giovedì, Marzo 28, 2024

Clues – L’intervista

Com’è nato invece il contatto con la Constellation? Avevate la possibilità di pubblicare anche con altre etichette?

È stato abbastanza casuale. Avevamo parlato con diverse etichette anche se inizialmente non c’era niente di serio. Più che altro si trattava di chiacchierate tra amici, del resto avevamo suonato poco in giro e quindi il nostro nome non era molto conosciuto. Poi, è successo che Don (Wilkie, boss di Constellation, ndr) è venuto a vedere un nostro concerto e gli è piaciuto tantissimo. Tra l’altro quella sera per noi si è trattato veramente di un grande show… nonostante ci fossero 9 o 10 persone come pubblico! In ogni caso dopo lo spettacolo lui è venuto a parlarci e poi le cose si sono evolute rapidamente.

Ho notato che sul disco sono accreditati i nomi dei musicisti ma non i nomi dei compositori… come mai? E come scrivete le vostre canzoni?

Sì, l’abbiamo fatto intenzionalmente, non volevamo specificare anche se la quasi totalità dei pezzi sono scritti da Den e me. In realtà noi spesso mettiamo giù la struttura portante della canzone, il ritmo e la melodia, ma poi ci suoniamo sopra tutti insieme e costruiamo gli arrangiamenti in cinque. Soprattutto durante il lavoro di registrazione, abbiamo rielaborato tantissimo le idee di partenza e lo abbiamo fatto in cinque, come un collettivo.

E questo spiega le diverse influenze che animano il vostro suono? Dagli anni ’60 al post-punk passando per Washington DC…

Sì sicuramente. In particolare sia Alden che io abbiamo ascoltato molte band provenienti da Washington DC ed è inevitabile che abbiano avuto un’influenza su di noi e su di me in modo particolarmente pesante. È interessante che si noti… non credevo!

Tornando al lavoro di registrazione, come vi siete trovati agli Hotel2Tango studios?

Come ti dicevo abbiamo riarrangiato molto i brani che, nella versione finale, suonano in modo molto diverso rispetto ai demo. Sapevamo di avere poco tempo a disposizione e quindi dovevamo cercare di essere più precisi possibile. In ogni caso abbiamo registrato in analogico e già questo ci ha costretto a rivedere il nostro modo di lavorare: di solito registriamo su computer, mentre questa volta su tape avevamo un numero di tracce limitato a disposizione. In ogni caso avevamo spiegato bene a Radwan (Moumneh, fonico già al lavoro con Thee Silver Mt. Zion e Tim Hecker tra gli altri, ndr) cosa ci serviva e lui ci ha dato un grosso aiuto.

Per le registrazioni ho visto che avete lavorato anche con Mark Lawson (già al mixer per Arcade Fire, Islands e Beirut tra gli altri, ndr)…

Sì, in realtà all’inizio ci eravamo rivolti a lui ma era veramente troppo occupato per produrre l’intero disco. Ha ugualmente trovato il tempo per lavorare su alcune tracce dell’album e gliene siamo grati, ha fatto veramente un lavoro eccezionale. Alla fine siamo molto soddisfatti della resa finale del disco.

Mi puoi dire qualcosa su alcune canzoni in particolare? Per esempio, un brano che ho amato subito è stato “You Have My Eyes Now”…

Ti ringrazio, ho scritto io il testo di quella canzone ed è molto personale. Parla della mia esperienza qui a Montreal, mi sono trasferito qui dalla Virginia negli Stati Uniti e questo brano è una riflessione su questa specie di esilio che dura da otto anni con tutti i suoi alti e bassi… credo che per questo motivo la canto sempre in modo molto appassionato.

Un’altra canzone che mi piace moltissimo è “Elope”, l’atmosfera generale mi ricorda il lato acustico di “Atom Heart Mother” dei Pink Floyd…

È una canzone di Alden, ma questo è interessante perché sia “You Have My Eyes Now” che “Elope” hanno delle parti vocali che sono state incise separatamente. Io ho registrato a casa mia, in Virginia e Alden ha registrato il cantato di “Elope” in macchina, nella jeep (!) dei suoi genitori… immagino che entrambi avessimo bisogno di stare soli. Anche a me piace moltissimo quella canzone, ha qualcosa di dolce ma allo stesso tempo ha un fondo oscuro. In assoluto è una delle canzoni del disco che preferisco.

“Ledmonton”?

Questa è una delle prime canzoni che abbiamo cominciato a suonare dal vivo un paio di anni fa. Da quella volta è cambiata molto. Ne avevamo registrato già un paio di versioni prima di entrare agli Hotel2Tango e, una volta in studio, è stato interessante registrare di nuovo la canzone con un approccio diverso. La versione che è finita sull’album è molto diversa da quella del primo demo… a me piace tantissimo e mi auguro che sia la migliore!

Su questa canzone, come in “Approach The Throne”, “Haarp” o “Cave Mouth”, fate spesso ricorso ai cori, il risultato ha un che di epico…

Sì, ci piace usare i cori. In studio ci divertiamo ed è anche facile avere una buona resa… dal vivo forse è più difficile (ride, ndr) ma ci proviamo lo stesso. In “Cave Mouth” è stato essenziale il contributo di Radwan dal momento che ha delle parti molto diverse e un ritmo zoppicante, e inoltre tutti quanti suoniamo delle parti abbastanza difficili. Non è stato facile mixarla mantenendone l’ironia e la leggerezza… ha qualcosa di doom quella canzone.

Avete in programma la pubblicazione di qualche singolo dall’album?

Per il momento stiamo lavorando al video di “Haarp” e poi credo che ci dedicheremo a quello di “Perfect Fit”. Il primo è praticamente finito, riprende l’artwork della copertina, si tratta di una rielaborazione di immagini in cui cerchiamo di far volare degli aquiloni in pieno inverno con trenta gradi sottozero.

A maggio-giugno avete un lungo tour nord-americano, quando sarete in Europa?

Vorremo fare un tour europeo in ottobre. Ci stiamo lavorando ma non c’è ancora niente di definito. Naturalmente non vediamo l’ora e speriamo di venire in Italia!

Gigi Mutarelli
Gigi Mutarelli
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