Nirvana – Nevermind Deluxe Edition

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David Markey Kurt Cobain Kim GordonPolly non sarebbe la prima scelta del sottoscritto, ma è il brano che più di ogni altro serve a dimostrare una semplice verità: qualunque pezzo dei Nirvana risulterà egualmente efficace se riprodotto con una chitarra elettrica o con una chitarra acustica (cifra al riguardo le versioni alternative contenute in Incesticide e From the Muddy Banks of the Wishkah). Tale affermazione accusa indirettamente Cobain di scarsa attitudine sperimentale, ma evidenzia doti compositive che non sono proprie di chiunque. Persino Territorial Pissing, il brano più rauco e punk, quello registrato con la chitarra collegata direttamente al mixer, quello in cui Cobain perde la voce in diretta, ha un che di arioso e scintillante. Smells Like Teen Spirit, croce e delizia del suo autore, è quasi ridicola nella sua ovvietà: la composizione che ha portato all’attenzione del grande pubblico il tipico pattern nirvaniano, schiera un riff derivativo (l’hanno accusata di copiare i Pixies, More than a Feeling dei Boston e Godzilla dei Blue Öyster Cult) e un assolo che ricalca la melodia della voce. Da non credersi. Ma, nonostante tutto, quel ritmo e quell’accozzaglia di parole (e aggiungerei: un video epocale che nel processo ha giocato un ruolo non da poco) riescono davvero a trasmettere la sensazione elettrizzante di una rivoluzione imminente. Una volta constatata la potenzialità commerciale dei brani di Nevermind, non dovrebbe stupirci che i Nirvana siano riusciti ad allargare esponenzialmente la propria base di pubblico, mantenendo al contempo credenziali underground accettabili. Ci sarebbe da chiedersi, piuttosto, come i testi di Cobain siano riusciti a raggiungere un così alto numero di individui, suscitando un’empatia raramente registrata negli annali del rock. Che le confessioni da cuore infranto di Morrissey facessero leva sulla depressione adolescenziale è comprensibile. Ma come è stato possibile che tante persone si riconoscessero in composizioni assemblate secondo la tecnica Burroughsiana del cut-up? La domanda assume risvolti inquietanti se consideriamo che a tratti Kurt parla di carne masticata, passata con un bacio da una bocca all’altra fra ragazzini intubati in una corsia d’ospedale… Roba da psicoanalisi, evidentemente necessaria per tutti quanti noi. Sebbene comunicativi, tuttavia, i brani di Nevermind non avrebbero raggiunto gli stessi risultati con una produzione lo-fi che ne soffocasse la freschezza melodica. In questo caso, però, il successo di massa è stato un obbiettivo perseguito fin dall’inizio da tutti coloro che hanno preso parte al progetto (Cobain in testa). Di conseguenza il prodotto è stato impacchettato a regola d’arte. (continua alla pagina successiva…)