giovedì, Novembre 14, 2024

Verbrannte Erde di Thomas Arslan: recensione, Berlinale 74

Arslan rivisita il genere Krimi nel suo film più riuscito dal 2010. Visto nella sezione Panorama della Berlinale 74

Idea ottima, quella di Thomas Arslan di tornare a casa. Una casa metropolitana nella forma di Berlino. Una casa abitata da malfattori ben vestiti, criminali da strapazzo e scorci disperati, rarissimi da trovare nel bel mezzo della gentrificazione imperante.

Avevamo lasciato Arslan in Norvegia per Helle Nächte (2017), film rispettatissimo e noiosissimo, tentativo di applicare il “weniger ist mehr” della Berliner Schule nella cornice già minimalista di una vignetta familiare. Fallito, a detta di chi scrive, perché non sempre la regola d’oro di togliere alza la qualità: a volte crea solo dei buchi tutti uguali. Un problema che aveva azzoppato anche la ricezione di Gold (2013), western teutonico troppo esangue, e troppo pulito, per essere un western.

L’ambito in cui il metodo della Berliner Schule, o semplicemente il talento di Thomas Arslan, funziona meglio è quello del romanzo criminale per immagini fiondato tra le pieghe di una città stanca, notturna nel senso del sonno, grigia e meschina. Ad Arslan il Krimi piace e si vede, tant’è che questo ritorno a casa – e alla forma – riprende il personaggio principale del suo ultimo film in tema, Im Schatten (2010), Trojan, interpretato da un Mišel Matičević meravigliosamente sfatto.

L’intreccio conta il giusto: quel che conta, nell’economia del film, è il polso sicuro paradossalmente accoppiato con la “vecchia mano tremolante” dell’Old Shatterhand di Karl May. Criminale sì, ma senza gli steroidi dei film di Scorsese o le furberie delle mille serie tedesche a base di sbirri scapestrati e Scientifica rampante.

Inutile aspettarsi esplosioni, giravolte degne di Ethan Hunt o tripli finali da Verbrannte Erde, la cui terra bruciata è tutta interiore. Certo, la stilizzazione dei titoli sembra un’ironica strizzata d’occhio agli anni Ottanta, a un videogioco, forse a Winding Refn.

La stilosa musica elettronica di Ola Fløttum ci mette del suo. Le sequenze d’inseguimento al volante non mancano. Ma a trainare il film è il corpo pesto di Trojan, che taglia il traguardo quasi per miracolo e non riesce a fermarsi, nemmeno per godersi qualche spicciolo e una eventuale conquista amorosa.

Trojan entra nel film e ne esce come attraversando un’unica inquadratura da sinistra a destra, arrivandoci come un ladruncolo e andandosene come un ladruncolo. Le informazioni ufficiali sul film parlano del secondo capitolo di una trilogia. Se è questa la condizione affinché Arslan continui a girare a Berlino, scrivendo come sa scrivere e trovando location scoranti come solo lui le sa trovare, allora che trilogia sia.

A confermare il ritorno a casa c’è anche Tamer Yiğit in una piccola parte, volto che riporta subito alla memoria i primi due imperdibili film di Arslan, Geschwister (1997) e Dealer (1999).

Verbrannte Erde di Thomas Arslan (Titolo internazionale, Scorched Earth – Germania 2024 – 101 min)
Interpreti: Mišel Matičević, Marie Leuenberger, Alexander Fehling, Tamer Yiğit
Sceneggiatura: Thomas Arslan
Direttore della Fotografia: Reinhold Vorschneider
Montaggio: Reinaldo Pinto Almeida

Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi
Simone Aglan-Buttazzi è nato a Bologna nel 1976. Vive in Germania. Dal 2002 lavora in campo editoriale come traduttore (dal tedesco e dall'inglese). Studia polonistica alla Humboldt. Ha un blog intitolato Orecchie trovate nei prati

ARTICOLI SIMILI

Voto

IN SINTESI

Arslan rivisita il genere Krimi nel suo film più riuscito dal 2010. Visto nella sezione Panorama della Berlinale 74

CINEMA UCRAINO

Cinema Ucrainospot_img

INDIE-EYE SU YOUTUBE

Indie-eye Su Youtubespot_img

FESTIVAL

ECONTENT AWARD 2015

spot_img
Arslan rivisita il genere Krimi nel suo film più riuscito dal 2010. Visto nella sezione Panorama della Berlinale 74Verbrannte Erde di Thomas Arslan: recensione, Berlinale 74