sabato, Luglio 27, 2024

iBerlino – Fotografia – Il video di Kain Malcovich in esclusiva e l’intervista

Hai mai mangiato un uomo” è il nuovo album del duo iBerlino e segue un esordio datato 2004 (“Negli anni luce”) e un Ep Successivo (“Follie d’autunno).

Mirko Difrancescantonio e Fabio Pulcini tornano con un disco dalle marcate caratteristiche urbane, con molte influenze eterogenee, dal trip hop “classico” di matrice bristoliana, al cantautorato. Il disco è prodotto da La Bionda Records e distribuito da Sounday.

Fotografia” è il secondo estratto dal loro album ed è anche un videoclip d’animazione diretto da Kain Malcovich, laureato presso l’Università Europea di Design a Pescara nel 2002 e residente a Bologna dal 2007. Quattordici anni di esperienza serratissima e di alto livello, dove ha lavorato per agenzie internazionali curando immagini, brand e campagne pubblicitarie come grafico e disegnatore, passando dai libri ai prodotti home video. In ambito musicale ha curato moltissimi artwork, tra cui quello per il lavoro solista dell’ex Nirvana Chad Channing, per i Before Cars, oltre che per Ulan Bator, Tv Lumiere e molte produzioni accasate presso Deambula Records (The Marigold, BuenRetiro, Herself).

iBerlino – Fotografia – Dir: Kain Malcovich

Kain Malcovich, tra grafica e animazione: l’intervista

La prima domanda è relativa alla tua formazione e al modo in cui l’hai applicata all’animazione. Il video per iBerlino sembra una via di mezzo tra disegno animato, le forme più approssimative della cut-out animation e il modo in cui tutto questo confluisce nelle applicazioni di motion graphics. è una sensazione corretta? puoi raccontarci il processo?

Sì, sono d’accordo sulla tua sensazione. Fondamentalmente sono un illustratore e un disegnare di fumetti. Roba statica insomma. Di notte disegno, di giorno sono un graphic designer pubblicitario. Stavo lavorando a delle tavole, sperimentando questo tipo di tratto che vedete nel video. Faccio un passo indietro, c’è stato un percorso formativo morale. Fino a pochi anni fa disegnavo con uno stile molto da strip, vedi Calvin e Hobbes e i Penauts; ero molto impulsivo e sintetico di mio e queste cose per me andavano bene finché raccontavo della mia rabbia adolescenziale. Ero anche molto ambizioso e talvolta arrogante. Un giorno però andai a Malta e visitai presso la Concattedrale di San Giovanni l’opera di Caravaggio, la Decollazzione di San Giovanni Battista. Vederla dal vivo per me fu uno schiaffo incredibile, una lezione senza precedenti, un rimprovero, un tutto. La cosa concise con una brutta esperienza editoriale in cui mi sentii tradito e mi buttò in una leggera depressione e smisi di disegnare per un anno circa. Poi, pensando a queste due esperienze, iniziai a risollevare la penna piano piano e a cercare con calma il mio io disegnatore. Le cose vanno fatte con calma, con molta calma. Tuttavia la visione “flat”e se vogliamo pop delle cose mi è rimasta: è tuttavia la mia formazione d’infanzia. Non so se ricordi che negli anni 80 sui canali privati davano i vecchi cartoni animati della Marvel dove animavano le figure immobili di Jack Kirby: Capitan America rimaneva fermo e lo sfondo si allontanava, ovvero Capitan America stava camminando. Questo video è partito quando ho provato a scorporare una tavola in cui c’era un cielo rappresentato da tante impulsive linee e una nuvola. Ho diviso il tutto in due semplici livelli e ho iniziato a far camminare quella inanimata nuvola su quel cielo buio, un pò come in quei vecchi cartoni. Mi sembrava un buon inizio per il brano “Fotografia”; le linee della nuvola si confondevano a tratti con quelle del cielo, un risultato interessante e stimolante. Ho disegnato a mano tutto, elemento per elemento, con due penne a china, una 02 e una 05, e poi l’ho scansionato. A quel punto ho iniziato semplicemente a muovere gli elementi con Premiere. L’impressione desiderata era avere davanti un vecchio cartone animato da tv privata disegnato con un tratto più punk.

Cosa permettono e cosa tolgono secondo te i software di motion graphics rispetto alle caratteristiche materiche e artigianali di certa animazione?

Credo si pongano due obiettivi e due risultati diversi da donare al pubblico. Dipende da quello che si desidera fare arrivare e quali corde si vuole toccare in chi vede questi video, da che peso maggiore si vuol dare alle componenti visive di un video. I software di motion graphics, se li usi bene, raccontano spesso una storia con fluidità nei movimenti e a volte realismo. I video dalle caratteristiche artigianali raccontano una storia con un tratto. L’aspetto “finto” è fondamentale in questi ultimi. Nei primi talvolta l’autore rimane apparentemente più dietro le quinte: egli è regista e muove tutto e non sempre è il disegnatore. Nei secondi, emergendo il tratto, l’autore è più “interprete”. Questa però è una mia visione anche da spettatore, di eccezioni che mi contraddirebbero ce ne sarebbero tante. Dico solo una cosa da grafico: l’idea nasce prima, non con photoshop e dintorni; questi devono rimanere il mezzo, non essere l’idea stessa. Forse è per questo che personalmente uso pochi filtri: non sono loro la bellezza ma la devono semmai servire. Talvolta il tuo difetto devi trasformarlo nel tuo miglior pregio, ma con umiltà e studio dietro.

E la narrazone? nei tuoi artwork deve per forza basarsi sulla sintesi e sulla sovrapposizione di livelli entro lo spazio della cornice, qui invece è tutto diverso….

Nelle copertine che ho realizzato per altri artisti mi trovavo a sintetizzare in un quadrato quello che volevano dire con un disco intero. Passavo del tempo al telefono con loro chiedendo cosa volessero dire con quella o quell’altra canzone e qual’era lo stato d’animo imperante. E’ importante associare la musica a un giusto vestito, ci rimango male quando compro un bel disco e la mia mente associa della bella musica a un’immagine brutta o poco curata. Hai un colpo solo per farlo, per arrivare all’utente, quindi quando realizzi una copertina passi il tempo a fabbricare il proiettile perfetto. Una volta credo di non esserci riuscito e mi dispiace per quel disco perché è veramente bello, meritava più tempo, ma non vi dirò di quale sto parlando. Altre volte invece è l’artista a fare tutto: vede un tuo disegno e decide di farne la sua copertina. Accadde con Chad Channing (ex batterista dei Nirvana) che mandato dalla etichetta europea Deambula Records sbirciò nel mio sito e vide uno schizzo: decise di usarlo per la copertina dei suo Before Cars. Fui molto emozionato quando me lo dissero…peccato che avevo buttato quel foglietto da un sacco di tempo. Non amo tenenere i miei disegni. Dovetti quindi ridisegnare tutto ad hoc. Idem con le illustrazioni e le tavole a fumetti: il momento è congelato, come un ricordo bollato in testa, ma a differenza di una copertina, qui hai più possibilità di approfondire, di “spostarti con la camera” e scandire più minuti, ore, giorni, anni. Nell’animazione di Fotografia invece la durata della canzone scandiva l’intensità o la staticità degli eventi, le illustrazioni congelate delle mie tavole si scongelavano e muovevano, il farli interagire con la musica stessa dava il ritmo alle azioni. Quando i personaggi sono sott’acqua le bollicine che escono dalla bocca e dagli strumenti va a ritmo con la voce e i sintetizzatori. Nell’urlo finale “la camera” si alza verso la nuvola iniziale, c’è molta aria in quella scena. Ecco, con una copertina racchiudi più anni di esperienza e di racconti del musicista. Con questo video è il tempo che descrive qualcosa di statico. Mi sto impallando.

Come hai sviluppato e discusso l’idea del video con gli iBerlino?

E’ nato sperimentando. Ai ragazzi piace ricavare dall’improvvisazione non solo nella musica: ricordo ancora quando girammo con un cellulare il video di “Macchie sul tuo volto”; abbiamo fatto indossare al chitarrista, Fab, una maschera da George Clooney facendolo girare per l’aeroporto di Bologna. Fu esilarante, così abbiamo iniziato a improvvisare il resto, sempre con quelle maschere. Per Fotografia ho scorporato una tavola su più livelli, un cielo e una nuvola appunto, che poi è rimasta la scena iniziale dell’attuale video. Il risultato sembrava onirico; inizialmente c’erano semplicemente i ragazzi disegnati che si muovevano su una spiaggia. Avevo pensato al clip “Take on me” degli A-ah dove i componenti erano disegnati come fumetti. Il tratto raccontava lo stato d’animo: scuro, lacerato. Non aggiungeva però nulla a quello che venisse già detto nel testo della canzone. Poi ci siamo detti: la carta ci permette di fare cose che nella realtà non esistono, di rendere visibile la fantasia e fare accadere cose contro la fisica. Volete volare? Volete sollevare automobili con un dito? Bè, siamo in una spiaggia, sbattiamoci dentro qualche mostro marino, combattetelo mentre raccontate la vostra storia. Il mostro ha tentacoli proprio come il ricordo di cui state parlando nella canzone: vi afferra, è grande, non va più via, come la “lei” di cui state parlando. Allora abbiamo deciso di vertire il video clip in una storia quasi di avventura. Sì, un ricordo passato che diviene un’avventura presente.

La musica indipendente italiana ha adottato spesso l’animazione negli ultimi anni. secondo te per quale motivo?

Animazioni e aggiungerei cortometraggi, piccoli filmati che accompagnano l’ascolto. Credo siano cambiati i tempi e la percezione del pubblico. Quel che prima era “figo” ora può essere molto ridicolo, su questo credo che siamo d’accordo. Una volta in un video clip c’era il cantante che faceva le sue mosse da palco e gli altri membri della band erano dietro conciati e acconciati in modo bizzarro e con delle scenografie improbabili, oppure la band era occupata a conquistare qualche amore incontrato in qualche bar. Facciamo un passo indietro nella musica internazionale. Un esempio estremo che mi viene in mente è il video dei Queen “It’s hard Life” (1984) che adoro per la sua irripetibile sfacciataggine barocca. Questo costringeva la band e dunque dei musicisti a dover fare anche gli attori…ma magari loro non lo sono affatto, perché spacciarli per tali quando ce ne sono di veri? Prendi il video di “Freedom” (1992) di George Michael: egli all’epoca, in causa con la Sony, decise di non apparire più nei video; voleva essere innanzitutto un cantante, non un sex symbol, nonostante fosse un bel pezzo di ragazzo, non a caso quella canzone è in un album chiamato “Listen without prejudice”. Allora a chi affidare l’immagine del suo video? A delle modelle, perché loro sono “l’immagine” per eccellenza. George Michael era la musica. Ora credo che siamo tornati a questo pensiero: il musicista suona, non è un attore per forza. Allora i video li facciamo fare a degli attori. O a delle animazioni, affinché il musicista rimanga integro nel suo ruolo. I Gorillaz hanno risolto il problema in modo egregio.

Quali sono i tuoi riferimenti, nel cinema e nell’animazione?

Sono un amante di Wim Wenders, per dirtene uno. La sua fotografia, il modo di raccontare una storia con delle immagini lente e areose e con dei dialoghi molto significativi e introspettivi. Sarebbe bello vederlo alle prese con un’animazione. Ti sembrerà strano ma non sono un grande spettatore di animazioni. Amai le versioni animate di Akira e Ghost in the Shell e pensa, non sono un lettore di manga. Mi emoziono quando vedo i making off dei vecchi film animati della Disney, quel fare tutto a mano disegnando quasi frame per frame. Il mio quindi è stato un approccio da non appassionato di animazioni ma più di comics, vediamo cosa accade fondendo una mia mancanza con una mia conoscenza.

Quale sarà il tuo prossimo passo per quanto riguarda i videoclip?

– Non farli o fare un cartone animato non realizzato al computer e non su un foglio. Metto dei paletti per trovare una via che mi emozioni, come un illusionista incatenato sott’acqua. Una sorta di film, allora? Non ve lo posso dire ora, spero di non annegare nel frattempo.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è un videomaker, un Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana e un Critico Cinematografico iscritto a SNCCI. Si occupa da anni di formazione e content management. È un esperto di storia del videoclip e del mondo Podcast, che ha affrontato in varie forme e format. Scrive anche di musica e colonne sonore. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

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