giovedì, Aprile 25, 2024

Cranchi Band – Volevamo uccidere il re: la recensione

A un anno di distanza dal loro disco d’esordio, l’autoprodotto Caramelle Cinesi, la Cranchi Band sceglie di mettere da parte il tema dell’amore epico per far spazio alle imprese, non più romantiche ma stavolta anarchiche, dei protagonisti delle storie narrate in questo nuovo lavoro. Con il titolo, decisamente al largo rispetto al dolce suono delle onde sul bagnasciuga evocato da Caramelle, la band di Massimiliano Cranchi sembra quasi volersi allontanare a grandi bracciate in cerca della tempesta perfetta. E laddove la forma rimane pressoché invariata – forse ancora più dolce e folk – la sostanza fa da spartiacque: i testi di queste otto nuove canzoni sono legate l’un l’altra da un unico nuovo filo, anzi una corda, ruvida e dura. È quella che intreccia la rete dell’anarchia, degli Anni di piombo, di stati d’animo che un tempo diedero vita a qualcosa che oggi ci manca. Ed è comunque un mare pescoso: “Venne un boia con la faccia da cane a vedere se ero già morto/O se finalmente ero pazzo davvero/E che misure aveva il mio corpo/Mi aprirono il cranio e mi sezionarono il cervello/Ma non trovarono ché una bandiera ricavata da un cappello” (Il cuoco anarchico).

Il disco del cambiamento apre in sordina: Cecilia, la prima traccia, sembra uscita dal set di ballate di Happy Days e con quattro rose rosse e una seconda voce ospite – quella di Francesca Amati (Comaneci, Amycanbe) – congeda (quasi) definitivamente l’amore narrato in precedenza.

Non Ricky Cunningham, quindi, ma Marco Degli Esposti alla chitarra elettrica e al piano, fa della seconda traccia un cupo inno rock a Neda, la ragazza simbolo della rivolta dell’opposizione iraniana che fu uccisa per le vie di Teheran tre anni fa. Così ha inizio la nuova avventura della Cranchi Band, che passa da distorsioni sanguinanti a sussurri acustici come fossero dei Simon & Garfunkel in chiave noir (Il cuoco anarchico).

In Gaetano, canzone che prende il nome da uno degli anarchici protagonisti del disco, troviamo una sezione ritmica d’effetto, che rivela (o conferma) la densità armonica e la forza comunicativa di un gruppo italiano ancora troppo sconosciuto.

Volevamo uccidere il re perché capissero che era solo il primo / Volevamo combattere un concetto per vedere se moriva come un contadino / Volevamo crocifiggere Maria perché era l’unica a non aver pianto / Volevamo colpire il suo dio per vedere come sanguinava un santo” (Anni di piombo): la “titletrack onoraria” del disco disancora questi trenta minuti di musica e punta all’orizzonte. Buon viaggio, e che sia per voi un Autunno caldo, Cranchi Band.

Flora Strocchia
Flora Strocchia
Flora scrive, è traduttrice, ascolta molta musica e non si perde un concerto.

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