quegli Spider-Man su Goblin e Octopus.

E in Freaks Out non c’è dubbio che sia Franz il personaggio più riuscito. Già Jeeg Robot trovava la propria forza nell’incredibile Zingaro di Luca Marinetti, e anche qui i quattro protagonisti, per quanto amabili, sono personaggi piuttosto ovvi e i loro archi narrativi appena abbozzati se non claudicanti, mentre Franz è un essere umano complesso con il quale è arduo non empatizzare, sebbene Mainetti non ne nasconda mai la crudeltà; è pur sempre un nazista e giustamente non c’è mai un intento assolutorio.

Freaks out è molto lungo, ma le sue due ore e venti non si accusano, travolgenti come sono, e la battaglia finale è davvero galvanizzante, sebbene sia messa in scena in modo un po’ confusionario, confermando gli stessi difetti nel girare le sequenze d’azione che il regista si porta dietro dal film precedente.

Anche perché Mainetti porta fino in fondo la politicizzazione della sua reinvenzione storica, e gli alleati dei nostri eroi nell’assalto al treno per Auschwitz sono un battaglione di partigiani invalidi composto da gobbi, orbi e zoppi che cantano Bella ciao; una sottolineatura un po’ pedante, ma gliela si perdona. Si può non amare questa scelta?

Ecco dunque il film, un grande spettacolo che sa di essere uno spettacolo e mette in scena se stesso con intelligenza e ironia.

Il sogno di Mainetti sembrava perso in partenza: può un’industria cinematografica come quella italiana anche solo pensare di affrontare i giganti della Marvel e della DC?

Ma Freaks Out ci insegna proprio questo. Il cinema è un sogno fattosi realtà, e Mainetti ha realizzato il proprio. E il nostro. Certo pensare al suo ultimo film come una battaglia contro i cinecomics statunitensi è probabilmente un abbaglio critico, ma davanti alla sua superiorità rispetto a tanti di quei film è difficile non gongolare d’orgoglio.

Freaks Out di Gabriele Mainetti (Italia, Belgio – 2021 – 144 min)
Interpreti: Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi, Max Mazzotta, Franz Rogowski
Sceneggiatura: Nicola Guaglianone, Gabriele Mainetti
Fotografia: Michele D’Attanasio
Montaggio: Francesco Di Stefano
Scenografia: Massimiliano Sturiale
Costumi: Mary Montalto
Musica: Michele Braga, Gabriele Mainetti
Suono: Mirko Perri
Effetti visivi: Stefano Leoni

RASSEGNA PANORAMICA
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Marcello Bonini nasce a Bologna nel 1989. Insegnante, fa il montatore per vivere. Critico Cinematografico, ha scritto per diverse riviste di cinema e pubblicato una raccolta di racconti. Fa teatro e gira cortometraggi.
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