giovedì, Novembre 7, 2024

Lolo – Giù le mani da mia madre di Julie Delpy: la recensione

Julie Delpy perde una certa sofisticata distanza con il suo nuovo film, perché se nel percorso di elaborazione del personaggio scritto insieme a Richard Linklater, poi geneticamente modificato nei suoi “2 days..” come regista, erano il gioco, il motto di spirito verbale, i tic minimi e le idiosincrasie ad evidenziare appartenenza e differenze culturali, nel suo primo lavoro completamente immerso in un contesto francese perde tutti i freni inibitori e si scatena in una scorrettissima commedia sui sentimenti, che affronta l’amore filiale con una forma apparentemente simile a Tanguy di Étienne Chatiliez, ma spingendo più a fondo sulla verità dei personaggi.
In un certo senso, eredita da Linklater l’amore per la parola come luogo della mutazione, ma immergendola in un dinamismo con i tempi della commedia di situazioni.

Violette (la Delpy) è una donna single che passa il suo tempo tra uno stimolante lavoro come direttore artistico nel campo della moda e le uscite goliardiche con l’amica Ariane (Karin Viard); e sono proprio i numeri con questa ad essere tra i più gustosi, mentre si raccontano le scorribande sessuali e mimano senza ritegno un cunilingus durante un viaggio in treno. Le differenze culturali dei personaggi scritti precedentemente dalla Delpy lasciano spazio ad un’elaborazione dello stesso concetto, ma nella relazione locale tra campagna e città, buone maniere e rozza agilità sessuale. Non stupisce che le schermaglie amorose siano ingaggiate con Dany Boon, le cui interpretazioni più note sono nate e cresciute sotto il segno più superficiale di questo contrasto, ma il lavoro di scrittura fatto insieme a Eugénie Grandval punta più sul meccanismo slapstick strizzando l’occhio ad alcune produzioni americane, non ultima la serie dei Fockers, a cui la Delpy aggiunge gli elementi nevrotici e “intelligenti” della commedia Alleniana.

Quando Violette presenterà la sua nuova conquista trovata a Biarritz, nella campagna francese, suo figlio, il diciannovenne creativo Lolo (Vincent Lacoste), farà di tutto per separare la coppia, escogitando una serie di scherzi crudeli il cui spirito si avvicina sempre di più alle nevrosi irrisolte di un serial killer.

Da questo momento in poi il film della Delpy si gioca tutte le carte possibili dell’eccesso delirante, della gag catastrofica, dell’equivoco boccacesco e del numero dall’incedere musicale, in un caso, chiuso dallo stesso Lolo con un gesto che mima quello di un direttore d’orchestra. Nel ritmo velocissimo di battute e situazioni, sorprende la capacità della Delpy di far respirare i personaggi, lasciando loro lo spazio necessario per uscire dal meccanismo e dimostrarsi nevrotici, vulnerabili, incerti.
Tra battute come “Il suo cazzo ha salvato la mia vita” e la polvere per generare allergie, si fa strada la perversione infantile di Lolo e la capacità della Delpy nell’essere assolutamente se stessa, tra bellezza e goffaggine. Basta pensare ai due scontri più duri, quello a ombrellate tra Lolo e l’amante della madre, filmato in modo divertito ma allo stesso tempo con una fisicità quasi Edwardsiana, oppure al momento del confronto tra il ragazzo e la madre, piccolo balletto del distacco, non meno incisivo se il contesto fosse stato quello di un dramma sui sentimenti.

Oltre alla fotografia di Thierry Arbogast, collaboratore assiduo di Luc Besson, il film si avvale anche delle animazioni di François Grumelin Sohn, conosciuto come Kadavre Exquis (leggi l’intervista a Kadavre Exquis su Indie-eye musica) che per la Delpy ha curato la sequenza dei titoli di testa,  memori delle mutazioni a vista del Saul Bass di It’s a Mad Mad Mad Mad World, perfetta introduzione per questa commedia che desume l’ossatura più solida di alcune commedie americane senza quindi perdere di vista l’amore per i personaggi.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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