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Nabat di Elchin Musaoglu la conferenza stampa a Venezia 71 (Orizzonti)

“Il Paradiso è sotto i piedi delle madri” in questa massima è racchiuso tutto il film Nabat (Orizzonti) – Elchin Musaoglu regista del film – ce lo racconta in conferenza stampa a Venezia 71.

Il film racconta di una donna che caparbiamente vuole rimanere nel proprio villaggio nonostante la guerra e le difficoltà una scelta come quella della solitudine, si è ispirato ad una storia vera?

Elchin Musaoglu: Dopo il crollo del 1991 in tutte le repubbliche ex sovietiche, sono cominciate delle guerre, anche nel mio paese l’Azerbaijan sono cominciati conflitti, all’epoca facevo dei documentari e mi hanno raccontato di questa donna Nabat che non aveva lasciato il villaggio ed era rimasta nonostante la guerra. Questa storia mi ha colpito tantissimo e volevo raccontarla. Volevo fare un film e dedicarlo a tutte le madri del mondo per spiegare cos’è la morte, la guerra e raccontare la storia una persona che contro tutto e tutti, vuole salvaguardare il suo villaggio e continuare a farlo vivere ogni giorno ed ogni  notte, da sola vuole dimostrare che il suo villaggio è ancora vivo.

La cronaca ci racconta che la guerra coinvolge sempre donne e bambini è anche questo il messaggio che voleva dare con questo film?

Volevo insistere sulla sofferenza della madre. In tutte le guerre sono loro che soffrono di più, Nabat vorrebbe vedere i suoi nipoti crescere e invece perde tutto a causa del conflitto. Non rimane neanche una luce per il futuro, ha perso tutti i suoi cari, ed è per questo che rimane nel villaggio e accende le luci ogni notte, per testimoniare che nonostante tutto il villaggio è vivo.

Nel film, Nabat vuole almeno una foto del figlio, in una scena entra in un laboratorio fotografico, scopre le foto di tutto il villaggio e diventa depositaria della memoria collettiva dello stesso, è così?

Si, diventa la madre di tutte le persone di cui trova le foto, in ogni fotografia c’è una storia. Lei cerca ovviamente la foto del figlio, ma rappresenta la madre di tutto il villaggio. Penso che se le donne, le madri, avessero più voce in capitolo, vivremo sicuramente in un mondo migliore e non ci sarebbero così tante guerre e sofferenze.

A Fatemeh Motamed Arya (che interpreta Nabat nel film), come ha costruito questo personaggio?

Fatemeh Motamed Arya: per me Nabat rappresenta lo spirito del mondo, lo spirito della vita ed ho cercato di trasferire tutti i miei sentimenti in questo personaggio.

Il suo non è un ruolo facile, si esprime tantissimo con il volto, parla poco, è stato necessario un grande lavoro di introspezione?

Questo è il mio stile, anche se la storia non è nella mia lingua ho cercato di “parlare” senza usare le parole. Ho recitato in tanti film, ed ho sempre cercato di mostrare sempre le mie emozioni con il viso cercando di esprimere tutte le emozioni dei miei personaggi. Sono molto contenta di aver fatto questo film, i primi giorni è stato difficile non conoscevo la lingua e la storia di questo paese, pian piano ho costruito un rapporto con il mio cuore, parola per parola ho imparato l’azero, ho riversato tutta la mia esperienza di attrice, è stato molto emozionante. Il mio personaggio rappresenta lo spirito della vita.

Che rapporto si instaura tra la madre e la lupa che compare nel film, che simbologia?

Elchin Musaoglu: Nei luoghi dove compare la guerra anche gli animali abbandonano il territorio, questa lupa è invece rimasta perchè ha dei cuccioli da crescere e non può lasciarli. E’ una sorta di alter ego della madre Nabat. La lupa è una madre anch’essa e trasmette la vita, volevo fare un parallelismo con la natura e dare questa immagine. Il rapporto tra madre e natura è indivisibile, quando noi facciamo una guerra distruggiamo tutto anche l’ambiente circostante, distruggiamo tutta la vita.

Nabat di Elchin Musaoglu – Azerbaijan, 105′ – Fatemeh Motamed Arya, Vidadi Aliyev, Sabir Mamadov, Farhad Israfilov

Sinossi:

Il film racconta la vita di Nabat e del suo anziano e malato marito Iskender. La coppia vive in povertà, lontano dal loro villaggio dove si recano soltanto per vendere il latte della loro unica mucca. Nell’area è in corso la guerra del Nagorno Karabakh, conflitto in cui ha perso la vita il figlio di Nabat. Il conflitto irrompe anche nel loro villaggio, che lentamente viene abbandonato da tutti. Dopo la morte Iskender, Nabat non intende abbandonare il luogo e si trova a vivere in completa solitudine.

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