sabato, Dicembre 14, 2024

The sisters Brothers di Jacques Audiard – #venezia75 – Concorso: recensione

Jacques Audiard, regista parigino pluripremiato a Cannes (Palma d’Oro per Deephan nel 2015 Grand Prix speciale della Giuria per Il profeta nel 2009, film che ha ricevuto anche una nomination all’Oscar come miglior film straniero), arriva alla 75° Mostra del cinema di Venezia con un film western decisamente sui generis, che vede anche la presenza di un cast di tutto rispetto. The Sisters Brothers, la cui sceneggiatura è firmata dallo stesso Audiard, è tratto dal romanzo western-picaresco “Arrivano i Sister” di Patrick deWitt.

Quattro i protagonisti del film, quattro perni sui quali costruire sequenze d’azione, scambi di battute ed eventualmente, di proiettili: innanzitutto ci sono loro, Charlie e Eli ovvero i fratelli Sister del titolo, interpretati da Joaquin Phoenix e John C. Reilly, due fratelli pistoleri dal grilletto facile e dai pochi peli sulla lingua, assassini di professione ma goliardi nell’animo. Loro obiettivo è rintracciare e uccidere il cacciatore d’oro Hermann Kermit Warm (Riz Ahmed), indicato come colpevole di un furto in realtà mai perpetrato: Warm è un chimico con in mano l’incredibile formula di una sostanza capace di far brillare le pepite sul letto del fiume, facilitando così il processo di individuazione dell’oro.

Ad aiutare il chimico c’è il “fidato” collaboratore Morris (Jake Gyllenhaal), pistolero che ha colto l’occasione di scortare Warm durante la sua avventura. A spingere Wam a cercare l’oro è l’idea di un progetto utopico: la fondazione di una comunità in cui vivere pacificamente secondo leggi giuste.

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In The Sisters Brothers la vena comica la fa da padrona, spingendo in secondo piano ogni altro aspetto del film, incluso il genere e le comunque avvincenti scene d’azione. Un lavoro mediocre, considerata la filmografia di Audiard, che comunque sfrutta la materia del romanzo al meglio, con l’ausilio di un cast che è il vero punto di forza del film: le parti sono bilanciate e la coppia di fratelli pistoleri dalla diversa indole ricorda molto quei polizieschi comici con il bad cop e il good cop (qui possiamo dire di avere una coppia di mad cops). Il plot funziona come facile formula d’intrattenimento, e un western-dramedy non si vede tutti i giorni, ma in definitiva non si tratta di un film che lascia il segno: adatto a chi predilige una visione spensierata, con un po’ di risate, una suggestiva scenografia (le location sono bellissime) e qualche momento drammatico.

Quest’ultimo aspetto non va infatti tralasciato; il film sa prendersi seriamente in alcuni frangenti, invitando ad una risata in fondo un po’ amara e mettendo in evidenza alcuni temi chiave di questa storia, quali la cupidigia umana e i danni che procura, oppure il valore delle cose semplici ma grandi come l’amore tra madri e figli. Interessante poi il finale, che forse riuscirà a sorprendere (e far sorridere) anche gli spettatori più esigenti.

Michele Bellantuono
Michele Bellantuono
Veronese classe '91, laureato in Filologia moderna e studioso di cinema autodidatta, svolge da alcuni anni attività di critica cinematografica per realtà online. Ha un occhio di riguardo per il cinema di genere e dell'estremo oriente

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