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Fantastic Mr. Fox – di Wes Anderson: la recensione

Il debutto di Wes Anderson nell’animazione non è classificabile come capriccioso divertissement per batter cassa e svagarsi da progetti più seri e importanti, tutt’altro. La cosa appare chiara ad una manciata di secondi dall’inizio della proiezione, e col senno di poi risulta abbastanza ovvia: un regista che più d’ogni altro fa dei propri film la manifestazione cinematogrAggiungi nuovaafica di diorami, tableaux vivants e album di famiglia, non può che trovare nell’adattamento animato di un libro illustrato (a maggior ragione con la tecnica del passo-uno) uno dei sentieri più spontanei e naturali da imboccare per il suo cinema. Utilizzando il romanzo di Roald Dahl come semplice linea-guida (volpe-capofamiglia saccheggia i tre fattori più crudeli della campagna inglese.

Le conseguenze ricadono su tutta la comunità animale, che lo addita colpevole) Anderson si fa spalleggiare dal mastro-burattinaio Henry Selick per costruire su delle colline color plaid un suo personalissimo presepe di statuine old-fashioned, srotolandolo poi per il lungo nei classici carrelli laterali coi quali esplora la sua consueta miriade di minuzie iconiche e mitopoietiche, spennellate con pazienza certosina su tutta la superficie dello schermo. Avendo ogni elemento della scena letteralmente a portata di mano, viene di conseguenza ad amplificarsi ulteriormente la sua tendenza a costruire mondi attraverso innumerevoli intarsi di soluzioni decorative a contorno dei personaggi. E’ interessante notare, come già fatto altrove, che, nonostante la collaborazione tecnica con Selick, The Fantastic Mr Fox si distanzia dalla produzione personale di quest’ultimo (esteticamente più affine a quella del precedente sodale Tim Burton) percorrendo in particolare un sentiero opposto rispetto Coraline e la porta magica. Laddove quest’ultimo indagava le potenzialità della nuove tecnologia stereoscopiche sul suo mondo di plastilina, il film di Anderson si fa affascinare dalla tentazione figurativa, attraverso affreschi e piani lughissimi che corteggiano da vicino l’animazione bidimensionale.

Entrando nel merito tematico del film: senza dover scavare troppo in profondità, sotto il manto di pelliccia impagliata dei componenti della famiglia Fox si può nuovamente scorgere la foto di gruppo dei Tenenbaum, ancora una volta travestiti e rimescolati nei loro tic e nei loro riferimenti culturali pescati dal capientissimo calderone vintage di Anderson, ma comunque schierati secondo il medesimo modulo tattico: padre guascone irredento, figlio problematico vissuto nel suo cono d’ombra, bislacchi parenti acquisiti a far da contorno e una figura di madre forte e serafica a tenere in piedi la baracca.

Quello che l’animazione passo-uno ha portato in dono alla carriera di Anderson è sicuramente l’inclinazione a dar sfogo ad una comicità meno compassata e più immediatamente godibile, che, ci auguriamo, conquisterà un pubblico ben più ampio del suo comunque nutrito seguito di fedelissimi. Per  paradosso, questa finisce inoltre per essere anche  la pellicola più esplicitamente politica di Anderson, se così ci si può esprimere per un cineasta che prende sul serio forse solo lo stesso valore pratico del non prendersi troppo sul serio. Attraverso la sua volpe in abiti civili che guarda alla perduta wilderness con la stessa nostalgia con cui certi sessantottini imborghesiti guardano i tempi eroici, Anderson amplifica il brusio collettivista già perfettamente percettibile nella favola di Roald Dahl e lo trasforma in un compendio di ‘ideologia a bassa intensità’, che avrà il suo culmine quando, nel bel mezzo di un segmento dinamico, l’azione rimarrà sospesa per dar spazio ad una scena clamorosa, irreale e gonfia di ironia, espressione dell’onnivoro e sfacciatamente romantico feticismo pop-culturale di Anderson che finisce per applicarsi anche ai riferimenti politici. Sono gigionerie, e il regista dà dimostrazione di esserne pienamente cosciente.

Ciò che Anderson riesce a fare del suo film è, come al solito, un paragrafo d’approfondimento all’interno di un discorso empatico e dalle sfumatore caleidoscopiche attorno ad un tema centrale: la faticosa e irrazionale avventura della gestione dei rapporti famigliari.

Da questa parte l’incontro di indie-eye.it con Wes Anderson durante l’anteprima del film alla Casa del Cinema, a Roma.

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