lunedì, Ottobre 7, 2024

Tiramisù di Fabio De Luigi: la recensione

Fabio De Luigi debutta dietro la macchina da presa e si porta dietro parte della sua famiglia televisiva, quella formatasi a Colorado. Tiramisù è l’ennesimo tentativo di raccontare un’Italia condotta sull’orlo di un baratro per un’attitudine inarrestabile a truccare le carte, scambiarsi favori, raggiungere la gestione del potere dimenticandosi di qualsiasi valore individuale e collettivo, insomma “una novità”. De Luigi si serve di un motivo tiepidamente surreale per raccontare questo gioco di ruoli e nel film interpreta un rappresentante sanitario incapace di ottenere solidi profitti, fino a quando scoprirà che il Tiramisù della moglie (Vittoria Puccini) riscuote un incredibile successo tra amici, parenti e colleghi, tanto da diventare un vero e proprio lasciapassare per infilare un successo aziendale dietro l’altro.

Il Tiramisù ha quindi una doppia funzione, sostituisce simbolicamente mazzette e corruttela e allo stesso tempo relega sullo sfondo la figura della Puccini, moglie fedele che rinuncia alle proprie ambizioni per diventare serva e strumento del marito. Sono i confini esilissimi entro cui si muove tutta l’allegoria del film, pericoloso polarizzatore che neutralizza completamente l’innesco della commedia.

Questa di fatto non esiste, ridotta com’è alla presenza immutabile del Tiramisù come agente propulsore della gag, il solo gioco simbolico a cui si affida De Luigi. Ne consegue una scrittura sfilacciata, senza capo ne coda, legata ad un meccanismo che isola i personaggi ad una serie di funzioni immobili, che si ripetono identiche per tutto il film. De Luigi è ovviamente al centro e intesse relazioni binarie (l’insopportabile fratello della consorte, l’amico sfigato che apre il negozio di Vino e Vinili, la seduttrice Giulia Bevilacqua, la moglie inerte come la madonna)  che si concludono in una dimensione episodica, non generando mai una reazione a catena o quel dinamismo causale che è alla base anche della peggior commedia.

La derivazione quindi è quella dello sketch breve, dell’episodio televisivo, della comicità da camera che non riesce ad uscire dallo spazio del soliloquio e dal recinto del primo piano; tra sketch e messinscena c’è in effetti un gran lavoro da fare.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

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