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Ops… Ho Ammazzato Berlusconi di Gian Luca Rossi e Daniele Giometto

La tranquillità della vita familiare di Matteo viene fortemente scossa dall’esito delle sciagurate elezioni politiche del 2001, che notoriamente videro trionfare la Casa delle Libertà (allora non ancora aperta al popolo). Mentre lui, si è ormai trincerato dietro un difensivo qualunquismo, che è però terreno fertile per ogni propaganda populista, sua moglie Livia è, invece, attiva ed impegnata e passa dal voto alla Margherita di Rutelli ad un impreciso radicalismo chic filo guevarista. Le tensioni tra i due non tardano ad esplodere e quando il protagonista rivelerà d’essere un elettore di centrodestra, lei inforca la porta e va via. Male gliene incoglierà, perché proprio in quell’istante il pezzo di un aereo, staccatosi dal velivolo, le piomba addosso uccidendola. L’evento, già tanto tragico quanto bizzarro, però, non rimane isolato: sconvolto dalla morte improvvisa della giovane moglie, salito in auto sotto choc e messosi a guidare per le campagne intorno, a causa della scarsa visibilità dovuta ad un forte acquazzone, investe un uomo che cammina inspiegabilmente lì da solo in piena notte: Silvio Berlusconi. Prima chiuderà il cadavere in un congelatore; poi si autodenuncerà ma non verrà creduto. Da qui prenderanno l’avvio una serie di eventi sempre più singolari e curiosi che Matteo, pur se profondamente turbato dalle circostanze, affronterà con una sorta di rassegnato fatalismo che lo condurrà a tentare di sbarazzarsi dell’ingombrante zavorra, sino ad un finale dai tratti metafisici.

Il suffisso –ops, sottolinea da subito la natura accidentale della morte dell’ex premier (sebbene sia più una sorta di riscatto dovuto nei confronti del destino); dettaglio all’apparenza insignificante ma senza il quale il titolo originale, Ho Ammazzato Berlusconi, appare certo più aspro. Questo è solo uno dei motivi che ne ha frenato e di molto la visione al di fuori dei canali indipendenti. Il lavoro di Gian Luca Rossi e Daniele Giometto è stato travolto, infatti, da una serie infinita di beghe che hanno reso la circolazione del film a dir poco problematica. Rifiutato, com’è ovvio, da Rai e Mediaset, il film non ha goduto neanche dei fondi Mibac che ne avrebbero garantito perlomeno una maggiore presenza nei cineclub. Oggi rivede la luce in dvd, grazie a CG Homevideo, col titolo completo che i registi avevano già pensato in origine, dopo esser stato scartato anche da editori che sulla carta sarebbero dovuti essere più sensibili alle stesse tematiche. Un film piccolissimo, fatto davvero con niente, che riesce a mantenersi miracolosamente in piedi, grazie soprattutto al soggetto tratto dal romanzo di Andrea Salieri L’Omicidio Berlusconi.

Ciò che più incuriosisce è che questo è solo l’ultimo dei progetti con al centro la catartica morte di sua emittenza, ripetuta, sognata, agognata da titoli come Shooting Silvio, La Verità Bugiarda o Chi Ha Ucciso Silvio Berlusconi, che in quello stesso periodo si sono stesi tra cinema e letteratura con relativa serenità, senza eccessivi ostacoli (peraltro in largo anticipo sugli osceni sviluppi delle vicende del regno del cavaliere).

E’ lecito immaginare allora che o il volto autoritario del governo del futuro PDL, già largamente esposto in precedenza, si fece nell’arco di un paio d’anni ancora più duro (ipotesi del resto tutt’altro che peregrina, anzi) o forse, al contrario, che si fece più permissivo, giacché come voleva Pasolini nelle società permissive, soltanto qualcosa può essere realmente permesso: ciò che il potere decide possa essere permesso.

Può darsi che, con la sua pacata vaghezza ed i suoi tono straniti, Ops… Ho Ammazzato Berlusconi, arrivi a toccare corde più sensibili e profonde, forse anche inconsapevolmente, giungendo con levità ed ironia a riflessioni inedite o quantomeno, sino ad allora, poco dibattute. Del resto, come ben si sa, la censura destrorsa non ha mai amato il modo diretto con cui l’azione satirica, l’arte se si vuole, riesca a far leva, col solo uso della memoria e dell’immaginazione, sul parere collettivo. Inutile ricordare il caso di quell’immenso antidivo pre-morale di Daniele Luttazzi (che oggi, in epoca di governo tecnico, seguita a pagare un ostracismo durissimo, subissato, oltretutto, da un intollerabile dileggio).

Se l’urgenza di Ops… Ho Ammazzato Berlusconi è di certo molto meno feroce di quella del Walter Chiari alla benzedrina, è però vero che pone degli interrogativi che vanno aldilà della pura narrazione. Interrogativi che riguardano il ruolo ed il peso delle sinistre: non più blocco unitario ma composito e scomposto, irrimediabilmente distante dai suoi valori storici. Più indolente che incapace nei confronti di una parte avversa, scomposta anch’essa ma tenuta insieme da un immarcescibile (come appariva) progetto comune. Interrogativi che interessano, alla fine, anche il peso reale della figura carismatica del satrapo di Arcore all’interno di un sistema che si riproduce ad libitum dalle proprie stesse ceneri, in virtù di un’egemonia culturale che non necessita di un unico capopopolo per mantenersi stabile ma di una rete di relazioni per la quale non è un dramma, morto un Berlusconi, farne subito un altro (magari bocconiano…). Un potere, cioè, che vede nella figura granitica del leader soltanto un immagine, un poster, un’intercambiabile chiave di volta. Come viene reso esplicito in uno dei momenti chiarificatori della vicenda.

Alla fine ciò che Rossi e Giometti, e quindi Salieri, tentano di smontare, sono i meccanismi interni ed esterni di questo potere e lo fanno con grande attenzione, pur non allontanandosi mai da quella dimensione piccolo borghese che il cinema italiano di oggi intende come natura universale.
Quello su cui insiste il film è poi, l’azione che il peso degli eventi storici ha sulla vita quotidiana; sull’uomo qualunque; su una normale giovane coppia sconvolta sino al parossismo dai travolgimenti della politica: resa distante da quelle logiche di palazzo che ottundono l’opinione pubblica, condizionandola al tempo stesso. Quelle logiche che conducono all’astensionismo dal voto ma non come atto ragionato, portato di un ideale politico alternativo, ma semplice noia. Quelle logiche che figliano oziose crocette su simbolini colorati tutti uguali; che producono cioè l’atteggiamento di Matteo, le cui conseguenze, è chiaro, sono imprevedibili se non addirittura nefaste.
Un racconto, quindi, che muovendosi nei toni della commedia nera, oscilla continuamente tra il grottesco, il farsesco ed il surreale, dischiudendosi ad una galleria di personaggi tanto ambigui, quanto bislacchi, che partecipano a precipitare la pellicola in una dimensione vagamente onirica.

Alberto Bognanni (anche vincitore del premio Massimo Troisi come miglior attore protagonista) è  allucinato e credibile nella parte di un uomo in progressivo allontanamento da sé, tanto quanto Sabina Paravicini che appare leggiadra come in ogni ruolo che affronta (dal teatro a Un Medico In Famiglia). La vera sorpresa è, però, Andrea Roncato, che mai si sarebbe immaginato in un film come questo; molto simpatico nel ruolo di Gaetano, l’amico sincero e rompiballe, sebbene i fasti del Loris Batacchi, gaudente capoufficio pacchi di fantozziana memoria, sono lontanissimi. Incuriosisce non poco la presenza dell’attore, che negli anni 80 al biscione ha legato la sua immagine e molta della sua fortuna, ponendo degli interrogativi che vanno ben oltre la storia filmata.

Ops… Ho Ammazzato Berlusconi riconsegna in prospettiva una parte di storia italiana che appare, oggi, distantissima nel tempo ma, comunque, eternamente presente; che la stretta attualità continua a riproporci, in un’inquietante coazione a ripetere del fallimento. Fallimento di un sistema di contingenze, che paiono davvero destinate a non avere mai fine, a dispetto di ogni evidente disastro sociale. La storia di un Paese che, a scanso di ogni pessimismo, appare oggi come ieri in piena decadenza.

Una cosa è certa: Berlusconi è vivo ma, in fondo, non è troppo distante dal cadavere congelato di Rossi e Giometti. E’ piuttosto un non morto che si autoriproduce e lancia strali; minaccia ed avverte; afferma e smentisce; proclama investiture improbabili e le ritira polemicamente; coglie l’occasione della sentenza di quattro anni per frode fiscale emessa a suo carico, per rivendicare il ruolo di capo esecutivo di un partito che non esiste più. Tra scuse tardive e malposte ed un rinnovato presenzialismo che ha, però, in sé i tratti crepuscolari della tragedia viscontiana. E mentre l’inevitabile si compie, come sembra suggerire il film, un potere superiore, tanto più grande da non poter essere neanche immaginato, riformula le regole di un gioco che è però sempre lo stesso e sempre più complicato e i cui partecipanti appartengono solo ad una selezionatissima elite.

Ma dal momento che di dvd si deve trattare, allora è doveroso concludere con i dati tecnici, che riguardano una qualità video non eccellente, con l’immagine spesso disturbata da segni e punti. Pesa anche la totale mancanza di extra: data la materia e la storia del film, sentire la voce degli autori, conoscerne le idee ed i percorsi, avrebbe di certo reso la visione del film ancora più divertente.

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