giovedì, Aprile 25, 2024

L’Attesa di Tiziana Bosco: la recensione

Un uomo misterioso (Luca Lionello) giunge in un paesino siciliano. Una successione di flashback, che si muovono tra la Sicilia degli anni ‘80 e l’America di oggi, ci rivelano progressivamente l’identità e la missione a lui assegnata. Una giovane prostituta, che lui sembra conoscere, lo turba e lo seduce al contempo. Intanto una minaccia terribile incombe e all’uomo non resta che aspettare, rintanato in una buia camera d’albergo, fino alla rivelazione finale.

L’attesa di Tiziana Bosco è un film indefinibile nel suo essere indefinito, costruito su una figura enigmatica che ne fa da perno e calibrato da una struttura narrativa altrettanto impenetrabile. Il tutto ridotto ad una matassa intricata che si sbroglia nella visione progressiva. Una visione spesso sconnessa, prolettica, nonché ricca di rimandi intertestuali che ne rafforzano la natura ermetica ma che allo stesso tempo ne agevolano la formula esplicativa.
È il caso del gangster movie “fatalista” The Killers di Don Siegel, proiettato nel piccolo e vuoto cinema del paesello – cui unico spettatore è proprio l’uomo misterioso – che si fa così spazio identitario, in un processo di autoreferenzialità speculare.

Il contesto in cui si ritrova l’uomo diventa territorio di ricerca interiore, autoanalisi e immersione nei propri rimossi, in un passato polveroso, quasi riemerso da un’altra dimensione, fino a confondersi con un’altra realtà e un’altra identità. Ed è su questi continui salti spazio-temporali, oltre all’atmosfera sospesa e sognante, che la Bosco costruisce la suspense, l’attesa ansiosa ma allo stesso tempo placida e arrendevole, come un definitivo abbandono ad un destino ultimo a cui è impossibile sfuggire: proprio come nel caso del Johnny North (John Cassavetes) di The Killers.

Un destino immutabile come è anche quello di Lucia, una donna privata di ogni legame famigliare e abbandonata ad una vita povera e solitaria che la porterà inevitabilmente alla condizione di donna oggetto, costretta a prostituirsi e incastrata in un paese che la relega fatalmente al suo status denigrante. È una impasse esistenziale e disumanizzante, come sembrano suggerirci i tanti manichini di cui si circonda: corpi senza vita e senza futuro.
Il finale giungerà beffardo e amaro, senza soluzione di riscatto, proprio come la vita in questo quadro tragico e crudo dell’umanità.

Andrea Schiavone
Andrea Schiavone
Andrea Schiavone, appassionato di cinema ha deciso di intraprendere studi universitari in ambito cinematografico. Laureatosi in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma ed attualmente studente magistrale in Cinema, Televisione e New Media alla IULM di Milano.

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