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The Goob di Guy Guy Myhill: Venezia 71 – Giornate degli Autori

Il primo lungometraggio firmato da Guy Myhill è una storia di amicizie, scontri e amori sullo sfondo di un' Inghilterra rurale e fatiscente

Ambientato nel Fenland, zona rurale dell’Inghilterra, “The Goob” si presenta come un’opera dall’impatto immediato e dalle diverse sfaccettature.
Goob Taylor, il protagonista è un ragazzino sedicenne che vive con la madre e il fratello, aiutandoli a gestire una caffetteria. I tre sono legati da un grande affetto reciproco, che viene minato però dalla presenza di un patrigno inquietante e crudele, che fa di tutto per distrarre la madre dall’amore per i figli, e nel frattempo si diverte a sfruttare i due, soprattutto Goob.

Guy Myhill ha un background produttivo più che decennale, con all’attivo circa 12 tra cortometraggi e documentari.
Il suo primo lungometraggio presenta più di una suggestione visiva durante gli ottantasei minuti di durata, ma, nella sua totalità, non riesce a trovare forma compiuta e omogenea.

La storia di Goob, sedicenne che cerca rivalsa e cambiamento perchè oppresso dal patrigno Womack, è sviluppata per nuclei narrativi che vedono ognuno un personaggio diverso entrare ed uscire dalla sua vita, portando prima amicizia, poi amore e, nel caso del patrigno, conflitto.
Questi nuclei però non si intrecciano adeguatamente l’uno con l’altro e perdono di omogeneità lungo il percorso.

Nonostante questo Myhill è capace di lavorare con grande intensità sui singoli momenti, grazie ad uno sguardo che probabilmente proviene dalla sua lunga esperienza come documentarista, aspetto evidenziato dalla forza delle location:  case, locali, fermate dell’autobus e macchine, ambienti di una suburbia fatiscente dura e rurale, come ruvidi sono i rapporti tra Womack e Goob. Myhill sceglie in questo senso un registro che ricorda il cinema di Truffaut e di Malick proprio nel continuo oscillare tra racconto e intimità documentale, dove lo spazio privilegiato è quello legato ai sentimenti dei protagonisti, tra sguardi e non detto e con un certo gusto per la sospensione astratta del tempo, reso ancora più forte dalla musica di Luke Abbott.

Si avverte un certo sbilanciamento tra il modo con cui il regista inglese descrive la tensione che passa tra i personaggi e l’orchestrazione narrativa, confinando il film in uno spazio risolto solo a metà.

Guy Myhill merita comunque di essere seguito nel prossimo futuro, per capire se saprà far fecondare quanto di buono realizzato in quest’opera prima.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
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Federico Salvetti studia Cinema al DAMS di Firenze. Appassionato di videomaking, gira cortometraggi con un collettivo di Lucca
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