domenica, Maggio 5, 2024

Les Enfants du Paradis, il capolavoro di Marcel Carné restituito al suo pubblico

Riportato alle dimensioni originarie dopo lo scempio delle edizioni italiana e statunitense, che lo ridussero a 95 minuti, affibbiandogli inoltre un titolo da romanzo d’appendice, Amanti perduti, il film recupera oggi il suo status originario per raccontare una delicata storia d’amore nella Parigi del 1840. Protagonista una compagnia di attori del teatro popolare dei “Funambules“, il luogo degli eventi é il Boulevard du Temple, detto anche Boulevard du crime. Jean-Baptiste Debureau (Jean-Louis Barrault), Garance (Arletty). Frédérick Lemaître (Pierre Brasseur), Lacenaire (Marcel Herrand ), e il Conte di Montray (Louis Salou) sono i protagonisti di un incrocio sentimentale che sboccia e si sviluppa nella prima parte e arriva all’epilogo nella seconda, con uno stacco temporale di sette anni.
Baptiste, il mimo, é il protagonista assoluto, benché circondato da comprimari di grande statura. Sua é l’icona indimenticabile del Pierrot dall’ampio costume bianco e la faccia infarinata segnata dalle lacrime, corrispondente cinematografico dei celebri Pierrot lunaire di Schöenberg, Petruska di Stravinsky e Bip di Marcel Marceau. La sua figura sinuosa si muove leggera sulla scena, dà vita senza parole a quelle magnifiche pantomime che il suo pubblico ama perché les enfants du Paradis  sono come lui: “Sì, comprendono tutto, perché sono povera gente, ed io sono come loro. Li amo, li conosco: la loro vita è assai piccina, ma fan sogni splendidi, e non vorrei soltanto farli ridere, vorrei farli sognare, fremere d’emozione e di piacere. E tutto ciò senza dire loro un sì.
Il suo amore per la bella Garance é assoluto e totalizzante, e perciò destinato ad essere solo un sogno in un mondo che, ricorda Shakespeare:“E’ un palcoscenico in cui uomini e donne sono gli attori. Essi vi fanno i loro ingressi e le loro uscite”. Garance, effimera e inafferrabile come il fiore di cui porta il nome, é quel che si dice una donna che ama l’amore: “Non me ne dovete volere, – dice a Baptiste – ma infine non sono affatto come volete voi. Bisogna comprendermi, sono semplice, tanto semplice: io sono così, amo piacere a chi mi piace, e quando ho voglia di dire sì non so dire di no. E’ talmente semplice l’amore“.
Eppure, nonostante la leggerezza con cui passa dalle braccia del bandito Lacenaire a quelle di Lemaître per finire, da ultimo, in quelle cariche d’oro del conte di Montray, sarà l’amore per Baptiste il fil rouge della sua vita. Solo Baptiste, infatti, sa guardarla con gentilezza e amarla, é il silenzio la sua carta vincente, il sogno la sua dimensione: “Sognare e vivere é lo stesso; se non fosse così che varrebbe vivere?
Ma Les enfants du Paradis non è una storia romantica e neppure la favola bella dell’amore sublime. Dietro la leggerezza apparente di quadri che scorrono veloci, nel tourbillon vorticoso di personaggi che appaiono e scompaiono, c’é una meditazione profonda sull’uomo e il suo destino, una messa a fuoco folgorante sull’identità di ognuno. Balzano in primo piano i caratteri, vengono in superficie miserie e grandezze, cadono maschere e si svelano mondi inaspettati. E’ la grande platea dell’ umanità quella che si agita fra il Théâtre des Funambules e le strade adiacenti, dove si ride e si piange, inseguendosi come i cavalli della giostra senza raggiungersi mai.
Il carnevale chiude il film come una pazza esplosione di vita che ha tutti i presagi della morte. La folla si stringe intorno a Baptiste che insegue disperato Garance, fuggita per sempre. Lo soffoca, lo preme, è una massa di maschere bianche come fantasmi che si agitano nell’aria completamente annebbiata da nuvole di coriandoli. Il bianco e nero della pellicola qui tocca vertici ineguagliati, un sudario bianco sul letto nero della morte. Mentre scende il sipario.

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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