giovedì, Maggio 2, 2024

Before midnight di Richard Linklater: appunti su una trilogia

Quando la parola al cinema è più importante dell’immagine. Before midnight di Richard Linklater conferma le impressioni dei primi due film (Before sunrise e Before sunset) sulle avventure sentimentali di Jesse, interpretato da Ethan Hawke, e Celine, una bravissima Julie Delpy. Sono i dialoghi i veri motori dell’azione filmica, quelli che determinano il ritmo e la storia di un’opera che tenta di parlare dell’amore assoluto in chiave esistenzialista ma che appare fragile e poco coinvolgente.

Li avevamo lasciati a Parigi i due protagonisti, ancora indecisi sul loro futuro, due vite complesse alla ricerca di una definitiva maturità. Li ritroviamo adesso in Grecia, durante una lunga vacanza estiva, e le cose, almeno apparentemente, sembrano cambiate. Jesse e Celine vivono insieme da quel loro incontro parigino, hanno due figlie gemelle e hanno coronato la loro storia d’amore. Ma le incertezze dominano ancora i due personaggi, Jesse ha un figlio, frutto del primo matrimonio, che vive in America, e sente il peso della lontananza, dell’impossibilità di essere un padre presente; Celine è indecisa se accettare un’offerta di lavoro e non sa come crescere le due bambine. I loro turbamenti sono chiari fin dall’inizio e fanno da preludio ad una lunga giornata nella quale i due cercano di ritrovarsi, cercano di chiarire il loro rapporto e le loro esistenze arrivate oltre la soglia dei quarant’anni.

Non sarebbe corretto parlare di saga, né di ultimo capitolo di una trilogia (chissà, magari tra nove anni incroceremo di nuovo i due personaggi). Come del resto è difficile ricercare nei tre film un filo conduttore che vada oltre la relazione tra i due. Before midnight ci proietta per la terza volta dentro le vite di Jesse e Celine, vite certamente cambiate rispetto a venti anni fa, vite diverse, con nuovi traguardi e ambizioni. Se c’è una continuità rispetto ai due precedenti lavori, è senza dubbio la scansione temporale con la quale il regista torna a puntare la cinepresa sui due personaggi. Before sunrise uscì nel 1995 e si affermò subito come film di culto grazie al successo di critica e pubblico ottenuto al Festival di Berlino; medesimo il successo di Before sunset, presentato nel 2004, a nove anni di distanza dal primo e nove anni prima questo nuovo capitolo. In mezzo, Linklater ha percorso altre strade, dallo sperimentalismo dei film d’animazione (Walking life e A Scanner Darkly) ad un tentativo parzialmente riuscito di cinema-denuncia con Fast food nation.

Un altro aspetto in comune tra i tre Before è l’adesione del tempo filmico con il tempo dell’azione narrativa: c’è una continuità temporale in tutti e tre film, che si svolgono nell’arco di una giornata. Il flusso delle parole sostituisce quello dei pensieri e se l’azione è totalmente asservita alla parola, l’attenzione di Linklater si concentra anche in questo caso sulla maturazione psicologica di Jesse e Celine, alle prese con quella che loro stessi definiscono l’età della responsabilità (e menomale, prima o poi bisogna pur crescere!). Alla fine, tra uno sproloquio e l’altro, passano due ore di film e si è sentito parlare un po’ di tutto, come in un minestrone denso di ingredienti ma non per questo più gustoso: l’esistenzialismo spicciolo di Linklater arriva a definire un universo nel quale si scopre che l’amore, quello assoluto, è pura utopia; che la vita è fugace e l’uomo perde il suo tempo dietro a cose effimere, senza godersi a pieno le esperienze della vita; che il tempo scorre ed è impossibile fermarlo; che, come se non bastasse, questa non è una società per donne.

Niente di nuovo, quindi, ma l’atmosfera si prende troppo sul serio nonostante gli inserti umoristici che di certo non mancano. Jesse e Celine parlano, parlano, e ancora parlano, scambiandosi dubbi, incertezze, ricordando il passato; parlano in macchina di ritorno dall’aeroporto dove il figlio di Jesse ha preso l’aereo per tornare a casa, al banchetto conviviale con gli amici, durante una passeggiata nell’idilliaco paesaggio greco. Parlano proprio come nei due film precedenti, cosicché ci verrebbe da chiedere, con un velo di superficialità: visto che ormai vivono insieme da nove anni, tutti i giorni parlano così tanto? Ma al di là delle facili ironie, è proprio qui che il meccanismo s’inceppa e mostra tutta la sua artificiosità; in Before sunrise e Before sunset gli incontri casuali e romantici giustificavano la voglia di entrambi di conoscersi e di scoprire qualcosa dell’altro; qui, questa ricerca costante del confronto appare forzata proprio perché i due vivono insieme, condividono un tetto, una famiglia e una vita.

Certo, l’intento di Linklater è mostrare come anche l’amore più romantico, quello che ha resistito alle intemperie del tempo e agli scherzi del destino, possa entrare in rotta di collisione una volta che viene traghettato nella banalità della vita quotidiana. Attraverso il dialogo, lo spettatore ripercorre gli ultimi nove anni, si fa un’idea di come hanno vissuto i due innamorati. La sceneggiatura, quindi, recupera il passato ma lascia incerto il futuro, aprendo di fatto l’ipotesi di un nuovo capitolo nell’amore tra Jesse e Celine. Forse non sarebbe il caso di insistere, dopotutto quando si parla di rapporto di coppia, nel cinema come nella letteratura e in qualsiasi altra forma d’arte, il confine tra sentimentalismo e ricerca di un’analisi più profonda è sempre labile, e il pericolo di scivolare nel “già visto” e nel “già sentito” è assai concreto.

Se per alcuni, il film è un piccolo esempio di cinema capace di toccare le corde più profonde dell’umanità, attraverso la sublimazione romantica del quotidiano, per altri invece è solo un furbo tentativo di scaldare le emozioni. Trascurando chi, con assai senso dello sprezzo, ha paragonato Linklater a Eric Rohmer, e a chi ha visto nel rapporto tra Linklater e i suoi personaggi punti di contatto con il cinema di Francois Truffaut costruito su Antoine Doinel, questo capitolo è il più debole dei tre e ne consegue che anche i personaggi non riescono ad aggiungere altro rispetto agli altri film. Jesse è uno scrittore affermato, immaturo e tormentato dal difficile rapporto con il figlio; Celine è più nevrotica, più scomposta, attraversa una profonda crisi di mezza età e non sa darsi alcuna risposta. Nell’altro cercano in tutti i modi un appiglio, le due dimensioni fanno fatica a capirsi ma non rinunciano, per questo, alla dialettica, al confronto per superare i momenti di difficoltà.

Infine, due parole sullo stile di Richard Linklater. Anche in questo caso sono poche le novità introdotte da Before midnight. La macchina da presa è totalmente al servizio della sceneggiatura e dei dialoghi tra i due personaggi principali; Linklater alterna campo/controcampo, ripresa fissa, lunghe carrellate, ma l’obiettivo è sempre lo stesso, rimanere incollato a Jesse e Celine, non perderli mai di vista, tallonarli in modo che le loro parole si possano sempre udire con chiarezza. Tutto è convenzionale e sono assenti le soluzioni visive che il regista aveva sperimentato con il cinema d’animazione. Ci accorgiamo dell’istanza autoriale solo nella scena finale, quando la macchina da presa lentamente si allontana dai protagonisti, lasciandoli finalmente soli. La notte è calata, mezzanotte è già passata e noi ci ritiriamo dalle vite di Jesse e Celine. Chissà quante cose avranno ancora da dirsi nei prossimi nove anni. A noi, francamente, poco importa.

Michele Nardini
Michele Nardini
Michele Nardini è laureato in Cinema, Teatro e produzione multimediale all’Università di Pisa e ha alle spalle un Master in Comunicazione pubblica e politica. Giornalista pubblicista, sta maturando esperienze in uffici stampa e in redazioni di quotidiani, ma la sua grande passione rimane il cinema

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