Home alcinema Ruby Sparks di Jonathan Dayton e Valerie Faris

Ruby Sparks di Jonathan Dayton e Valerie Faris

La sceneggiatrice e interprete Zoe Kazan scrive Ruby Sparks per la coppia Dayton/Faris che a sei anni di distanza da Little Miss Sunshine torna a dirigere una commedia in continuo movimento e con una sorprendente potenza inventiva. Calvin (Paul Dano) dopo un successo “liceale” come next big thing della narrativa americana, passa gli anni seguenti senza alcuna possibilità di sbloccare nuovamente la sua creatività, in cura da un terapista (Elliott Gould) cerca disperatamente un’ispirazione per ricominciare a scrivere.

Dietro consiglio del medico, tenterà la via dei sogni, favorendoli e trasformandoli in una storia potenziale; colto da ispirazione furibonda comincerà a delineare il personaggio di Ruby, donna che gli appare sempre più ossessivamente in sogno e sulla quale investirà tutte le sue energie creative. Quando easausto si addormenterà sulla scrivania, al suo risveglio troverà Ruby in carne ed ossa nella sua cucina che gli chiede cosa vuole per colazione.

Ruby ama i film di zombie, adora far pompini, rappresenta esattamente lo specchio dei desideri di Calvin. A questa perfezione corrisponde una diretta influenza della scrittura di Calvin sullo sviluppo della personalità di Ruby, qualsiasi cosa egli provi a scrivere su di lei, questo avrà conseguenze concrete sulle azioni della ragazza e sull’orientamento delle sue scelte; la tentazione di modificare la realtà in un modo che sia sempre favorevole per lo stesso Calvin sarà ovviamente fortissima nel momento in cui la relazione diventerà più fragile.

La Kazan scrive una sceneggiatura ricca di trovate fulminanti ma assolutamente trainata dal ritmo vorticoso ideato da Dayton/Faris; Ruby Sparks sembra provenire da quella tradizione Screwball del cinema americano fine anni trenta che mette al centro un personaggio femminile complesso attorno al quale ruotano le figure maschili, ribaltandone però gli elementi fondanti.

Se la Screwball comedy classica e in un certo senso tutto quello che da quelle radici veniva sottoposto a reinvenzione nel cinema americano dei primi anni ’80 da autori come Robert Zemeckis, Chris Columbus, Joel Coen, e in parte anche James Cameron, presentava figure femminili in grado di accordare i propri desideri sulla loro eccentricità, Ruby Sparks è una continua lotta dello sguardo femminile e della difficoltà di quello maschile nel riconoscerlo come parte di se; tutte le volte che Ruby sfugge al controllo come in una perfetta “commedia svitata”, Calvin la resetta, la riprogramma, cambia la storia e antepone un “desiderio di genere” sulla sua idea di racconto; più che un film sulle relazioni, Ruby Sparks è una sottile “fantasia” tragicomica sullo sguardo desiderante, animata com’è da un continuo riavvolgersi su se stessa, “svitata e riavvitata”.

Si smette di ridere infatti quando il corpo esausto di Ruby viene sottoposto ad un numero diabolico di vera e propria possessione condotto a colpi di tasti sulla macchina da scrivere, quasi un’indicazione contro il cinema di autori alla Haneke, che trattano attori e piccioni nello stesso modo. Ruby, una volta ri-vista o rivissuta due volte, chiederà che non le si racconti la fine.

Exit mobile version