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Venezia 68 – Orizzonti – Le Petit Poucet di Marina De Van (Francia, 2011)

Prodotto dalla Flach Films di Jean Francois Lepetit per il progetto di destinazione televisiva legato alla revisione di fiabe del patrimonio classico che aveva già coinvolto Catherine Breillat con la sua versione de La Belle Endormie, presente alla scorsa edizione del Festival Veneziano, Le Petit Pucet è l’ultimo dei tre lungometraggi girati da Marina De Van, autrice dai risultati discontinui. Rispetto alla Breillat siamo ovviamente su un altro pianeta; la De Van lavora per aderenza al testo originale, con l’inserimento di pochissime varianti narrative, sfruttando questa linearità nell’illusione di turbare con un processo legato sostanzialmente all’accumulo e all’ipertrofia di elementi macabri. Il tentativo è quello di agganciarsi ad una visione pop-surrealista che privilegi lo sberleffo, il simbolo estremo e che recuperi tutto quell’ìmmaginario cannibale che era alla base del suo primo film, l’interessante Dans ma peau, astraendolo quasi totalmente da una riflessione sul corpo e portandolo più che altro dalla parte di una superficie narrativa fruibile. In effetti la De Van gioca pesante con una serie di riferimenti molto espliciti, da Bunuel a Segundo De Chomon (il decor del film sembra ispirato alla versione del 1909 de Le Petit Poucet), in un pasticcio godibile che si regge in piedi solamente grazie ad alcune sequenze di puro divertimento pop e nella seconda parte, alla forza performativa di Denis Lavant, impegnato in una versione laida dell’orco, quasi un gemello dotato di parola del notevole Mr. Merde inventato da Leos Carax per il suo segmento contenuto nel film collettivo noto come Tokyo.

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