Home venezia 68 in concorso Poulet aux Prunes di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud – Venezia 68

Poulet aux Prunes di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud – Venezia 68

Morte di un violinista Iraniano nella Teheran di fine anni ‘50, sospesa tra favole dai colori pastello e sentimento della fine, nel nuovo film di Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, che tornano ad incantare le platee festivaliere con “Poulet aux prunes”, geniale ibridazione di cinema e fumetto d’autore che, abbandonate le figurine in bianco e nero di “Persepolis”, si affida ad attori in carne ed ossa per la trasposizione dell’omonima graphic novel dell’autrice. Quando la moglie rompe il suo strumento durante uno dei loro infiniti diverbi, il più grande musicista iraniano sceglie di attendere la morte nel suo letto. Dopo otto giorni trascorsi senza cibarsi di nulla, si ammalerà e verrà sepolto. In questo spazio limitato si muovono Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, giocando con i piani temporali e plasmando i propri personaggi come figurine di cera, mentre quel che sembrerebbe un apologo essenziale si dischiude a poco a poco, rivelando infinite altre dimensioni capaci di catturare lo sguardo e il cuore. Nel conto alla rovescia verso una fine annunciata e rigorosamente scandita dal susseguirsi degli otto giorni che separano Nasser Ali dalla tomba, la fantasia degli autori stravolge di continuo temi e toni, dosando con cura ironia e malinconia, spunti parodistici (i rapidi ed esilaranti ragguagli sulla sorte futura dei figli del violinista) e amori totalizzanti  (quando, come accadeva all’“uomo che amava le donne”, Nasser Ali rimane stregato da un paio di gambe, tanto da inseguirle per quattro isolati), mentre sullo sfondo si avverte il travaglio di un paese dalla storia millenaria, in bilico fra ineluttabile senso della perdita e legame con la tradizione. Imprigionato in un matrimonio privo d’amore con una professoressa di matematica, tanto devota quanto tirannica, Nasser Ali, dopo aver esplorato con l’immaginazione uno svariato campionario di tecniche suicide, attende con impazienza crescente la fine, ricordando tormenti e piaceri, mentre sospiri e ricordi si affastellano in un immaginario trasognato e vibrante e le aspirazioni ad una bella morte (in perfetto stile socratico) vengono fatalmente travolte da un’ironia dissacrante. È il gusto della vita che abbandona Nasser Ali quando a morire è il suo violino, è quell’alito dello spirito del mondo che animava la sua musica, il soffio che ha attraversato la sua esistenza dal tempo in cui, ancora ragazzo, prendeva lezioni di musica un misterioso eremita e si struggeva d’amore per la bella Iran. Quel vento soffiava ancora quando, qualche decina d’anni dopo, ritornato da infiniti viaggi e concerti, era stato costretto a seppellire la madre, mentre una nuvoletta gentile (frutto di un’anima troppo densa, di un poco probabile effetto di condensazione del calcare o, forse, delle troppe sigarette fumate) si soffermava sulla sua tomba, tra gli sguardi increduli degli astanti. Cibo (il pollo alle prugne del titolo, manicaretto che da sempre delizia il palato di Nasser Ali), amore e musica perdono di senso e scolorano agli occhi del violinista, mentre il fuoco che lo anima si spegne silenzioso, lasciando dietro di sé un vuoto senza appigli. Una galleria di impareggiabili personaggi (dal sinistro angelo della morte al proprietario di un bazar da mille e una notte) completano il mosaico di un’esistenza inquieta e traboccante di rimpianti, mentre inserti animati e digressioni fumettistiche spostano sempre più in là la linea dell’orizzonte, contribuendo a dosare la perfetta miscela di lacrime e sorrisi.

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