giovedì, Dicembre 12, 2024

Lennonyc di Michael Epstein (Usa, 2010 )

«Era molto romantica l’idea di essere 2 refugies.» così Yoko Ono parla del suo trasferimento a New York in compagnia di John Lennon nel 1971: due rifugiati in fuga da un paese, l’Inghilterra, che era loro ostile, che non vedeva di buon occhio la loro unione in generale e lei in particolare. Così inizia Lennonyc, il buon documentario di Michael Epstein , presentato in anteprima nazionale al Cinema Odeon di Firenze in una serata realizzata con la collaborazione del  Festival dei Popoli e della Libreria LaFeltrinelli, che racconta gli ultimi 10 anni della vita di John Lennon trascorsi per la maggior parte a New York City in quella che è stata una fase di mutamento radicale per l’ex Beatle.
Il gruppo si era sciolto nell’aprile del 1970 e la priorità di Lennon sembrava essere quella di reinventarsi a tutti i costi come uomo accanto a Yoko e come musicista, con l’intenzione di tenere alta, assieme alla sua compagna, la battaglia politica iniziata anni prima con le loro performance contro la guerra e in favore della pace. Iniziano quindi i concerti a fianco degli Elephant Memory nel 1972 a New York City.
Insieme all’attivismo non mancano eccessi con alcool e droghe, esperienze certo non nuove per Lennon, ma che sembrano minare come mai prima di allora il rapporto con la moglie. È la stessa Yoko a raccontare un’infedeltà di John consumata praticamente davanti ai suoi occhi durante una festa successiva alla notizia della rielezione dell’odiato Nixon: «Fu terribile, lui mi stava umiliando davanti a tutti. Fu uno dei ragazzi degli Elephant Memory a venirmi in aiuto mettendo su un disco di Bob Dylan che coprisse il baccano che facevano John e una ragazza che aveva appena conosciuto nella stanza accanto. Credo che stessero facendo sesso

La separazione e il trasferimento di Lennon a Los Angeles sono un’idea di Yoko che affida il marito alla sua assistente personale May Pong che ne diventerà l’amante. L’avventura di John in una città diversa da New York come Los Angeles accanto ad un’altra donna si rivela complicata; sembra essere risucchiato da un vortice di creatività con la realizzazione di Walls and Bridges e di autodistruzione. Le sessioni di registrazione sono caratterizzate da un massivo abuso di alcool e in quel periodo si registrano anche episodi  nei quali John si rende protagonista di atteggiamenti molto sopra le righe. La permanenza in California è però anche il periodo in cui vecchi amici Paul McCartney e Ringo Starr lo vanno a trovare; a questo proposito racconta May Pang: «Paul e John sembravano proprio 2 fratelli che riprendevano il loro rapporto esattamente da dove si era interrotto, senza il benché minimo astio o rancore».
È la collaborazione con Elton John e l’apparizione in un suo concerto al Madison Square Garden che riportano Lennon a New York. L’eccentrico artista inglese ricorda così quel momento: «Avevo un costume che oggi farebbe impallidire Lady Gaga quando John comparve sul palco accanto a me; seguì un’ovazione spaventosa da parte del pubblico, qualcosa che mi fa venire la pelle d’oca ogni volta che ci penso.».

Yoko racconta il suo stato d’animo in quel periodo: «Stavo cercando di andare avanti con la mia vita, il mio lavoro e malgrado io e John ci sentissimo al telefono tutti i giorni non pensavo che saremmo tornati insieme. Soffrivo molto specialmente di notte perché non ero abituata a dormire da sola, mi ritrovavo a tremare e pensavo che non fosse una buona cosa il fatto che una persona avesse così disperatamente bisogno di un’altra. In quel periodo in un negozio vintage scovai un pigiama di seta da uomo, pensavo che se avessi incontrato un ragazzo al quale quel pigiama stava bene sarebbe stato un buon segno.» Dopo il concerto Yoko Ono va a salutare John Lennon in camerino: i due sono di nuovo insieme: «Appena John tornò ad abitare con me glielo feci provare e gli calzava alla perfezione»

Seguirono due eventi fondamentali nella vita dei Lennon: finalmente John riuscì ad ottenere la green card e la coppia, dopo 2 gravidanze non portate a termine, ebbe un figlio, Sean. Se con Julian, il primogenito di John avuto dal primo matrimonio, il rapporto per stessa ammissione di Lennon era stato caratterizzato dalla sua assenza e da un generale disinteresse, il legame con Sean diventa simbiotico: «Ero io ad occuparmi di Sean mentre Yoko andava in ufficio. Anche se l’ufficio era al piano di sotto lei non c’era». Il periodo difficile dell’abuso di alcool e droghe sembra lontano e le foto raccontano una nuova dimensione familiare e domestica autentica. Anche gli amici e i colleghi si accorgono di questo cambiamento ed hanno paura di disturbare l’idillio. Dopo un lungo periodo di silenzio Lennon si rimette al lavoro su un nuovo disco insieme a Yoko (Double Fantasy); l’amore per il figlioletto rimane al centro di questo nuovo progetto: in sala d’incisione davanti alla postazione di John campeggia una grossa foto di Sean e non manca mai una telefonata per augurare la buona notte al piccolo.

Con questo nuovo lavoro Lennon afferma di volersi rivolgere ad un pubblico più maturo: «Sono felice se il disco piace ai ventenni, ma voglio dialogare con chi come me ha 40 anni per sapere come va la loro vita, la loro relazione, a che punto sono insomma.» Il tragico epilogo della breve vita di John Lennon è noto a tutti: l’ex Beatle venne assassinato con 5 colpi di pistola da un fan malato di mente la sera dell’8 dicembre 1980 mentre rientrava a casa. Racconta Yoko Ono: «Quando al Roosvelt Hospital mi dissero che John era morto mi spiegarono anche che era necessario darne annuncio via radio. Io pregai tutti di darmi 15 minuti, ero sotto shock e pensavo che se avessimo aspettato a divulgare la notizia lui sarebbe tornato

Lennoncy è, nel suo complesso, un lavoro documentario piuttosto preciso che centra l’obbiettivo di raccontare l’esperienza americana di Lennon, conclusasi con la sua prematura scomparsa. Non potendo ignorare la carica di carisma che da sempre accompagna il musicista di Liverpool  aumentata esponenzialmente dopo la controversa unione con la seconda moglie, aspetto che nel film svolge una funzione primaria, Epstein monta saggiamente materiale di repertorio insieme ad inediti intervallando con numerose interviste e cucendo un prodotto potenzialmente valido perfettamente in linea col progetto editoriale di cui fa parte, ovvero American Masters una serie di film documentari giunta al suo 25esimo anno di attività che esamina da vicino il contributo in termini culturali, sociali e creativi di personalità di rilievo (Charlie Chaplin, Andy Warhol, Martha Graham, Billie Holiday, Paul Simon, Leonard Bernstein sono solo alcuni dei nomi del catalogo). Filo conduttore di tutto il racconto gli interventi di una Yoko Ono spogliata per l’occasione della proverbiale allure di artista controversa e algida, che lascia intravedere inequivocabili segni di umanità e di dolore (emblematico l’imbarazzo sul suo volto in una foto scattata all’indomani del tradimento pubblico del marito e poco prima della separazione, nella quale lui le si prostra letteralmente ai piedi).

Lennon dal canto suo mostra una varietà complessa di facce e sfaccettature: ex Beatle in cerca di pace, musicista impegnato, militante, alcoolizzato, sgradevole, incredibilmente dolce e irriverente. Un elemento a tutta prima banale ma che non può non essere registrato è la continua evoluzione del suo aspetto per tutta la durata del decennio americano: se Yoko è sempre la stessa donna piccola e sottile con la sua gran massa di capelli neri e senza trucco John è sempre diverso, una volta hippy con la giacchetta militare e i capelli lunghi, un’altra un affascinante uomo inglese quasi androgino vestito di nero con cappello a tesa larga e occhiali e un’altra ancora un giovane uomo azzimato in cravatta e completo grigio con le basette sfoltite che sale le scale del tribunale per discutere dei suoi guai nell’ottenere la Green Card. Il film di Epstein analizza la storia di un uomo che attraverso molteplici fasi, è rimasto fedele nel bene e nel male a ciò che aveva sempre affermato: love is the answer.

 

Redazione IE Cinema
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