domenica, Maggio 5, 2024

Blur all’ippodromo del Galoppo di Milano: un concerto non proprio memorabile

È  alquanto difficile prendere le distanze dai toni magniloquenti e entusiasti sul concerto di ieri dei Blur. E non solo nei confronti di tutti quelli che si guadagnano con scioltezza la targa di amico per il solo fatto di essere gomito a gomito con te, immersi nella calura, ad attendere l’inizio del concerto. E’ difficile anche per chi scrive queste righe a meno di ventiquattro ore dal concerto. Grandi assenti, oltre l’ossigeno, non sono solo i Blur dei tempi d’oro, ma quelli che un anno fa hanno infiammato Hyde Park in occasione della chiusura delle olimpiadi.

Sono le nove e mezza quando i quattro entrano, chi impeccabile col gozzo chiuso da un collo coreano come il bassista Alex James  e chi con passo meno sicuro come Graham Coxon. Parte Girls & Boys per la gioia delle prime file che subiscono da subito il giusto attacco delle retrovie. La scaletta prosegue assestando bei colpi;  Popscene, There’s no other way, Beetlebum, il tutto accolto dal coro generale di una platea sorprendentemente anglofona.  Sulla note di Coffee and TV, il pubblico fa ondeggiare in direzione palco un gigantesco Mr. Milk completo di mani e piedi tutt’altro che di cellulosa. Un colpo di genio e un gran lavoro di collage ripagato subito dal buon Damon che, con evidente piacere, invita il paladino della folla a saltellare sul palco. Grazie, chiunque tu sia, per aver suggerito alle donzelle presenti un’immediata replica in versione Mrs. Milk.

Fin qui sembrerebbe idilliaco, passione alle stelle, un pubblico che si sgola scandendo Tender e esplode dopo l’encore frollandosi con Song 2. Quanto costa dire che in tutto questo c’è Coxon che si regge con evidente fatica sul palco, ciondola di fronte al microfono,  si accortoccia barcollando staccando il jack della chitarra. Fosse solo questo, il problema sono gli attacchi sbagliati, gli assoli pasticciati tanto che la regia sceglie con garbo di non dedicargli una sola inquadratura, preferendo nascondere tutto nel beneficio della distanza. Neppure il sorriso dorato di Albarn riesce a smorzare quel po’ di tensione che si crea sul palco e far filare tutto liscio. 

Un buon concerto,  non dei migliori, non memorabile,  ma che non va a scalfire l’adorazione che i quattro si sono guadagnati. Mi piace pensare che la prossima data a Roma troverà un pubblico più fortunato di quello di Milano.
 

Giulia Bertuzzi
Giulia Bertuzzi
Giulia vede la luce (al neon) tra le corsie dell'ospedale di Brescia. Studia in città nebbiose, cambia case, letti e comuni. Si laurea, diventa giornalista pubblicista. Da sempre macina chilometri per i concerti e guadagna spesso la prima fila.

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