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Venezia 69 – Fuori concorso – Bad 25 di Spike Lee (Usa, 2012)

Quando parlavamo qui su indie-eye di This is It, il documetario di Kenny Ortega girato tra backstage e set virtuali durante la preparazione del tour che avrebbe dovuto riportare Michael Jackson sul palco, raccontavamo come secondo noi, quella imponente macchina celibe costituita dai dispositivi meccanici di palco e dal prolungamento dello stesso nella realtà digitale del complesso sistema di proiezioni a 360 gradi, fatto di schegge di storia del cinema, brandelli di science fiction anni ’50, un’archeologia reinventata viralmente, transitasse tra due spazi eterodossi, quello occupato dal corpo sempre più evanescente di Jackson e la virtualità di quel transformer fatto di luce battezzato Mr Light, creatura ologrammatica che riproduceva la silhuette di Jacko assorbendo l’immaginario ipertrofico che ha sempre attraversato la carriera di Jackson e accompagnando Michael nel passaggio dallo spazio performativo a quello virtuale.

Bad 25, realizzato da Spike Lee per il 25mo anniversario dalla publicazione di Bad è in fondo la genesi di questo processo di trasformazione dell’immagine performativa raccontata  attraversando un periodo di sperimentazione ricchissimo come quello della seconda metà degli anni ’80,  dove lo scambio tra perfomance, immagine televisiva, video promozione e produzione musicale (nel senso vero e proprio di prassi produttiva) testimoniava un passaggio inesorabile tra immagine cinematografica e immagine elettronica.

Il lavoro di Spike Lee se apparentemente sembra modularsi sullo stile dei rockumentary televisivi la cui ossatura si basa sostanzialmente sulla giustapposizione di testimonianze in funzione più celebrativa che analitica, viene letteralmente infestato da un ipertrofico bombardamento documentale che mette insieme immagini di repertorio, backstage inediti, frammenti audiovisivi che riproducono la genesi complessa di un album a partire dai provini, fino alla realizzazione dei videoclip, passando per gli esercizi vocali di Jacko utili per estendere il suo range.

Il regista afroamericano monta con il suo stile inconfondibile, tra Jam e ricerca di un’incedere ritmico, e lo fa, secondo noi, con una consapevolezza di quel transito culturale di cui parlavamo. Non è quindi solo l’ampia sezione dedicata a Martin Scorsese durante la lavorazione del video per la title track, dove il regista Americano manifesta la sua “resistenza” al linguaggio dei video promozionali con quel suo  “io non giro videoclip, ma cortometraggi” ma è anche la sovrimpressione tra questo immaginario che trasponeva la storia del musical americano in un contesto cinematografico che affondava le sue radici nella cultura underground degli anni settanta e il modo in cui viene interpretata la performance dal metodo di un autore come Joe Pytka, uno tra i massimi produttori di commercials negli anni ’80, che per Jackson aveva curato la regia di alcuni video che portavano avanti in versione colossale le intuizioni di registi nati tra la pubblicità e il videoclip, come Steve Barron (Billy Jean).

Quello che Scorsese fa ancora essenzialmente con il montaggio, Pytka lo realizza aprendo spazi virtuali all’interno del set e introducendo con un’ipertrofia di velocità già digitale la “masticazione”  di cinquantanni di storia del cinema in un contesto certamente più industriale ma assolutamente affascinante per il modo in cui preconizza il passaggio successivo, quello della dissoluzione dell’immagine televisiva nella viralizzazione della rete.

Bad 25 è quindi essenzialmente una straordinaria celebrazione catodica, un documento sulla genesi di uno degli album commerciali più influenti della storia della musica Pop, sulla complessa deriva della musica Black, da Mavis Staples a Quincy Jones, sulla formazione di Jackson e anche sulla sua relazione fragile e allo stesso tempo consapevole con il controllo totale dei processi produttivi,  ma è anche un documento importante sulla trasformazione dell’immagine tra cinema e video, per come la conoscevamo più di venticinque anni fa e per come ce la ricordiamo adesso, viralizzata dai canali di condivisione di massa. Bad 25 è il racconto di un’immagine ancora liminale.

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