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Un pesce di Nome Wanda di Charles Crichton – Berlinale 70 – Berlinale Classics: recensione

"Un pesce di Nome Wanda" tra i classici restaurati proposti dalla Berlinale 2020

Ami questo film perché ami ogni personaggio che è in scena, anche George con quei baffi sottili che sembrano disegnati con una matita, il leader assolutamente sospetto di questo quartetto di ladri. Sarà lui a mettere in moto il congegno sapientemente orchestrato da Charles Chrichton, diffidente nei confronti dei suoi compagni nasconderà la refurtiva altrove prima di ritrovarsi dietro le sbarre. Tutto ciò darà inizio a un furibondo girotondo nel quale Wanda, Otto, Ken e Archie si trovano intrappolati, in una lotta esanime per coprire le proprie tracce e le proprie intenzioni.

Jamie Lee Curtis è una deliziosa truffatrice, Wanda sa come assediare un uomo, sa sedurlo e immergerlo nel suo incantesimo, funziona con tutti, anche con l’ingenuo avvocato interpretato da John Cleese, il tipico aristocratico inglese piegato dal suo stesso temperamento soave. Il suo personaggio, che porta il vero nome di Cary Grant, diventa alla fine irresistibile, perché bastano un abito scollato, gli occhi dolci e qualche parola per credere in fondo che questa sia la verità. Invece per la categoria persone eccentriche che si comportano in modo ossessivo ecco Otto, l’amante mascherato da fratello, un folle e delirante Kevin Kline che armato fino ai denti e selvaggiamente ossessionato da un uomo chiamato Nietzsche si persuade di un’intelligenza non pervenuta. «Non chiamarmi stupido!», ripete all’infinito fin quando inevitabilmente sarà additato così in diverse occasioni, costringendo Wanda a spiegargli dettagliatamente non solo perché lo è ma perché lo sono tutte le cose in cui crede. Poi non poteva mancare l’uomo dalle grandi passioni travolgenti, quelle che governano un’intera vita, e che qui vengono esagerate e mortificate in modo straordinariamente comico. Michael Palin, balbuziente e insolitamente assorto dal suo acquario, prova una gioia straordinaria per i suoi pesci tropicali e per gli animali in genere, e profondamente inadatto alla missione di cui è investito si troverà a compromettere irrimediabilmente la vita di tre Yorkshire Terrier e del suo stesso amatissimo pesce Wanda, ingurgitato senza pietà da Otto che è altrettanto disperato, ossessionato dalla ricerca dei gioielli.

Nel 1988 John Cleese, attore comico e membro dei Monty Python, era alla ricerca di un nuovo successo, convinse quindi il regista Charles Crichton, veterano del cinema britannico e autore di uno dei segmenti dell’indimenticabile “Dead of Night”, a non ritirarsi dalle scene, doveva dirigere Un Pesce di nome Wanda, era l’uomo giusto. Per gli Ealing Studios aveva girato molte commedie e lì aveva costruito il suo stile, il suo marchio di fabbrica inequivocabilmente britannico. Questo film sarebbe diventato una farsa intelligente sulle radicate differenze culturali di due paesi: l’implacabile rigidità e il senso di rispettabilità degli inglesi e la volgare spontaneità degli Yankees, ma sarebbe stata anche una storia d’amore un po’ sbilenca piena di quegli equivoci che hanno reso questo film una miscela perfetta tra ciò che era stata la Ealing e i Monty Python. L’umorismo verbale di John Cleese, la fisicità degli attori e il tempismo e la moderazione di Chrichton hanno reso Un pesce di nome Wanda un cult e hanno fatto ottenere una nomination agli Oscar del 1989 sia al regista che allo sceneggiatore, spietatamente superati dall’interpretazione di Kline che fu l’unico a portare a casa una statuetta come migliore attore non protagonista.

RASSEGNA PANORAMICA
Voto
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Laureata nelle discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo, ha frequentato un Master in Critica Giornalistica all'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico e una serie di laboratori tra cui quello di scrittura cinematografica tenuto da Francesco Niccolini e Giampaolo Simi. Oltre che con indie-eye ha collaborato e/o collabora scrivendo di Cinema e Spettacolo per le riviste Fox Life, Zero Edizioni, OUTsiders Webzine
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