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Venezia 69 – Orizzonti – Yema di Djamila Sahraoui (Algeria, Francia – 2012)

In una sperduta campagna algerina una madre, contravvenendo alle leggi islamiche, seppellisce il corpo del suo primogenito, un ufficiale morto per mano di un gruppo di ribelli che vivono sulle montagne, al quale appartiene l’altro figlio da lei adesso odiato. Quando questi, che ha mandato perché vegliasse su di lei un suo giovane compagno rimasto senza una mano, le porta il figlio che ha avuto da una donna che era anche la moglie del fratello e che è morta di parto, perché se ne occupi lei lo accetta e lo cresce dandogli il nome del suo primogenito.
Mentre i rapporti tra la madre e il suo carceriere, inizialmente guardato con ostilità, si ammorbidiscono tanto che lei gli permette di dormire nella camera del figlio morto, il secondo genito torna con una ferita d’arma da fuoco alla gamba.
Come affermato dalla stessa regista ed interprete Djamila Saharaoui nel corso della conferenza stampa, allo stesso modo di ciò che accade nelle tragedie greche, nel film le vittime divengono carnefici e la madre (Yema in algerino significa Madre) nell’ultimo segmento del racconto non è più capace di pietà per il figlio superstite, pur rimanendo divisa tra amore ed odio.

In Yema, opera nella quale gli elementi acqua, terra e aria si scontrano in maniera primordiale nell’incredibile set naturale offerto dalla campagna algerina ora brulla ora rigogliosa, non sono più le leggi degli uomini o della religione a prevalere, ma quelle dell’istinto e del dolore. La vita dei protagonisti rispecchia le stesse azioni, quando fosse possibile poterle osservare da vicino, che si vedrebbero compiere dai protagonisti della tragedia classica, alla quale la regista algerina afferma di essersi ispirata: Ho collocato l’azione in Algeria in un momento non ben precisato che però va dagli anni 90 al 2005, quando era in corso la guerra tra militari e islamici. I 2 fratelli non lottano quindi contro qualcosa di esterno, ma l’uno contro l’altro, è una guerra che si consuma all’interno di una famiglia.

Io sono impregnata di cultura classica, conosco profondamente tutte le tragedie greche, e benchè non avessi in mente un riferimento preciso ad una particolare opera, nella stesura della sceneggiaturaquesti riferimenti sono emersi spontaneamente.

La tragedia classica, come quella moderna vissuta dall’Algeria sono parte di me.

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