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Berlinale 2013 – Perspektive Deutsches Kino – Freier Fall (Free Fall) di Stephan Lacant (Germania, 2013)

Per il suo esordio nel lungometraggio di finzione, il regista nativo del Nordreno Westfalia nonché berlinese di adozione Stephan Lacant ha scelto una storia frocia. L’ha scritta insieme a Karsten Dehlem e l’ha girata in quel di Ludwigsburg, in Baden-Württemberg, con capitali svevi. Trattasi di una storia d’amore tra due poliziotti. Prima di spingersi oltre è necessario aprire una parentesi, anzi due, per spiegare l’importanza dell’ambientazione sveva e degli abbondanti danari svevi. Chi ha visto Jud Süß – Film ohne Gewissen di Oskar Roehler (2010) ricorderà il provino lampo di Ferdinand Marian, costretto a pronunciare la battuta “Der Württemberg ist reich”. Ebbene sì, il grande Land sud-occidentale tedesco non è solo ricco – quanto e forse più della Baviera – ma fino a pochi anni fa, prima dell’entrata in carica del governo regionale verde-rosso, sfidava la Baviera anche sul piano del conservatorismo, perdendo sì, ma di misura.

Gli svevi hanno fama di popolo avaro, borghesissimo, maniacale, con i nani in giardino e un groviglio interiore che nessun lettino dello psicanalista sarebbe in grado di dipanare nell’arco di eoni. E se la Baviera profonda ha già detto la sua tanti anni fa in tema di orientamento sessuale e “Heimatfilm” – con Scene di caccia in Bassa Baviera (1969) di Peter Fleischmann, l’esatto contrario di un film accomodante – il Baden-Württemberg accusa un forte ritardo in questo campo, anche se non manca una ricca cinematografia attenta ai “tic” locali. Citiamo almeno la talentuosa Maren Ade e il suo film Der Wald vor lauter Bäumen (2003). Questo per dire che a un film, come questo, cofinanziato dalla televisione sveva SWR, non mancano certo i fondi, e che un film svevo che parli di froci in amore equivale a una rivoluzione copernicana. Ancor più radicale se lo si ambienta, come fa Lacant, tra nuclei famigliari impeccabili e scuole di polizia. Con tutto l’immaginario da brivido che porta con sé l’eins zwei Polizei.

Il canovaccio è di una semplicità disarmante: Marc Borgmann (il mascellone Hanno Koffler), giovane neo-padre, si lascia sedurre dal collega Kay Engel (Max Riemelt, più in stile Terence Hill). Da quel bacio galeotto con sega in piena foresta, sotto una tenue pioggerella e col fiato accelerato dal jogging, comincia la ‘caduta libera’ del titolo. È amore, e che amore!, però Marc è nell’armadio e Kay alla lunga non sopporta di essere marginalizzato. Motivo per cui la verità filtra, esplode e son dolori – perché siamo tra sbirri nel Baden-Württemberg, là dove la gente è perbene e fa le cose perbene. Freier Fall avrebbe gli ingredienti per diventare una sorta di Brokeback Mountain teutonico, a cominciare dalla coppia di protagonisti attraenti e disinvolti fino alla regia di Lacant, coerente nel seguire Marc senza mai fiatargli sul collo o scadere nel voyeurismo birbante. Purtroppo, l’ottima confezione è rovinata da una sceneggiatura fiacca e prevedibile, che sciorina dialoghi da fiction. E sebbene il film possa sperare in un discreto successo grazie al “concept” e all’attrattiva dei due figaccioni protagonisti, è difficile che riesca a superare i confini tedeschi. Proprio perché gran parte del suo fascino deriva dall’ambientazione sveva, dal sottotesto culturale. Dopo i cowboy, i poliziotti? E perché non gli operai della Ruhr? Aridatece i Village People piuttosto.

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