Clues – L’intervista

1980

Brendan Reedè stato il batterista degli Arcade Fire all’epoca del primo ep. Alden Penner è stato mente e cuore di uno dei progetti più entusiasmanti usciti da Montreal negli ultimi anni: The Unicorns. Il rammarico e il rimpianto per lo split del gruppo, e la sensazione che lo scioglimento fosse arrivato poco prima della loro esplosione, hanno fatto in modo che l’attenzione fosse catapultata sui nuovi progetti dei loro principali compositori. Da una parte gli Human Highway di Nicholas ‘Nick Diamonds’ Thorburn (recensiti da questa parte su Indie-eye), dall’altra i Clues di Alden ‘Ginger’ Penner. Abbiamo incontrato Brendan Reed a Montreal, e abbiamo approfittato della sua gentilezza e ospitalità per sapere qualcosa di più di questo nuovo progetto. A cominciare dalle origini, e da un passato scintillante e un po’ ingombrante.

Il tuo nome e quello di Alden viene inevitabilmente associato alle vostre precedenti esperienza musicali… è qualcosa che ti disturba nel momento in cui esci con un nuovo progetto?

Non è che mi disturbi, anche se in una certa misura credo che condizioni inevitabilmente la tua libertà di esprimerti. Sicuramente può diventare frustrante se, come mi è capitato, qualcuno viene a vederti suonare solo perché sei un ex-Arcade Fire e vieni continuamente messo in relazione con quel progetto anche se stai proponendo qualcosa di radicalmente diverso. Insomma, ogni musicista ha un passato ma credo che questo non dovrebbe andare a discapito del presente. Per contro, mi rendo conto che d’altra parte il fatto di aver suonato in gruppi famosi ci consente di avere una maggiore attenzione da parte dei media e del pubblico… anche questo va riconosciuto… non è poi così male! In ogni caso penso, e spero, che quando il disco sarà uscito si parlerà più dei Clues che non degli Unicorns o degli Arcade Fire.

Tu e Alden siete il nucleo originale dei Clues… quando avete deciso di fare musica assieme esattamente?

È strano, avevamo progetti musicali diversi e io suonavo in gruppi con un suono molto diverso da quello di Den (Alden, ndr). Poi ci è capitato di fare qualche piccolo tour insieme, ci siamo trovati bene e abbiamo deciso di incidere un 7″ con canzoni nostre, un lato a testa. Credo non avesse neanche nome, semplicemente: Alden Penner e Brendan Reed. In realtà non l’abbiamo neanche pubblicato, ne abbiamo stampate cento copie perché un nostro amico aveva la macchina… credo che tutto sia cominciato così. Tra l’altro le mie canzoni non erano neanche granché… era giusto per divertirsi. Tutto ciò è successo poco prima che gli Unicorns si sciogliessero (nel 2004, ndr).

Quand’è che il vostro progetto ha cominciato a diventare qualcosa di più definito rispetto a una collaborazione tra amici?

Credo che la svolta sia avvenuta nel 2007. In precedenza avevamo già suonato un po’ in giro ma così, senza un nome. Poi ci sono stati i primi live con il nome Clues a Montreal, dove inizialmente eravamo un trio. Erano spettacoli un po’ strani, non eccezionali per la verità. È lì che ci siamo resi conto che dovevamo allargare la formazione ad altri musicisti. Non è stato difficile, semplicemente ci siamo guardati intorno e abbiamo coinvolto delle persone che frequentavano la nostra sala prove o lo studio dove registriamo.

Adesso, con la formazione a cinque, pensate di aver raggiunto un assetto stabile?

In realtà ci piacerebbe sperimentare ulteriormente e aprire ad ulteriori collaborazioni. Mi piace pensare ai Clues come a un progetto aperto, con musicisti che vanno e vengono. Per esempio, sul disco ci sono diversi ospiti con cui vorrei continuare a suonare anche se non sarà facile… In ogni caso non voglio pensare ai Clues come a una band cristallizzata come una sorta di Beatles con John, George, Paul e… come si chiamava il quarto?

Ringo?

Grazie (ride, ndr).