venerdì, Dicembre 6, 2024

Creatura di Elena Martín Gimeno: recensione, Cannes 2023

Racconto impudico del desiderio, il secondo lungometraggio di Elena Martín Gimeno realizzato a sei anni di distanza da Jùlia ist, ha ottenuto il premio Europa Cinemas Label come Miglior Film Europeo nella sezione Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2023. La regista catalana mette in scena ancora una volta se stessa, attraverso un'incondizionata energia fisica e sensoriale, alla ricerca di una rifondazione dell'erotismo, oltre le narrazioni del patriarcato.

Elena Martìn Gimeno si mette ancora una volta in gioco davanti alla macchina da presa, ma come ha avuto modo di dichiarare in varie occasioni, Creatura e Júlia ist, il suo primo lungometraggio, non possono esser considerate opere autobiografiche. Ciò non toglie che l’intensità con cui plasma frammenti della vita di Mila, la protagonista di Creatura, venga emanata attraverso una messa in scena pulsionale e materica dei corpi, tra cui il suo.

Scritto a quattro mani insieme a Clara Roquet, il film applica al personaggio centrale del racconto una tripartizione mutuata dall’indagine capillare che le due sceneggiatrici hanno condotto sulle modalità con cui il desiderio prende forma nelle diverse stagioni della sessualità femminile. Mila a cinque, quindici e trent’anni sono tre individualità che affrontano e cercano di interpretare il risveglio sessuale, nell’intrico tra la lingua del paesaggio catalano e tutto ciò che promana dall’educazione famigliare. Dialogano tra di loro attraverso il tempo, senza che i frammenti siano strutturati secondo un regime cronologico, ma rivivono circolarmente lo stesso spazio, quello che dall’infanzia all’età adulta ha mantenuto l’energia e la forza degli elementi.

Nel divenire, le figure maschili che accompagnano i suoi cambiamenti, rilanciano l’eredità patriarcale da prospettive diverse. Queste agiscono sul desiderio come un freno che ne delegittima la completa espressione. Di fronte ai numerosi tentativi di problematizzarne l’origine o di censurarne le pulsioni, questo emerge sul corpo di Mila sotto forma di violento sfogo cutaneo. La pelle della donna si riempie di efflorescenze, il prurito e il dolore la spingono in un angolo, la vagina brucia.

L’abiezione, per come è stata declinata nel cinema di Breillat, Marina De Van e più recentemente Julia Ducournau, viene affrontata da Elena Martìn Gimeno con uno sguardo altrettanto impudico, ma anche con maggiore empatia sensoriale rispetto a certe eccedenze dell’impianto teorico.
Questo le consente di affrontare alcune prove difficili, prima tra tutte la rappresentazione della sessualità infantile, senza sollecitare letture morbose e allo stesso tempo evitando la distanza cautelativa dalle ragioni del corpo.

Quella che appare come una forza erotica insopprimibile legata ad altre energie che non siano il raziocinio, viene osservata dall’interno e dall’esterno con un cinema che mette al centro la fisicità nelle diverse gradazioni in cui può manifestarsi.

Mila costruisce e tesse i fili di un desiderio ribollente, il cui fluire viene più volte interrotto, giudicato, minimizzato oppure considerato eccedente.

La censura del padre di fronte alle prime forme di percezione del piacere, risuona a distanza di venticinque anni con le paure del compagno, preoccupato di mantenere il proprio equilibrio di fronte ad una forza che interpreta come deviata e distruttiva.

Il sesso diventa allora materia esplosiva in virtù della sua marginalizzazione rispetto alle altre attività della vita collettiva. Eppure sono proprio i balli nella casa in collina a due passi dal mare, le cene con gli amici di famiglia, i colori e i profumi che circondano Mila sin dagli anni dell’infanzia a sollecitare una lettura del mondo intrisa di erotismo.

Se la realtà che fiorisce davanti agli occhi della bimba è continuamente ridimensionata dall’azione cautelativa umana tanto da generare uno strappo tra l’interno del corpo e l’esterno percepibile codificato dagli altri, il mare invece può ancora accoglierla in una dimensione inumana, nell’infanzia ancora sospesa tra l’animale e l’ignoto.

Qui risiede la qualità migliore del cinema della regista catalana, attento alla dimensione aurale, agli sciabordii, alle risonanze più oscure, allo spazio sonoro dei baci e di invisibili viscosità.

L’equilibrio tra la repulsione e l’abbandono potrà allora ricreare una nuova individualità, quando l’oscurità di un’insenatura, sarà in grado di accogliere nuovamente il corpo nudo di Mila già adulta.

Le onde ritmiche, lente e inesorabili che si infrangono e plasmano il suo corpo non determinano l’allegoria di un amplesso, ma definiscono il piacere come una relazione continua tra esterno e interno, tra rilascio, accoglienza e trasformazione.

Emerge l’insieme di potenzialità legate alla formazione di un nuovo soggetto. L’onda diventa energia capace di rifondare la materia oltre la definizione di genere.

Finalmente libera dalla necessità di accordare il desiderio attraverso il racconto del mondo definito dagli uomini, Mila dialoga con la materialità non-umana dei minerali, del sale, dei miasmi, dell’acqua. Un’immagine che supera la retorica di un ritorno al ventre materno, o quella di una penetrazione, sollecitando la creazione di un’alterità capace di generare qualsiasi altra forma da quelle conosciute.

Gioco e piacere nella comunione con gli elementi, prima della definizione di tempo, spazio e identità.
Creatura allora diventa sinonimo esperienziale di un fertile equilibrio tra le energie che eccedono, travolgono e rifondano gli organismi.

Creatura di Elena Martín Gimeno (Spagna 2023, 112 min)
Sceneggiatura: Elena Martìn Gimeno, Clara Roquet
Fotografia: Alana Mejía González
Suono: Leo Dolgan, Laia Casanovas, Oriol Donat
Interpreti: Elena Martín Gimeno, Oriol Pla, Clara Segura, Alex Brendemühl, Clàudia Malagelada, Mila Borràs, Carla Linares, Marc Cartanyà

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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