venerdì, Ottobre 11, 2024

Austra – Future Politics: utopia, pop e un pizzico di sperimentazione

(La foto di copertina è di Renata Raksha)

Chi conosce gli Austra ricorderà benissimo Lose It, pezzo ultra orecchiabile contenuto nel loro primo disco, o ancora il sintetizzatore alla Grauzone di Beat And The Pulse, sempre dal primo lavoro.

Brani decisamente cupi, ma con un sound e un arrangiamento accattivante, difficili da dimenticare. Con Future Politics il gruppo canadese si spinge invece verso brani più atmosferici e meno catchy, con bpm molto più lenti e sonorità Sci-Fi, senza mai dimenticare la lezione Depeche Mode che li accompagna sin dal primo disco, Feel It Break. Con questo nuovo lavoro il gruppo si spinge anche verso una ricerca più concettuale tirando in ballo la categoria di utopia sociale. Molti brani descrivono la speranza in un mondo migliore, sia dal punto di vista politico che culturale e ambientale (Future Politics, Utopia, 43, Gaia); mentre altre utopie toccano anche il tema della depressione e dell’interiorità raccontate con parole semplici: We Were Alive, I’m A Monster, I Love You More Than You Love Yourself.

Prodotto da una riflessione di Katie Stelmanis sul manifesto dell’accelerazionismo messicano (corrente di pensiero anticapitalista), e concepito in un periodo di ricerca passato a Mexico City, Future Politics diviene a sua volta un manifesto “pop” dal linguaggio personale e mai troppo svelato, che però riesce a comunicare nelle parole disillusione mista ad una speranza sempre accesa. Future Politics è un’unione di una doppia prospettiva utopica: quella politica, vista come categoria fin troppo universale, e quella personale, che però a sua volta ha la forza di comunicazione totale.

Quest’ultima prospettiva è sicuramente quella che nel disco emerge in modo più credibile, soprattutto per una voce e una personalità come quella di Katie, ora maturata e lontana dalla ricerca dell’effetto “cool”.

Austra, Utopia – Video ufficiale diretto da That Go (Noel Paul & Stefan Moore)

I suoni di Future Politics non sono poi così tanto diversi da quelli dei due dischi precedenti, le sonorità midi e un po’ toys alla Broken Frame dei Depeche Mode emergono qui in modo ancora più evidente: basta ascoltare Freepower e Utopia, pezzi sognanti che ricordano moltissimo My Secret Garden e Leave In Silence del gruppo di David Gahan.

I toni scuri dei precedenti dischi degli Austra si perdono qui a favore di una ricerca strutturalmente e vocalmente più ricercata, con il difetto, purtroppo, che la maggior parte dei brani non decolla mai.

Fatta eccezione per la title track del disco, I Love More Than You Love Yourself e in parte Angel In Your Eye, gli altri brani di Future Politics sembrano perdersi solo nella ricerca di un finale atmosferico, a tratti incerto e spesso simile. La sensazione è quella che la chiusura della maggior parte dei brani non sia stata pianificata per produrre un crescendo, ma al contrario sembra pensata per far esaurire la carica con cui alcuni di essi iniziano.

In generale questo ultimo lavoro degli Austra, al di là delle ricerche concettuali, risulta musicalmente più statico e i pezzi sono maggiormente interlocutori, a scapito della scrittura musicale. Anche la voce di Katie, virtuosa e lirica, a tratti sospesa tra laconiche note alla Bjork e qualche vocalizzo alla Florence Welch, risulta però più monotona e meno grintosa che nei lavori precedenti, sebbene sempre bellissima e evocatrice di mondi lontani.

Riescono a far sognare ancora gli hook di tastiera di Beyond A Mortal e 43, pezzi che devono molto a Portishead e Massive Attack, dove Katie sembra voler omaggiare persino Enya nei contributi corali.

Il risultato finale sfugge prima ancora di trovare un approdo, rimanendo in un limbo interrogativo rispetto ai precedenti lavori della band.

Future Politics è un disco ibrido e incompiuto: si pone come un esperimento a metà tra il synth pop dei precedenti e un lavoro di ricerca artistica su temi e culture nuove veicolati dalla musica, dove si accenna senza assumere una reale posizione, in perfetto stile contemporaneo.

Il  bivio è quello tra il passato musicalmente più pop della band e un approccio più ambient e legato alla definizione dello spazio nell’arte contemporanea, nonostante questo, gli Austra stanno viaggiando su un binario incerto e mai perfettamente a fuoco.

Virginia Villo Monteverdi
Virginia Villo Monteverdi
Laureata in Storia dell’Arte medievale e seriamente dipendente dalla musica Virginia è una pisana mezzosangue nata nel 1990. Iniziata dal padre ai classici rock ha dedicato la sua adolescenza a conoscere la storia della musica. Suona e canta in un gruppo, ama fare video, foto e ricerche artistiche e ogni tanto cura delle mostre d’arte contemporanea.

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