Inca Misha – Il Duomo di New York: il videoclip e l’intervista

Inca Misha, "Band di cantautorato situazionista", sondano il cattivo gusto, i colori delle culture apolidi, gli anni ottanta meno battuti, per tornare al grado zero della musica. "Il duomo di New York" è il videoclip che veicola il nuovo album intitolato "Enjambement", fantasia visiva e Internet art allo stato brado. La clip e l'intervista con Simone Vassallo, voce e percussioni del progetto.

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Il grado zero della musica e il sentimentalismo, oltre alla dominante mancanza di serotonina con pretese intellettuali.
Sono i due poli opposti a cui gli Inca Misha si riferiscono, il primo per rifondare un’idea di musica che neghi valori, etichette e canoni estetici indirizzati. Il secondo per rivelare l’aura reale che si cela dietro i progetti più gettonati: il cattivo gusto.
Simone Vassallo, voce e percussioni, Niccolò Giordano, tastiere, grancassa e voce, Cesar José Villeda Herrera, tromba e voce ed infine Stefania Gontero, in arte Karmyne, gesti, corpo, cubo hanno pubblicato Enjambement lo scorso dicembre dopo un buon numero di EP, e il disco sulla lunga distanza del 2018, intitolato “The Incredible Sound of Inca misha”.
Si definiscono “Band di cantautorato situazionista” e propongono un metissage incongruo e stimolante di generi, tra l’operetta, la trap acustica, Buscaglione e persino Bach, il Billionaire e Broadway.
Per veicolare l’album, il videoclip de “Il Duomo di New York“, realizzato dallo stesso Vassallo a cui abbiamo fatto alcune domande, per saperne di più.

Enjambement” si acquista in CD oppure in digitale dalla pagina bandcamp di Inca Misha

Inca Misha – Il duomo di New York – Making of (Intervista a Simone Vassallo)

Dove avete girato il video e con quali mezzi?

Il video è stato girato in casa in maniera molto povera ed artigianale con un grosso telo verde, tre luci a led e una 5D con un grandangolo, un bravo cameraman e noi quattro come
attori / assistenti / truccatori / costumisti / registi / autori…

Come avete lavorato con green screen e post produzione. Metodi, idee, materiali e spunti…

Col green screen e con le luci ci siamo dovuti arrangiare alla meno peggio, ma questo per noi non costituiva un problema, visto il risultato sporco che comunque volevamo ottenere. Il grosso del lavoro sono state la pre e la post-produzione. Siamo partiti da uno storyboard molto dettagliato in cui ho disegnato tutti i quadri, e da lì abbiamo estratto le scene ed i costumi. Con quei fogli in mano è stato rapido ed efficiente girare il tutto, ed altrettanto rapido fare la prima fase di montaggio, avendo così pochissime immagini di scarto.
Anche la nostra filosofia del “buona la prima” (che vale anche per i dischi) ha aiutato a girare tutto in poche ore, lasciando anche un po’ di tempo all’improvvisazione. Per quanto riguarda le immagini di fondo, Youtube è stata pressoché l’unica fonte di approvvigionamento: si trova qualunque soggetto ti possa venire in mente già predisposto per il green screen e libero da copyright. A quel punto l’unico limite alla fantasia è stato posto dalla RAM del computer!

Come avete lavorato in regime di limitazione?

Non ci è cambiato molto. La difficoltà, se mai ci avessero fermato, sarebbe stata spiegare alle forze dell’ordine che quello fa parte del nostro lavoro!

Il video ha un gusto molto vicino a certe cose degli anni ottanta della cultura rap e street. Penso ad un classico come Buffalo Stance di Neneh Cherry. Vi siete ispirati a quell’immaginario?

Quell’immaginario lo abbiamo negli occhi e nel cuore, essendo noi figli degli anni ’80, in particolare la splendida Neneh, ma le vere ispirazioni sono state altre: gli Inca Misha sono dei cultori e dei ricercatori incalliti nel campo del cattivo gusto e della genialità che alcune delle sue declinazioni regionali racchiudono. Le vere fonti di ispirazione in definitiva sono ad esempio i video romanì della Viper Production, quelli degli ugandesi Fac Alliance ma soprattutto la sconvolgente combo che Delphin, La Tigresa del Oriente e Wendy Sulca hanno messo in piedi per mandare un messaggio d’amore dal Perù a Israele alla vista
di quel video abbiamo provato tanta invidia, e ci siamo detti dobbiamo farlo anche noi!
Per quanto riguarda invece la scelta dei colori saturi, che poi è quello che avvicina il video de Il Duomo di New York all’estetica degli anni ’80, è una scelta che ci è sempre appartenuta e che abbiamo già praticato con il video di Chicharrita Bum! Bum! Bum!

Questo interesse specifico per i colori da dove viene?

Ho sempre pensato che la nostra società non abbia un buon rapporto con i colori e si senta quasi minacciata dall’accostamento disarmonico, per il nostro occhio, di colori forti, e che questo gusto non appartenga assolutamente alle culture a cui abbiamo fatto riferimento: zingara, peruviana o guineiana che sia. Quindi si può dire che l’eccessiva saturazione non sia tanto una scelta legata alla moda, quanto una riappropriazione degli eccessi cromatici e una rivendicazione del nostro diritto ad usare i colori come più ci piace, ricordandoci come la loro natura energetica ci possa trasmettere – in questo caso – allegria ed energia. Se ci si pensa, tutte le correnti POPolari di rottura, nel momento in cui volevano sconvolgere i benpensanti erano molto colorate: dai figli dei fiori, ai punk, fino all’hip hop e via dicendo.

Il risultato è volutamente molto sporco e impreciso. Mi piace molto, perché sembra
recuperare alcuni aspetti della pixel e della internet art. è un riferimento voluto?

Il riferimento è voluto e inevitabile. Ci è sempre piaciuto unire al gusto retrò quello più futuristico, e lo “scarabocchio digitale” ha sempre avuto un ruolo nelle nostre grafiche, pur non abusandone per non apparire troppo modaioli. Ci attraggono e sentiamo affini molte espressioni della internet art, come più o meno tutte quelle correnti che disdegnano la grazia, in questo caso a favore del kitch, per arrivare a costruire nuove idee di armonia. E poi anche noi innalziamo l’errore, ovvero quello che nell’internet art è il glitch o l’errore di sistema, a “oggetto d’arte”, sia in musica che in video, e spesso lo prendiamo proprio come punto di partenza su cui costruire tutto il resto. E poi l’internet art può fungere anche da alibi per l’imprecisione e la pixelatura!!! Altro riferimento sia estetico che tecnico è stato il collage che, col riuso e la decontestualizzazione delle immagini, è diventato uno degli strumenti principi per la realizzazione di quadretti surreali, animati o meno.

Realizzerai altri video per Inca Misha o per altri progetti?

Con gli Inca Misha stiamo pensando di realizzare un altro video, ma soprattutto abbiamo in cantiere da anni un mediometraggio, che dovremmo cercare solo il tempo ed il coraggio di approcciare. È lì scritto, potremmo dire Coming Soon!, speriamo! Poi io ho tanti altri progetti musicali, ed è probabile che a breve mi metta a lavorare al video del primo singolo di un progetto a due batterie elettrificate: Lampredonto, dal nome del Megazord formato da Lampreda + Tonto, il cui primo lavoro verrà a breve pubblicato da UR suoni.

SINTESI
Concept
Realizzazione
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Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker, un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana e un Critico Cinematografico iscritto a SNCCI. Si occupa da anni di formazione e content management. È un esperto di storia del videoclip e del mondo Podcast, che ha affrontato in varie forme e format. Scrive anche di musica e colonne sonore. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.
inca-misha-il-duomo-di-new-york-il-videoclip-e-lintervistaInca Misha, "Band di cantautorato situazionista", sondano il cattivo gusto, i colori delle culture apolidi, gli anni ottanta meno battuti, per tornare al grado zero della musica. "Il duomo di New York" è il videoclip che veicola il nuovo album intitolato "Enjambement", fantasia visiva e Internet art allo stato brado. La clip e l'intervista con Simone Vassallo, voce e percussioni del progetto.