mercoledì, Dicembre 11, 2024

Relic di Natalie Erika James: recensione del Blu Ray Blue Swan

Relic è il debutto dietro la macchina da presa dell'australiana Natalie Erika James. Atipico film horror che cerca di trasporre l'esperienza dell'Alzheimer in una dimensione spaziale, ottica ed infine dolorosamente fisica, esce in Blu Ray il prossimo marzo 2021 grazie a Blue Swan Entertainment con distribuzione Eagle Pìctures. Leggi la nostra recensione in anteprima

Relic, il debutto di Natalie Erika James

L’improvvisa scomparsa dell’anziana Edna dalla casa dove abita, mette in allarme la figlia Kay e la nipote Sam, accorse per avere notizie della donna. L’ottantenne tornerà a sorpresa dopo tre giorni, con i segni cognitivi dell’Alzheimer via via sempre più acuti nella loro fase degenerativa, con il passare dei giorni. Ka inizialmente pensa di recarsi a Melbourne, per individuare una casa di riposo in cui ricoverare la madre, mentre Sam si oppone, decidendo di trasferirsi in casa della nonna per seguirla personalmente. Da quel momento però le tre donne scoprono una
presenza sinistra che tormenta la residenza e prende il controllo della stessa Edna, iniziando a logorarla dall’interno.

Relic e il rifiuto della morte; note sul debutto di Natalie Erika James

Nell’evoluzione della demenza senile, mente e corpo sono inestricabilmente connessi. L’autunno del cervello è strettamente legato al declino delle funzioni fisiche, con una gerarchia ancora difficile da stabilire, tanto da convincere alcuni ricercatori che l’applicazione di un metodo specifico di allenamento fisico possa contribuire a limitare l’insorgenza dell’Alzheimer in tarda età, insieme al contenimento di altri fattori a rischio. Nell’esperienza comune, la percezione esterna dell’altrui oblio è un trauma capace di riconfigurare le facoltà fisico-affettive, mettendone a rischio limiti e confini. Natalie Erika James racconta proprio questo, quando in alcune interviste indica come cellula originaria di “Relic“, la recente visita all’anziana nonna, residente in una vecchia casa giapponese. Quello spazio alieno, capace di far emergere sopite paure infantili, si salda con la perdita delle funzioni cognitive esperita dall’anziana signora. La mente, il corpo e la casa, sono tre elementi centrali nel primo lungometraggio della regista apolide australiana, atipico film horror che cerca di trasporre l’esperienza dell’Alzheimer in una dimensione spaziale, ottica e dolorosamente fisica.

Sarah Polley, al suo esordio dietro la macchina da presa, si era concentrata sull’erosione dell’immagine per raccontare la relazione di Julie Christie con la memoria, ribaltando quella tra fuori campo e inquadratura insieme al direttore della fotografia Luc Montpellier. In “Away from her”, l’occhio spinto al limite dell’ipovisione acquisiva la facoltà di riscrivere lo spazio cancellato dall’Alzheimer, attraverso la perdita del regime scopico e di tutte le convenzioni che lo giustificavano.

Non sono distanti le scelte della James nel concepire lo spazio casalingo come luogo identitario per eccellenza, destinato alla decadenza. La casa isolata nel bosco dove vive Edna (Robyn Nevin) sembra una contrazione della maison Usher e quando la figlia Kay (Emily Mortimer) e la nipote Sam (Bella Heathcote) entrano per cercare l’anziana signora da cui non hanno notizie, lo sguardo della James si ferma sugli oggetti corrotti dall’azione del tempo, come nella dettagliata descrizione ambientale che introduce il racconto di Edgar Allan Poe.

Le micotossine della muffa proliferano su tutto ciò che muore all’esterno, evidenziando la natura organica dell’abitazione, mentre la sopravvivenza del logos viene tracciata da una serie di post-it disseminati lungo le stanze, la cui funzione sembra quella di dare significato ad oggetti ed azioni, proprio quando si stanno perdendo tutte le correlazioni sinaptiche.

L’improvvisa ricomparsa di Edna è quella di un ritornante, una creatura persa ai confini del tempo, nuovamente protetta dal nido, grande proiezione del desiderio. Trama intessuta di rapporti, come scriverebbe Calvino, il luogo di una storia vissuta viene sottoposto dalla James ad uno spietato e progressivo sgretolamento, lo stesso che accompagna la fine del sogno abitativo, inteso come costruzione di un processo identitario. Lo spazio che Edna sentiva come significativo, non è più localizzabile e insieme al suo corpo, perde tutte le funzioni comuni fino a diventare una minaccia per chi non lo riconosce più.

“Relic” opera un doppio processo, prima di tutto legandosi ad un cinema di matrice fortemente fisica, per avvicinarsi alla ricerca tra organico e mentale di Nacho Cerdà. In secondo luogo, sfruttando l’osservazione fenomenologica di spazi e corpi come un rovesciamento dell’interno nell’esterno. L’esperienza di Kay e Sam è quella di due generazioni a confronto, nella complessa relazione con le proprie radici, tra distacco e riconoscimento. Osservare la perdita irreversibile della radice matrilineare, provoca un movimento tellurico che riconfigura le fondamenta della propria identità. Come Edna, la casa non è più riconoscibile perché trasfigurata dalla prevalenza dell’oblio sulle dinamiche del sentimento, sospese tra raziocinio e istinto.
Il grado zero della dimenticanza coincide con il totale annullamento dell’io ed è sorprendente che la James riesca a tradurlo come vero e proprio collasso di tutte le coordinate semiotiche, aprendosi alle possibilità di una mistica terribile e disturbante.

La pelle allora diventa l’ultima soglia dell’esistenza. Per superare il rifiuto della marcescenza dei tessuti, fine estremo di quell’istituzione del senso rappresentata dal corpo, l’unico gesto ancora possibile è accogliere l’alterità della morte, trasformazione assoluta di quella nudità che ancora si perde e confonde tra altre superfici.

Togliere la pelle, squamare il corpo è il gesto estremo di Edna, malata di Alzheimer, per liberarsi dalle escrescenze marcite del corpo, ma anche quello di altre figure sul bordo, come le donne disfunzionali ritratte da Marina De Van, Julia Ducournau, Moara Passoni.

“Relic” osserva in modo preciso il nostro rifiuto della morte attraverso la testimonianza annichilita di una disgregazione individuale e sociale. La casa che diventa un labirinto, le stanze che perdono consistenza volumetrica, le pareti infestate dalla muffa, il corpo ridotto ad una carcassa.

Eppure, in quello che sembra uno sguardo funereo, capace di mandare in frantumi trascendenza e materialismo, facendoli collidere l’una contro l’altro, si accende una luce nera, nocciolo duro da abbracciare incondizionatamente per superare il rifiuto: non-corpo, né anima.

Relic, il Blu Ray Blue Swan Entertainment

Distribuito da Eagle Pictures, “Relic” uscirà con label Blue Swan Entertainment il prossimo marzo in tutti gli store specializzati in versione DVD e Blu Ray. Il bel debutto dell’australiana Natalie Erika James, viene proposto in una versione doppio disco (DVD + Blu Ray) con Audio Italiano e originale 5.1 e un rapporto immagine 1:78:1

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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