Tuxedomoon – Unearthed (Crammed Discs/Joeboy, 2011)

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All’interno di un ipotetico bestiario new wave i Tuxedomoon spiccherebbero sicuramente come la fiera più curiosa. Americani di nascita, europei di adozione, sperimentatori per vocazione, i nostri si sono emancipati quasi immediatamente dalle influenze techno pop tanto in voga a fine anni ’70 per esplorare nella più totale libertà forme espressive più complesse ed articolate. Gli studi classici del violinista Blaine Reninger, il sax jazz-noir di Steven Brown, lo stile avanguardista del bassista Peter Principle hanno contribuito a forgiare nel tempo un suono ibrido, oscuro e mitteleuropeo. Una formula raffinata, tesa a scardinare gli stretti confini della musica rock e contraddistinta da una spiccata vocazione multimediale. Non a caso il performer teatrale Winston Tong è stato una figura chiave all’interno del percorso evolutivo della band, e tutt’oggi i visuals surreali di Bruce Geduldig sono parte integrante dello spettacolo imbastito dai californiani (come abbiamo avuto modo di constatare il 5 Luglio scorso nella splendida cornice dell’Anfiteatro delle Cascine, a Firenze). Dopo un primo scioglimento a inizio anni ’90, il gruppo è tornato a calcare le scene nel 2004 con l’eccezionale Cabin in the Sky e tutt’oggi prosegue l’attività in studio e dal vivo. L’indipendente Crammed Discs celebra oggi la trentennale carriera della band con il sontuoso cofanetto Unearthed, originariamente allegato alla versione deluxe di Vapour Trails e per la prima volta disponibile separatamente. L’antologia comprende un Cd (Lost Cords) e un DVD (Found Films), e presenta nel complesso una notevole mole di materiale d’archivio. I motivi d’interesse non risiedono tanto nella parte audio (che si compone di demo inediti, b-side, e versioni live, e dunque soddisfa più che altro gli appetiti dei collezionisti più intransigenti), quanto nella favolosa raccolta di materiale video. Passando in rassegna i nastri registrati del gruppo californiano (che coprono il periodo 1977-1988) possiamo facilmente constatare come, fin dagli esordi, i nostri abbiano ricercato nell’espressione video un’integrazione e un completamento alle loro performance musicali. La folle Colorado Suite è un esempio lampante delle prime sperimentazioni su bobina effettuate dal gruppo: i colori fortemente saturati e le audaci sovrapposizioni d’immagine riflettono perfettamente la demenza robotica di composizioni come Joeboy the electronic ghost o New Machine. 1000 Lives by Pictures testimonia il lungimirante interesse per la forma del videoclip, presentando i commenti visivi a nove brani di successo, tra cui spiccano 59 to 1 e In a Manner of Speaking. In Mythical Puzzle le velleità travelogue si contaminano di umori sperimentali, mentre la magniloquente Ghost Sonata – pièce che si propone di raccontare una storia ad episodi senza l’ausilio di parole, puntando esclusivamente su una scrittura teatrale fortemente avanguardista – rappresenta forse l’apice della creatività del gruppo. In definitiva, la raccolta fornisce un eccellente punto d’osservazione per comprendere al meglio l’universo immaginifico di una delle più grandi band di sempre. Assolutamente da non perdere.

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