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Sound Of Noise di Ola Simonsson (Svezia, 2010)

Music for One Apartment and Six Drummers è uno strabiliante video, visionabile online su vimeo: sei percussionisti svedesi entrano di nascosto in un appartamento e suonano quattro brani, uno per ogni stanza, servendosi degli oggetti che trovano e creando composizioni rumoristiche (fino al divertente finale). È da quest’esperienza artistica, e con la stessa crew, che nasce Sound Of Noise (titolo chiaramente ispirato a Russolo), film di Ola Simonsson che riesce, non senza momenti di cedimento, nel difficile compito di trasformare quest’idea brillante in un lungometraggio, incanalandola in un comico-poliziesco di maniera. Sei batteristi compiono atti di vandalismo col semplice scopo di suonare (in) 5 posti della città (la banca, l’ospedale, la centrale elettrica etc.); il caso viene affidato a Amadeus, poliziotto stonato che, nato da una famiglia di celebri compositori, odia per reazione psicologica tutto ciò che abbia a che fare con la musica. L’idea, molto Blues Brothers, è buona e garantisce in primo luogo un ritmo di azione sostenuto (dopo il primo blitz i sei batteristi appendono la scaletta dei loro brani in tutta la città, con indizi che stimolano la curiosità sia della polizia che del pubblico: classico escamotage del genere per tenere viva l’attenzione), dall’altro spunti comici, secondo un’umorismo che avanza su un doppio binario; da un lato il poliziotto che non riesce letteralmente a sentire gli oggetti suonati dai “criminali” fino a quando non arriva a conoscerli e a innamorarsi della leader della band, dall’altro la varietà degli oggetti suonati dai six drummers, che vanno dai tritacarte ai degenti dell’ospedale. Il tutto con una buona dose di citazionismo che oltre al capolavoro di John Landis, include un divertente rimando all’incipit de L’uomo che sapeva troppo, e con un tocco rosa forse evitabile. Il fulcro del film, però, è interamente costituito dalle esibizioni dei nostri percussionisti, esibizioni alle quali la forma filmica,  assolutamente convenzionale, fa da struttura portante. Ciò che stupisce e affascina, più del film in sé, è la guerrilla musicale, il ritmo derivante dagli oggetti comuni, la rottura di ogni conservatorismo e accademismo (ben sintetizzata dalla rottura fisica dei tubi del conservatorio). Un film di intrattenimento, insomma, un po’ musical un po’ “videoclippone”. Purtroppo, le palesi distonie musica-immagine (non si possono suonare i cavi della luce!) fanno sì che la bocca sia aperta ma non spalancata: il discorso filmico da un lato rende possibile quello musicale (assolutamente non-riproducibile in live), dall’altro lo falsifica, e se, musicalmente, il prodotto può essere valido il piacere della performance viene inevitabilmente meno. Suonare la realtà in un film di finzione: tutto il lavoro di Simonsson resta intrappolato in questa contraddizione. A volte hai un po’ la stessa sensazione di quando giochi a biliardino e la palla resta ferma in un angolo, e sei costretto a soffiare o a dare una botta al tavolo per continuare il gioco. In ogni caso, da vedere, e da ridere.

 

 

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Raffaele Pavoni (Piombino - LI, 15/04/1987) si è laureato in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo nel 2008, e ha ottenuto il diploma CESCOT di Tecnico Qualificato Documentarista nel 2009. Ha all'attivo documentari, cortometraggi, clip promozionali, collaborazioni con emittenti televisive e studi fotografici, partecipazioni a festival. Ha collaborato e collabora per varie testate web. Vive e lavora a Firenze.
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