venerdì, Marzo 29, 2024

El Desconocido (Retribution) di Dani De la Torre – Venezia 72: Giornate degli autori

Carlos, funzionario di banca, comincia la giornata portando i bambini a scuola. Appena mette in moto l’automobile, riceve una telefonata anonima: sotto il sedile c’è una bomba. Una voce sconosciuta gli comunica che entro poche ore dovrà mettere insieme una somma di denaro ingente altrimenti la macchina salterà in aria.
Il primo lungometraggio di Dani De la Torre presenta una curiosa analogia con quel “Retribution” di Kiyoshi Kurosawa presentato fuori concorso a Venezia nel 2006. La traduzione del titolo in inglese li accomuna ma mentre il film di De la Torre si riferisce a una presenza sconosciuta (“El Desconocido”) che aleggia a distanza e fa pressione sul presente per punire e castigare il passato, quello di Kurosawa si riferisce al “grido” (“Sakebi”) di un fantasma che ritorna dal mondo dei morti per vendicarsi del suo aguzzino.

Tracce e segni disseminate in una città perseguitata dal suo passato, ma che nel caso di “Sakebi” gioca il ruolo dell’ombra che inghiottisce in un oscuro presagio tutto ciò che c’è intorno, mentre in “El Desconocido” la città, patinata, asettica, disinfettata da qualsiasi agente esterno dannoso, funge da pretesto per ambientarvi un thriller ansiogeno che soffoca, perché non permette di provare sentimenti differenti da quelli incasellati e pre-impostati.

La sua struttura, infatti, punta all’ebollizione di un climax sentimentale e convenzionale, rischio in cui si incorre facilmente quando il timore più grande che si ha è quello di lasciare i sensi e i sentimenti del pubblico indifferenti, preoccupandosi di creare un’esperienza indimenticabile.

Anche se la posta in gioco è apparentemente la stessa (la vita, la redenzione tramite il perdono), nello straordinario film di Kiyoshi Kurosawa non si ha mai la sensazione di dover seguire istruzioni ben precise come nel caso del ricattatore/vendicatore di “El Desconocido” del quale in un primo momento udiamo la voce telefonica.

In “Sakebi” tutto è abbandonato alla furia cieca e all’incubo, specchio con il quale ci riflettiamo e con il quale veniamo in contatto attraverso tutto quello che siamo in grado di fare, anche le azioni più riprovevoli.

Se per il poliziotto corrotto di Tokyo, il perdono ricevuto da quel fantasma “in rosso” che lo perseguitava assume la forma più di una condanna che di un riscatto, il banchiere Carlos riceve la sua benedizione, i suoi errori passati vengono semplicemente cancellati, senza il bisogno di pagare lo scotto.

“Nella vita, certi guadagnano, altri perdono; alcuni sono disonesti, altri si fidano del prossimo. Alla fine, si tratta di cavarsela per conto proprio, in un mondo in cui accadono tante cose che presto vengono dimenticate” dice lo stesso Dani De La Torre. Ma “El Desconocido” è una corsa alla sopravvivenza dove i veri deboli perdono, senza la reale possibilità di vendicarsi di coloro che li hanno deturpati in tutto e per tutto.
Una visione assai distorta quella di Dani De la Torre, per cui l’atto d’accusa mosso verso le banche che operano lo strozzinaggio nei confronti delle minoranze rimane una tematica racchiusa nel proprio compartimento stagno, addentrata nell’azione che non smette mai di puntare il piede sull’acceleratore. La velocità frenetica dell’auto guidata da Carlos non coinvolge che a livello di stomaco, lasciando la mente navigare verso altri lidi.

Rachele Pollastrini
Rachele Pollastrini
Rachele Pollastrini è curatrice della sezione corti per il Lucca Film Festival. Scrive di Cinema e Musica

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