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Theeb di Naji Abu Nowar – Venezia 71, Orizzonti

Arabia, 1916. Theeb vive con la sua tribù beduina in un angolo sperduto dell’Impero Ottomano. Dopo la recente scomparsa del padre, spetta a suo fratello Hussein prendersi cura di lui. Hussein cerca di insegnare a Theeb lo stile di vita dei beduini, ma il ragazzino è più interessato a combinare guai che a farsi guidare da un mentore. La loro routine si interrompe con l’arrivo di un ufficiale dell’esercito britannico e della sua guida, impegnati in una misteriosa missione. Non potendo rifiutare di aiutare i suoi ospiti Hussein acconsente a scortare i due fino alla loro meta. Temendo di perdere il fratello, Theeb lo insegue e intraprende un viaggio pericoloso attraverso il Deserto Arabico, un aspro territorio diventato terreno di caccia di mercenari ottomani, rivoluzionari arabi e predoni beduini reietti. Se Theeb vuole sopravvivere, dovrà imparare in fretta che cosa siano la maturità, la fiducia e il tradimento, e dovrà essere all’altezza del nome che gli ha dato suo padre.

Theeb letteralmente significa “lupo”, animale che nella cultura araba viene temuto e rispettato per il suo coraggio e per la sua capacità di bastare a sé stesso. E’ un po’ questo il limite a cui giunge Theeb, il ragazzino del deserto che sta sempre appresso al fratello Hussein, costretto com’è dagli eventi che si susseguono ad imparare a badare a sé stesso senza l’aiuto di nessuno, a dimostrare coraggio e fede per poter sopravvivere nella terra aspra e inospitale nella quale vive.

L’inospitalità della terra si contrappone alla “legge del Dakheel”, precetto ritenuto sacro fra i beduini del deserto, legato alla virtù dell’ospitalità: l’ospite in quanto tale deve essere trattato con ogni riguardo, poiché il deserto è un luogo troppo impervio per poter pensare altrimenti, sulle poche risorse presenti. Theeb fa sua questa regola e cresce in fretta: nel momento in cui decide di seguire il fratello per scortare i due stranieri al pozzo romano, per lui inizia un percorso di formazione irreversibile, provocato anche dagli avvenimenti feroci che vedono coinvolti tutti coloro che avevano intrapreso con lui questo viaggio, lasciandolo solo in quel deserto nel quale dovrà fare conti con un nemico interiore (quello per cui dovrà imparare ad essere autonomo) e un nemico reale, un mercenario rimasto ferito nel conflitto a fuoco dove Theeb ha perso tutti i suoi compagni, fratello compreso.

Theeb proprio per il principio del Dakheel sentirà il dovere di provvedere al ferito, di averne pietà, nonostante si trovi di fronte al carnefice di Hussein, il fratello maggiore. Sarà proprio il processo di crescita che ormai in lui si è avviato ad innescare un senso di rivalsa, un desiderio di vendetta che supera qualsiasi concezione culturale, poiché “il forte batte il più debole” e Theeb, da vittima degli eventi diviene lupo a tutti gli effetti, degno del nome che il padre gli ha dato.

Il primo lungometraggio di Naji Abu Nowar è un romanzo di formazione che sconfina nei toni e nelle atmosfere di un western non convenzionale,, un racconto spietato ambientato nel deserto che prelude ad una rinascita: quella di Theeb che cresce mentre tutto intorno a sé è inaridito dalla crudeltà a cui lui contrappone un incompromissorio tentativo di cooperaazione per la sopravvivenza.

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