giovedì, Maggio 2, 2024

I giorni della vendemmia, l’incontro con Marco Righi

Raccontare l’adolescenza, la semplicità e la brutalità dei sentimenti e delle scoperte. Ricostruire un’atmosfera, quella dei primi anni 80, con le incertezze, le paure, la perdita di illusione e la precarietà delle aspettative verso il futuro. Collocare tutto in un microscopico squarcio di provincia rurale italiana, quella di Reggio Emilia, apparentemente distante dal suo tempo ma curiosa, dove posizioni diverse convivono in silenzio e dove si osserva senza che gli altri se ne accorgano.

Tutto questo è I giorni della vendemmia sorprendente esordio indipendente di Marco Righi, regista e sceneggiatore non ancora trentenne che, partendo da uno spunto letterario, che è un dichiarato omaggio nel film a Pier Vittorio Tondelli scrittore di Correggio scomparso a causa dell’AIDS a soli 36 anni nel 1991, ha costruito una storia intima che è insieme racconto di formazione e riflessione sullo spirito di un’epoca che è storia recente.

Estate 1984. Elia ha 16 anni e vive con i genitori in un casale nella provincia di Reggio Emilia. Durante il giorno aiuta il papà, comunista di ferro ancora scosso dalla scomparsa di Enrico Berlinguer, nella vigna e la sera cerca di schivare i gruppi di preghiera organizzati dalla madre, donna gentile, mite e fervente cattolica, per rifugiarsi nella sua stanza, bere un sorso di vino, accendersi una sigaretta e leggersi qualche pagina di Altri Libertini di Pier Vittorio Tondelli lasciata in casa dal fratello maggiore Samuele che vive lontano da casa provando a fare il giornalista. Tra le pagine del libro una cartolina di saluti da Cesenatico spedita da una compagna di scuola.

È l’arrivo della spregiudicata Emilia, una amica di famiglia sulla ventina venuta ad aiutare per la vendemmia a provocare in Elia un naturale turbamento. La ragazza forse per curiosità o per noia lo stuzzica bonariamente, facendolo lentamente uscire dall’imbarazzo fino ad un inaspettato quanto fugace ritorno a casa di Samuele.

I giorni della vendemmia con semplicità ed onestà mette in scena una educazione sentimentale che non si limita a riflettere sulle differenze generazionali ma che si interroga su quali siano i reali bisogni delle persone coinvolte indagando il desiderio di libertà, la voglia di scoprire l’amore e il sesso insieme alla fede politica e a quella religiosa. Un piccolo film italiano che in pochi mesi ha fatto il giro del mondo approdando a numerosi festival e riscuotendo consensi che ha anche il pregio di proporre una solida ed insolita alternativa sulla quale costruire nuove basi per riscoprire vecchi sentimenti e nuove vie di fare di cinema.

L’incontro con Marco Righi e la  produttrice Simona Malagoli al cinema Portico di Firenze diventa una preziosa occasione per capire cosa sta dietro alla realizzazione di un film italiano indipendente ed a bassissimo budget che ha sfidato i suoi limiti vincendoli e riuscendo ad imporsi.

Marco Righi: «Il nostro è un film stra-indipendente. Sono stato io a proporre il soggetto a Simona e insieme ci siamo imbarcati in questa avventura. Reggio Emilia non è certo famosa per il cinema (ride) è una situazione assolutamente non romano-centrica. Siamo partiti in febbraio con solo 3 copie e siamo arrivati a più di 30 festival internazionali. Paradossalmente è stato il successo registrato all’estero a farci conoscere in Italia.»

Simona Malagoli: «Io mi sono imbarcata in questo progetto che non ha avuto finanziamenti pubblici per il semplice fatto che reputo Marco davvero molto bravo. Purtroppo non è affatto infrequente che progetti come questo non riescano ad essere portati a termine. Noi abbiamo tenuto duro spalleggiandoci a vicenda fino a quando il film non è finalmente uscito in sala»

Marco Righi ha raccontato la genesi della sua sceneggiatura: «Il film è nato un po’ di tempo fa dalla volontà di raccontare l’educazione sentimentale di un ragazzino in una provincia rurale dell’inizio degli anni 80. Quando ho iniziato la stesura del soggetto abitavo ancora a casa dei miei in un piccolo paese nella provincia di Reggio Emilia. Quando mi chiedono perché una storia ambientata nel 1984, un’epoca durante la quale io avevo appena un anno, mi trovo a rispondere, per onestà intellettuale, che non mi sentivo pronto per descrivere la mia contemporaneità ed è anche per questo che ammiro tanto autori come Tondelli che sono riusciti a descrivere il loro tempo così bene; ed è proprio grazie anche alla lettura dei loro libri che sono riuscito a ricreare l’atmosfera degli anni 80. I giorni della vendemmia è stato girato in appena 14 giorni. Ciò è stato possibile poiché comprendeva una sola location, 5 attori e 5 comparse. Ci sono stati dei limiti, purtroppo anche creativi che non si potevano superare; a questo proposito mi sarebbe piaciuto inserire una selezione musicale assai più nutrita ma finanziariamente non è stato possibile. La dilatazione dei tempi nel film è una mia precisa volontà che ho chiesto ai miei attori di rispettare. Non cercavo la complessità del soggetto ma piuttosto la linearità. Voglio che il pubblico “respiri” la scena e le atmosfere, da spettatore è quello che mi interessa in un film.»

Sulla scomparsa di Enrico Berlinguer che nel film è più volte evocata, anche attraverso le immagini dell’ultimo comizio di Padova trasmesse da un vecchio televisore interviene  Simona :«Il responsabile del sito enricoberlinguer.it ci ha scritto spontaneamente dicendoci quanto sia stato bello e importante per lui il nostro omaggio, proprio perché indiretto. È una risposta che ci ha riempiti di orgoglio.»

Marco Righi: «I filmati del comizio di Padova mi hanno sempre colpito e mi sono trovato a guardarli spesso. Fin dall’inizio avevo in mente di inserirli come una sorta di sottotrama  per meglio delineare la figura del padre di Elia che è un uomo molto chiuso ed ermetico, ma che quando rivede il comizio in tv ne è completamente soggiogato. È un elemento molto importante nella storia, specie se contrapposto alla devozione religiosa della madre che, in quello stesso momento, sta rileggendo ad alta voce la parabola del figliuol prodigo.»

Abbiamo chiesto a produttrice e regista cosa realmente significhi girare un’opera prima indipendente, e come Marco D’Agostin, il giovanissimo protagonista esordiente che nel ruolo di Elia ha donato al film una performance fresca e molto convincente, sia entrato a far parte del cast.

Simona: «Quando ci chiedono come sia possibile realizzare un film a basso costo rispondo che l’unico modo è quello di spendere poco. Una delle qualità del soggetto di Marco a questo proposito è senz’altro la sua semplicità e pragmaticità. Noi abbiamo vinto questa scommessa soprattutto facendo di necessità virtù e la troupe ci ha aiutato tantissimo. Per tutte le giovani maestranze che hanno collaborato con noi la nostra scommessa è stata un’opportunità.

Prima di iniziare I giorni della vendemmia ho chiesto dei consigli in giro specificando quale era il nostro budget, la risposta era sempre che mi stavo imbarcando in un’impresa impossibile. Non è stato affatto facile ma noi ce la abbiamo fatta.

La partecipazione di Marco è stata del tutto casuale ma si è rivelato uno dei nostri punti di forza: si è aggiunto alla fine perché il ragazzo a cui inizialmente era stato affidato il ruolo di Elia si è tirato indietro per problemi di studio. Abbiamo trovato Marco grazie ad un casting on-line. Lui ha una dizione perfetta ed una ottima padronanza del corpo essendo un ballerino. Attore e regista hanno conseguito numerosi riconoscimenti nei vari Festival che ci hanno ospitati»

 Il regista : «Marco è un ragazzo molto intelligente e con un ricco bagaglio culturale. Ha messo criticismo in ciò che ha fatto sposando anima e corpo la nostra causa.»

Per sapere quando e dove sarò proiettato il film nei prossimi mesi consultate la pagina facebook dedicata a I giorni della vendemmia.

Redazione IE Cinema
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