venerdì, Dicembre 6, 2024

Captives di Atom Egoyan a Cannes 2014: siamo tutti coinvolti

Scritto da David Fraser, già consulente storico per Ararat, il film di Atom Egoyan più esplicitamente dedicato al genocidio Armeno,  il nuovo lavoro del regista Armeno-Canadese presentato oggi in concorso a Cannes 2014 racconta della giovane Cassandra (Alexia Fast) e dei suoi anni di cattività nello scantinato di Mika, un glaciale Kevin Durand, sessualmente deviato e con l’ossessione per l’aria di Mozart “Der Hölle Rache”, racconto mitico e fiabesco su una perdita. Mentre Cass è segregata, Mika osserva i suoi genitori attraverso una videocamera remota. Tina (Mireille Enos) e Matthew (Ryan Reynolds) sono i genitori della ragazza e durante questa durissima esperienza, si separeranno.  Nicole (Rosario Dawson) è la responsabile di un’unità di investigazione che lavora su casi di pedofilia e affronta il caso insieme al suo partner  Jeffrey (Scott Speedman) cosi da scoprire gradatamente la sostanza di un rapimento che ha anche un prolungamento tecnologico.  Egoyan esplora l’impatto di questo evento sulla dinamica di tre coppie, evidenziando l’influenza che avrà sulle loro vite. In conferenza stampa  ha raccontato come l’idea del film sia cresciuta dopo un evento accaduto nella sua città natale, nella west coast Canadese. L’evento riguardava un bambino scomparso in un parco, dopo un’impercettibile svista da parte della madre: “tutte le volte che torno in quel luogo e vedo i manifesti con le fotografie di quel bambino, penso ai genitori, che abitano sempre da quelle parti, vivendo solo grazie alla speranza che il figlio emerga dall’oscurità. È un evento che mi ha colpito molto perchè è legato all’idea di speranza, proprio per questo è cresciuta dentro di me una storia che si riferisse in parte al modo in cui reagiamo di fronte alla perdita e la nostra necessità di colmarla con un senso di speranza. Mi sono avvicinato a questo con approcci differenti cercando di concentrarmi sull’evoluzione di tre coppie, quella formata da Cassandra e da Mika, la ragazza rapita e il suo rapitore, con tutte le trattative che ne conseguono, tra cui il desiderio perverso e distorto di un matrimonio impossibile, mentre dall’altra parte abbiamo una coppia reale che si ama ma che non riesce più a stare unita, devono stare separati, riescono solo a torturarsi, a farsi male reciprocamente. C’è poi una terza coppia, Nicole e Jeffrey, i due polizioti, che raggiungono una strana intimità ma anche un inconsapevole livello di sofferenza autoinflitta

Ryan Reynolds per preparare il personaggio del padre di Cass, si è trovato a studiare casi molto simili a quelli raccontati nel nuovo film di Atom Egoyan: “questa ricerca mi ha fatto capire che tragedie del genere, piuttosto che unire le coppie che ne sono coinvolte, sortono l’effetto opposto e le spingono a separarsi. È una dinamica interessante vedere come per loro è importante il senso di speranza e allo stesso tempo il fatto di non riuscire a rimanere insieme per un’incapacità di adattamento agli eventi

Sempre Reynolds, in un momento diverso della conferenza stampa ha specificato come lavorare con Egoyan sia per lui importantissimo, perchè rispetto alla rigidità di altri autori con cui si è trovato a lavorare, con il regista Armeno-Canadese si sente libero di esprimere anche la sua vulnerabilità.

Mireille Einos, madre lei stessa, ha raccontato come “l’immaginazione sia una cosa molto potente. Nel costruire il mio personaggio ho pensato fino a dove potesse portarmi una situazione del genere, in quali luoghi della mente. Rimanere in uno stato di attesa e sospensione per otto anni è una cosa che non è facilmente immaginabile. Questa coppia non riesce più a stare insieme nella stessa stanza pur non essendo divorziata; è un insieme di sensazioni contrastanti e molto potenti da esplorare

Su questo contrasto Egoyan ha aggiunto che l’amore tra Tina e Matthew è anche “un’esplorazione su come due persone che si amano molto, possano anche torturarsi a vicenda con la stessa intensità. Le tre coppie del film hanno tutte una relazione molto intensa, conscia o inconscia. Matthew stesso sente questo peso in modo terribile, la sua distrazione, del tutto normale e comprensibile, ma è per lui un peso insopportabile, una colpa che non riesce ad espiare dovendosi quindi punire continuamente. L’amore tra i due,  è presente e chiaro in tutto il film, anche se non riescono più a vivere insieme

Anche Scott Speedman e Rosario Dawson hanno lavorato a lungo per preparare il loro personaggio, Speedman seguendo i poliziotti che lavorano su casi simili nella zona dell’Ontario e come le indagini influenzino la loro vita di tutti i giorni, mentre Rosario, seguendo tracce simili a quelle di Scott, è arrivata alla conclusione di quanto si debba essere sempre molto reattivi per sopravvivere a tutto questo orrore, perchè il rischio è quello di rimanerne coinvolti e distrutti: “Non molli mai, perchè è un tipo di lavoro che non ti molla mai; quando sei al parco, quando sei con la tua famiglia e osservi il volto di tutti i bambini chiedendoti se quel particolare ragazzino possa essere quello che stai cercando, come se si dovesse continuamente scavare nella propria memoria, in una banca dati sempre presente. Il mio è un personaggio che non può abbassare la guardia anche se si sente intimamente coinvolta con la storia di Tina e Matthew, assumendone spesso il punto di vista

Kevin Durand, nel ruolo del rapitore deviato, ha raccontato come sia stata importante la lettura del caso legato a Jacee Lee Dugard, il ragazzino di 11 anni scomparso nel 1991 a South Lake Tahoe in California e rapito durante il tragitto che separava casa sua dalla fermata dello scuolabus; un’evento che “mi ha spaventato moltissimo“.

Nel film, Durand ascolta Mozart, che diventa un elemento importante; “la musica” ha detto Egoyan, “è sempre stata un elemento fondamentale nei miei film, sviluppata a stretto contatto con Mychael Danna. Usare l’aria di Mozart aveva un senso ben preciso, di suggestione ma anche narrativo, legato al tema dell’Aria in termini di racconto; abbiamo però lavorato su una distorsione della purezza originaria dell’aria Mozartiana, è un lavoro di specchi e di rifrazioni che cresce piano piano insieme al mood del film.

Sulla pervasività di un occhio tecnologico, aspetto che è presente in tutti i film del regista, anche nel recente Devil’s Knot, Egoyan ha specificato quanto la nostra società sia completamente immersa “nell’ossessione di guardare e di spiare; una cultura della sorveglianza che contiene altre mille sottoculture che possono distorcere in modo estremo e con moltissime combinazioni diverse le informazioni. È come se vivessimo l’incubo di una realtà televisiva estremizzata; non abbiamo idea di chi siano gli altri osservatori e allo stesso tempo noi stessi ne siamo coinvolti come tali. Mi ha sempre affascinato creare questa tensione tra lo spettatore e il modo in cui esso stesso possa far parte dell’ordito, ovvero quanto ne sia implicato. Non è un approccio anti realistico, dal momento in cui l’essere umano è capace di compiere azioni determinate e trasgressioni molto precise, l’appetito cresce e questo diventa particolarmente insidioso, come per esempio guardare la sofferenza delle vittime. E lo stesso prigioniero, raccoglie le sue memorie e mette sopra la sua voce su queste immagini. È un concetto molto elaborato ed orchestrato e non sappiamo mai chi veramente stia guardando, sappiamo solo, e con certezza, che noi stiamo guardando. La posizione dello spettatore è per me molto importante, il modo in cui può essere coinvolto; è importante per me che sia nella posizione in cui non è del tutto chiaro fino a dove ci si possa spingere. Questo essere coinvolto coinvolge anche la stessa immaginazione, ecco perchè credo sia un territorio di ricerca molto potente

Ma la tecnologia, questi interni claustrofobici e sottoposti a sorveglianza e sopratutto questo “spiare” la sofferenza,  contrastano nel film con un paesaggio Canadese maestoso, come quello delle cascate del Niagara, una continuità delle forze naturali che ha sempre affascinato Egoyan: “una sorta di transito, proprio perchè le cascate sono al margine e sappiamo che tutt’intorno ci sono tantissimi hotel che potrebbero essere il teatro della vicenda. Per me le cascate del Niagara hanno un valore metaforico, sopratutto in inverno, perchè per buona parte son ghiacciate, e quindi forniscono l’idea di un’energia trattenuta“.

 

 

Federico Salvetti
Federico Salvetti
Federico Salvetti studia Cinema al DAMS di Firenze. Appassionato di videomaking, gira cortometraggi con un collettivo di Lucca

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