venerdì, Aprile 26, 2024

Ca’ Foscari short film festival 5: tutte le recensioni della terza giornata

I wish my life, il titolo di uno dei corti presentati oggi al Ca’Foscari Short Film Festival, in un certo senso potrebbe sintetizzare lo spirito di questa terza giornata del concorso internazionale; il dissidio tra aspirazioni, desideri e il corso imprevisto della propria storia.

Blut reis und tränen di  Johannes Rosenstein
Blut reis und tränen di Johannes Rosenstein

Per Tim è proprio così, seduto al volante del suo taxi con il volto insanguinato pensa al fatto che le corse siano sempre molto brevi, ma il prezzo da pagare troppo alto; mentre i passeggeri fanno un breve ingresso nella tua vita, in qualche modo la modificano e il controllo da mantenere è fondamentale, tanti sono i segnali stradali, le regole e le sollecitazioni da rispettare. La vita è diversa, perchè la perdita del controllo innesca un doloroso meccanismo a catena. Comincia con la voce off del suo protagonista Blut reis und tränen, ovvero Sangue, riso e lacrime, il corto diretto dal tedesco Johannes Rosenstein, film di diploma realizzato per la Scuola di Cinema e Televisione di Monaco che racconta le vicende di un tassista, del suo rapporto amoroso con Lee, un giovane cuoco cinese e della difficile situazione famigliare, con il padre malato di Alzheimer, una sorella assente e la sua mania di poter controllare tutto da solo, compromettendo così la vita personale e la relazione con Lee, stanco di una condivisione occasionale. Una lieve tensione “noir” attraversa il film di Rosenstein, fin dalla sequenza iniziale, dove Tim entra nel ristorante dell’amante e scansiona letteralmente i clienti, elencandone le facoltà sensoriali e visualizzandole in forma grafica; il senso acutizzato di Tim è quello dell’udito, e in questo senso, Rosenstein lavora in modo disgiuntivo inserendo numerosi scarti, auditivi, linguistici e narrativi. Sarà una violenta colluttazione con Lee e l’improvvisa scomparsa del padre, perso per le strade della città senza più memorie e con in mano il controller di una macchinina telecomandata, a consentirgli di ripensare la propria vita; lui che voleva essere un pilota di auto da corsa, dovrà calibrare diversamente tempi, sguardo sulle cose e sentimenti, per troppo tempo fermi in uno stato di ibernazione.

Un parfum de citron di Sarah Carlot Jaber
Un parfum de citron di Sarah Carlot Jaber

Ed è congelato anche il rapporto tra Rita e Tarek nel corto di produzione belga/libanese diretto da Sarah Carlot Jaber; in  Un Parfum de Citron la coppia non può avere figli per la sterilità dell’uomo, ma la tradizione non perdona e le pressioni della madre di Tarek, incapace di vederne l’infertilità, diventano insostenibili per Rita, spingendola a seguire l’amica Mona in una notte brava passata tra la discoteca e la camera di un turista francese. Mettimi incinta, dirà Rita allo straniero prima di farci l’amore e riattivando così un desiderio sepolto, slegato dalla maternità. Chiuso in una simbologia ellittica, il corto di Sarah Carlot Jaber comincia e finisce con la tartaruga di famiglia recuperata dopo una caduta dal balcone; viene in mente uno degli aforismi del poeta Libanese Khalil Gibran contenuto in “sabbia e spuma” e legato al valore della memoria e alla capacità di adattamento: “Le tartarughe potrebbero raccontare, delle strade, più di quanto non potrebbero le lepri“.

Puto di Fabiana Savares
Puto di Fabiana Savares

Desideri, aspirazioni e una vita crudele spingono il protagonista di Puto ad una fuga continua. Il corto della portoghese Fabiana Savares comincia con un’immagine minacciosa, il profilo incappucciato di Morcego inquadrato di spalle, quasi fosse la maschera della morte rossa, osserva lo spicchio di un quartiere notturno come a dominarlo, in realtà il ragazzo è costretto a prostituirsi per sopravvivere, mentre condivide temporaneamente la stanza con un amico, presto abbandonata per sfuggire ad una brutta storia di spaccio. Il ritorno a casa sarà filmato come un viaggio nella memoria, con la voce della nonna ormai morta che gli parla da un altro tempo e gli oggetti famigliari che rendono visibile un’appartenenza negata; la Savares lascia aperta questa piccola flanerie con una strada che guida il percorso di Morcego, immagine atemporale che inserisce i puntini di sospensione.

2/05 di Nacho A. Villar
2/05 di Nacho A. Villar

Ed è sospeso anche il mondo dei due anziani che abitano la casa vuota di 2/05, il corto, rigorosissimo, diretto dallo spagnolo Nacho A. Villar; un montacarichi attraversa l’appartamento spaccato in due, dalla cucina è possibile guardare il soggiorno attraverso una finestra, mentre gli operai entrano ed escono dalla casa portando via suppellettili, Villar utilizza un punto di vista quasi sempre periferico, cogliendo un segmento della spazio e lasciando che le azioni quotidiane scandiscano il tempo della fine. Mentre la donna cucina dall’altro lato il marito rimane a fissare il vuoto, il punto di vista non è quasi mai soggettivo ma è quello della casa stessa, la cui persistenza materiale è una potente immagine di cancellazione e riconfigurazione del tempo.

I Wish My Life di Joachim Huveneers
I Wish My Life di Joachim Huveneers

I Wish my life si diceva, se il corto di Villar annichilisce i desideri di una vita nella dimensione spietata e impenetrabile della materia, quello del belga Joachim Huveneers cerca di arrestare la morte nel setting di un futuro dove è possibile riprodurre l’imprinting di una persona amata nella replica di una gioventù artificiale. La giovane Sara vive con l’anziano Skybo, un team di ricerca ne esamina i progressi cognitivi e mentre la ragazza è in grado di giocare a scacchi insieme a Skybo muovendo le pedine con il pensiero, solamente una vecchia canzone riprodotta su vinile innesca la memoria di un amore perduto, materializzando la figura di un giovane amante nella dimensione mnestica. Ma chi è Sara? E perchè quando si rifiuta di assecondare i capricci erotici di Skybo si ribella? La cancellazione dei suoi progressi e la riprogrammazione all’imprinting originario aprono una serie di interrogativi nel corto dell’autore belga, quello che rimane è il senso di una storia d’amore ridotta ad un simulacro e il dubbio su chi sia veramente il soggetto desiderante, nella dimensione del ricordo che a poco a poco diventa palindroma.

The Silence of our friends di Iina Lempiainen
The Silence of our friends di Iina Lempiainen

Il desiderio è negato nel film realizzato dalla finlandese Iina Lempiainen; in Hiliaiset ustavat – The silence of our friends  la bimba di Elise è la vittima di un grave atto di bullismo nella scuola che frequenta; la madre, convocata dall’insegnante insieme ai genitori dei responsabili arriva in ritardo nella palestra dell’istituto. Dispiace sabotare il bel corto della Lempiainen con una breve sinossi esplicativa, perchè l’autrice finlandese introduce il suo film in medias res, senza antefatto e collocando il ritardo di Elise all’interno di una vera e propria prova di scena cominciata senza di lei, quasi fosse una riproposizione di quel difficile equilibrio tra assenza e presenza necessario nel percorso formativo dei propri figli. Un regista, gli attori, il copione e la discussione sulle parti di ciascuno; è il rimettere in scena un trauma come processo che consenta ai genitori presenti di comprendere la gravità del fatto. Quando Elise uscirà dall’aula, in mezzo alla neve troverà una cartella rossa, alcuni libri di testo, le matite colorate, tracce di un abuso subito che potrebbe riemergere anche da un tempo sepolto, o più semplicemente da un desiderio improvvisamente spezzato.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker e un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana. È un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media. Produce audiovisivi

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