mercoledì, Ottobre 16, 2024

Affinità/Divergenze fra il compagno Ferretti e noi Del conseguimento della maggiore età: Ortodossie (2/4)

Continua lo speciale dedicato ai CCCP e a Giovanni Lindo Ferretti, scritto da Federico Fragasso, questa è la seconda di quattro parti complessive

(… 2/4) la prima parte dello speciale sui CCCP puoi leggerla da questa parte.

Il primo 45 giri viene pubblicato dall’indipendente Attack Punk nel 1984 e si intitola programmaticamente Ortodossia. In copertina, soldati dell’Armata Rossa eseguono il passo dell’oca. Sarà l’episodio più marcatamente filosovietico dell’intera produzione: i brani in esso contenuti serviranno al gruppo per tracciare i confini del proprio universo culturale.
Un feedback e una cassa in quarti lanciano la sarabanda post-punk di Live in Pankow (dal nome del quartiere in cui risiedeva la dirigenza comunista a Berlino Est), sostenuta da un basso potente e squarciata dall’ostinata chitarra di Zamboni. Ferretti urla “voglio rifugiarmi sotto il Patto di Varsavia, voglio un Piano Quinquennale, la stabilità!!! live in Mosca, live in Budapest, live in Varsavia, live in Sofia, live in Praga, live in Pankow!!!”, prendendo le distanze dai modelli rock angloamericani e auspicando un consorzio punk eurocontinentale. Cita a proposito la Kraftwerkiana Trans Europa Express, che qui diventa “Trance Europa Express”, perché “di qua e di là dal muro l’Europa è persa in trance, in Alexanderplatz come in Piazza del Duomo”. Come a dire che il disagio è lo stesso da qualunque lato della cortina di ferro lo si guardi. Spara Jurij è una scheggia hardcore che scippa il riff a Sonic Reducer dei Dead Boys. Lo spunto tematico del pezzo è fornito da una notizia di cronaca: l’abbattimento di un Boeing carico di passeggeri americani – accusato dal Cremlino di essere un aereo spia – sui cieli sovietici. Lo Jurij a cui Ferretti presenta le proprie felicitazioni è nella fattispecie Jurij Andropov, segretario generale del Partito Comunista Sovietico dal 1982 al 1984. In definitiva, un meraviglioso esempio di provocazione e cattivo gusto. Punk Islam combina un beat militaresco con chitarre distorte dal sapore mediorientale, generando un’atmosfera psichedelica. Ferretti salmodia come un muezzin, riproponendo la filosofia del pezzo di apertura ma spostandone i confini geografici ancora più ad est: “Punk in Beirut, Punk in Smirne, Punk in Ankara…Istanbul Tanz, Tanz Istanbul…Punk Islam, Punk Islam, Punk Islam und Islam Punk”. Si tratta in effetti di un omaggio all’anima turca di Berlino, come evidenzia la citazione dai DAF “Wir Sind die Türken Von Morgen” (“siamo i turchi di domani”). Il testo è piuttosto criptico ma dimostra notevoli capacità poetiche in frasi suggestive come “se fossi un figliol prodigo avrei un vitello grasso”, “a Istambul sono a casa, ho un passato e un futuro, ho un presente che è Dio e fa la cameriera!!!” o “Allah è grande, Gheddafi è il suo profeta!!!”. La seconda tiratura dell’album, intitolata Ortodossia II°, conterrà anche Mi Ami?, prima tappa di un avvicinamento tematico alla realtà emiliana su cui si concentrerà il seguente lavoro. La musica inizia come liscio romagnolo, su cui Ferretti intona la storica cantilena “un’erezione triste per un coito modesto, spermi indifferenti per ingoi indigesti”. Poi il pezzo cambia marcia trasformandosi in un punk sostenuto e melodico, mentre le parole si susseguono alla velocità della luce nel fornirci il resoconto di una scopata dall’esito incerto: “sfiorarti come a caso, con aria imbarazzata, atmosfera pesante, elogio della tensione, tranquillità assoluta, tranquillità assoluta, tranquillità assoluta!!!”.

Compagni, cittadini, fratelli, partigiani, pubblicato nel 1985, evidenzia già dal titolo la volontà di riallacciarsi alla tradizione emiliana, con il ritorno a tematiche più vicine alla quotidianità del gruppo. In apertura il furioso hardcore di Militanz: “Io devo bere un po’ di questo amaro calice, io devo berne molto, fino a toccare il fondo…luce spezzata, azzurra…mitra, imbracciati, neri…i documenti, svelti!!!” urla Ferretti, aprendo uno squarcio sulla sua vita precedente. Vita da cui prende definitivamente le distanze sentenziando “fuori da tempo e storia, via dall’eternità spiegata e rispiegata, dai cicli e dai progetti, dai radiosi futuri, dal sol dell’avvenire, dalle gloriose armate, dalle stelle, dai simboli, dalle albe umanitarie: il passato è afflosciato, il presente è un mercato!!!”.
Il gap fra quel che si è e quel che gli altri vorrebbero che fossimo come misura dell’emarginazione sembra il tema della concitata Sono Come Tu Mi Vuoi. Ferretti si paragona ad “un vuoto a perdere, uno sporco impossibile…un dato per perso, una pratica evasa, una vertenza chiusa, un vicolo cieco, un pozzo senza fondo”, concludendo infine: “non sono come tu mi vuoi”.
Morire è aperta dalla melodia orientaleggiante della chitarra di Zamboni. “Non so dei vostri buoni propositi perché non mi riguardano…la morte è insopportabile per chi non riesce a vivere” rimugina cupamente Ferretti. In questo contesto quel “lode a Mishima e a Majakovskij” sembra rendere merito al gesto estremo – il suicidio – con cui i due artisti si sono liberati di un’esistenza immeritevole. Segue un brusco cambio di ritmo trainato dal riff epilettico del basso, mentre la chitarra di Zamboni si esibisce nella sua migliore imitazione di una grattugia impazzita. Ferretti urla a squarciagola uno slogan destinato a divenire celebre – “produci, consuma, crepa!!!” – che sintetizza meravigliosamente lo spirito consumistico e superficiale di metà anni ‘80.
Aspetto un’ emozione sempre più indefinibile” mormora il cantante, trascinandoci nel baratro di Emilia Paranoica. La batteria elettronica sbuffa come una locomotiva a vapore, il basso pulsa profondo, Zamboni partorisce un riff straziato e lancinante. Resoconto ordinario del malessere provinciale italiano: sballarsi per fuggire la noia (“il Roipnol fa un casino, se mescolato all’alcool…due, tre, quattro plegine”), la realtà che irrompe in forma confusa dai notiziari televisivi (“brucia Tiro, Sindone…bombardieri su Beirut”), il ripetersi di un’esistenza priva di avvenimenti (“Emilia di notti dissolversi stupide, sparire ad una ad una impotenti, in un posto nuovo dell’ARCI…Emilia di notti tranquille in cui seduzione è dormire”).

Nel 1986 arriva l’esordio sulla lunga distanza, quel Affinità/Divergenze fra il Compagno Togliatti e Noi – Del Conseguimento della Maggiore Età che costituirà anche l’ultima uscita indipendente della band. Il titolo riecheggia un trattato redatto dai comunisti cinesi nei primi anni sessanta, che avrebbe poi sancito la nascita dell’estrema sinistra in tutta Europa. Il sottotitolo evidenzia la volontà di evolversi, di prendere le distanze dal contesto politico/culturale sopraccitato. L’apertura del disco, affidata a CCCP, è pari all’impatto frontale con un treno merci. Da prima un basso singhiozzante ed una tetra fisarmonica contribuiscono a creare un’atmosfera cupa. Poi, senza alcun preavviso, irrompono il grattugiare metallico di Zamboni e il ritmo schiacciasassi della batteria elettronica. Ferretti porta all’estremo il suo citazionismo presentando l’essenza dell’estetica filosovietica con un linguaggio da spot pubblicitario: “Pravda! Rude Pravo! Tribuna Ludu! KGB! altro che nuovo nuovo! sensazionale! afferrare l’occasione propizia! indicare con una crocetta la qualità, la quantità desiderata! Fedeli alla linea! Fedeli alla Linea! CCCP! SSSR!”. La volontà di ortodossia nella filosofia del gruppo è esplicitata dallo slogan “Fedeli alla Linea anche quando non c’è”. L’ossatura di Curami è un tipico giro punk di tre note, cui si appoggia un malinconico xilofono. Ferretti supplica il suo interlocutore, medico o amante che sia: “curami! curami! curami! prendimi in cura da te! che ti venga voglia di me!”. La frase “solo una terapia!”, ripetuta con fare autistico sul break, riallaccia la tematica del pezzo all’esperienza del disagio psichico. Dopo un recupero di Mi Ami? è la volta di Trafitto, punk rock rallentato e atmosferico. Per quanto criptico il testo è sempre stato uno tra i preferiti di chi scrive, un concentrato di malessere esistenziale, poesia dadaista e reminiscenze politiche: “…nel bel mezzo del progresso di diversi colori fra i quali il nero, il verde, il moderno…tifiamo rivolta! tifiamo rivolta!…mi ricordo di discorsi belli tondi e ragionevoli…trafitto sono, trapassato dal futuro, cerco una persona…fragili desideri, a volte indispensabili, a volte no”. Valium Tavor Serenase traccia un parallelo tra la condizione del punk e quella del matto: “di che cosa vi fate? quale la vostra pena? qual è il vostro problema? perché vi batte il cuore? per chi vi batte il cuore? meglio un medicinale o una storia infernale? meglio giornate inerti o dei capelli verdi?” si domanda Ferretti su un furioso riff hardcore. Geniale il breve intermezzo in ¾ che cita il liscio di Secondo Casadei. Anche Morire viene recuperata in scaletta, seguita dal motorik teutonico di Noia. Da prima solo la batteria elettronica riecheggia ossessivamente in lontananza, quasi a voler sottolineare il significato delle parole di Ferretti: “…è l’attualità, noia normale, noia mortale…non so dove, non so cosa, non so quando, non so più, non so, non so…”. Poi il mix cambia marcia e gli strumenti tornano in primo piano, conducendo il pezzo ad una coda dove il feedback della chitarra la fa da padrone. Io Sto Bene è un ballabile punkettone che riassume in poche frasi l’inerzia giovanile degli anni ’80, anche se in verità il testo si riferisce alla condizione dei malati mentali: “io sto bene, io sto male, io non so come stare, non studio, non lavoro, non guardo la TV, non vado al cinema, non faccio sport”. Allarme è un cupo tango con tanto di fisarmonica, le cui parole dipingono una figura femminile dal fare sprezzante: “torci le labbra a curva, in gesto di amarezza indifferente, più reale del vero che spesso sembra stupido, usa il cervello e i nervi con disinvoltura e mira al cuore” esorta Ferretti, concludendo sul sabbathiano riff finale che “muore tutto, l’unica cosa che vive sei tu, muore tutto, vivi solo tu”. Una versione “remiscelata” di Emilia Paranoica, se possibile ancora più oppressiva dell’originale, porta il lavoro alla sua degna conclusione. (2/4 – Continua…)

Federico Fragasso
Federico Fragasso
Federico Fragasso è giornalista free-lance, non-musicista, ascoltatore, spettatore, stratega obliquo, esegeta del rumore bianco

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