sabato, Ottobre 5, 2024

Cosimo Bianciardi & Intima Psico Tensione “Non Sai Niente di Me”, il videoclip di Alice Cortella: l’intervista

Alice Cortella, promoter, label manager, titolare della fiorentina Red Cat, realtà poliforme che pubblica come etichetta e promuove il proprio roster, realizza anche videoclip, con una formula ormai sempre più diffusa, che è quella della centralizzazione dei servizi e delle facilitazioni da offrire ai musicisti della propria scuderia. Il marchio dietro al quale si dedica alla scrittura e alla regia di videoclip è “Ultraviolet“, condiviso con Guido Melis e costituito da una varietà di professionisti coinvolti secondo necessità.

Uno degli ultimi lavori realizzati dalla Cortella, utile per capire la sua filosofia di lavoro e l’approccio alla forma videoclip, si intitola “Non sai niente di Me“, brano tratto dall’imminente album di Cosimo Bianciardi & Intima Psico Tensione, in uscita per Red Cat il prossimo 20 settembre.
La band di Bianciardi, di cui avevamo avuto già modo di parlare per l’uscita del video “L’uomo obliquo“, è artefice di un sound potente e di difficile collocazione, che attinge in egual misura dal Pop, dal folk e dal Jazz, per come veniva già filtrato da quelle band attente ad individuare gli stimoli della contaminazione tra gli anni settanta e gli anni ottanta.

Per “Non Sai Niente di Me”, la clip della Cortella traduce in modo lineare alcuni aspetti della narrazione lirica di Bianciardi, recuperando quello stile funzionale tipico dei video industriali dell’era catodica.

Abbiamo chiesto ad Alice di raccontarci la lavorazione di “Non sai niente di me” e le sue idee sul come e perché dei videoclip nell’era della condivisione di massa.

Cosimo Bianciardi & Intima Psico Tensione, “Non sai niente di me”, il video ufficiale di Alice Cortella

L’idea del video, come è stata discussa con Cosimo e la band?

Lo storyboard è stato di fatto scritto a più mani. Io, Cosimo (cantante) e Fabrizio Orrigo (tastierista) ci siamo ritrovati inizialmente per annotare le immagini e le sensazioni che il brano ci trasmetteva all’ascolto. Da qui è stata costruita la struttura del video, scegliendo le idee migliori che convincevano tutti e legandole ad un unico filo narrativo.

Come mai hai deciso di mantenere la centralità della performance sul palco, separandola da quella più strettamente narrativa, come si faceva in alcuni video degli anni ottanta. Una necessità di immagine oppure c’è un legame tra le due sezioni?

Direi entrambe le motivazioni. La necessità arriva dal voler mostrare i volti di tutti i componenti della band, cosa che era mancata nel video precedente, per dare soprattutto più riconoscibilità al progetto stesso. Il legame fra “la fiction” e il live sono i protagonisti stessi, che vanno ad interpretare, sia suonando che recitando, il senso ed il significato del brano.

Dove sono state girate le due sezioni, quella live e quella narrativa?

La location è sempre la stessa, ovvero il Circus Club di Scandicci: un posto che calzava a pennello per noi, avendo un ottimo palco con luci per le scene live, ma anche uno “sfondo” nero e neutro per allestire le scene della fiction. Entrambi i set sono stati girati in una giornata.

Chi ha lavorato al video (produzione, post produzione, riprese, luci)?

La scrittura, come detto precedentemente, è stata frutto di una collaborazione stretta fra me e la band. Io poi mi sono occupata della regia e del montaggio. Le riprese sono state fatte da Gianluca Savi, per la fiction, e da Guido Melis per la parte live. Gianluca si è anche occupato delle luci sul set, mentre Guido ha curato la post produzione del video.

Dietro la sigla Ultraviolet con cui hai firmato il video chi c’è e chi ci lavora?

Non c’è una “squadra” fissa. Diciamo che i punti stabili siamo io e Guido Melis: a seconda anche del tipo di videoclip, contattiamo poi collaboratori esterni per la realizzazione.

Come intendi il videoclip oggi, dove il rilancio creativo, in termini di libertà, è garantito dal proliferare delle piattaforme di condivisione, ma allo stesso tempo il mercato è appiattito da un’ipervisibilità che significa anche invisibilità?

Credo che una prerogativa fondamentale per il videoclip sia quella di trovare il giusto equilibrio fra interesse e bellezza di immagini, senza prevaricare, ma anzi accompagnando il brano che il videoclip stesso va a presentare. E’ sicuramente una forma d’arte, che è nata però per essere al servizio della musica, e questo, secondo me, spesso viene dimenticato a favore di storie ed immagini che tendono a competere con la musica per catturare l’interesse dello spettatore. Al contrario, a volte viene trascurata la parte di comunicazione delle immagini, riducendo il videoclip a semplice montaggio di materiale di repertorio.

L”abbondanza di materiale che c’è in circolazione fa sì che si abbiano a disposizione davvero pochissimi secondi per catturare l’attenzione e l’interesse dello spettatore, prima che decida di passare al video successivo.

E’ necessario quindi che chi sta guardando il videoclip, sia immediatamente colpito sia dalla musica che dalle immagini e, per far sì che avvenga ciò, nessuna delle due deve tentare di prevaricare l’altra.

Che budget avevi a disposizione per il video?

La scenografia, i costumi ed il trucco sono stati realizzati da me. Abbiamo quindi avuto solo il bisogno di coprire le spese vive, ovvero l’affitto della location e gli operatori.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker, un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana e un Critico Cinematografico iscritto a SNCCI. Si occupa da anni di formazione e content management. È un esperto di storia del videoclip e del mondo Podcast, che ha affrontato in varie forme e format. Scrive anche di musica e colonne sonore. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

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