sabato, Giugno 14, 2025

Amour Apocalypse (Peak Everything) di Anne Émond: recensione, Cannes 78

Cambia apparentemente registro narrativo Anne Émond, ma nel tocco leggero di una commedia situazionale che sospende l'incredulità, trova le ragioni dell'amore sul bordo del baratro, rinnovando il suo cinema acuminato e ricco di vitali antinomie. Visto a Cannes 78 nella sezione Quinzaine des cinéastes. La recensione

Anne Émond fa parte di quella generazione creativa che ha ridefinito il cinema francofono del Canada a partire dalla relazione tra soggettività e un contesto sociale caratterizzato da tensioni marcate.
Dopo un esordio come Nuit 1, segnato dal rigore della messa in scena e da una drammaturgia claustrofobica, i temi dell’alienazione, dell’identità sessuale, della ricerca delle proprie radici e della ridefinizione dei corpi femminili, hanno alternativamente attraversato la sua filmografia.

È radicalmente cambiata la forma espressiva, di volta in volta orientata alla costruzione di racconti intimisti e sviluppati nella dimensione seclusa dello spazio relazionale, oppure alla decostruzione visuale di questi elementi, con un cinema che si è adattato alla disamina delle diverse mutazioni generazionali in gioco.

Sono due film per certi versi simili Nelly e Jeune Juliette, così come abitano un linguaggio meno eclettico e più ancorato alla verità dei personaggi il già citato Nuit 1, Les êtres chers e il più recente Lucy Grizzli Sophie, vicino alle atmosfere oscure dell’esordio, per un racconto di sradicamento e ridefinizione dell’identità femminile.

Amour Apocalypse cambia nuovamente registro e recupera quella leggerezza apparente che ha caratterizzato alcune opere della regista quebecchese, con la scelta di un linguaggio più vicino alla frammentazione visuale dei nuovi media, che animava film come Nelly e Jeune Juliette, ma in parte anche il precedente Lucy Grizzle Sophie, seppur da una prospettiva più nera, disperata e meno incline all’incorporazione di linguaggi pop.

Ed è difficile scindere le due tensioni antipodali nel cinema di Émond, comunque attraversato da una tendenza oscura, distruttiva e introflessa, che coglie quasi sempre personaggi sul bordo, alla ricerca di uno spiraglio di luce.

La scelta rurale delle location tra Sudbury e Montreal e l’idea della fine che affligge Adam, il protagonista, segnala questa tensione tra esterno ed interno che sin dal titolo ossimorico caratterizza un’opera ondivaga, alla ricerca dell’innesco situazionale della commedia, proprio a partire dalle inversioni del senso comune sulla vita e la sostenibilità.

Proprietario di un canile, Adam divide la sua vita tra la gestione degli ospiti e una vita solitaria, scandita dalla presenza intermittente del padre, figura che sembra uscita dal cinema scorretto di Kervern & Delépine, tanto è terragno, laido e primario nelle sue manifestazioni quotidiane.
Ossessionato dalle conseguenze dei cambiamenti climatici, si isola da qualsiasi possibilità affettiva che non sia la cura dei suoi cani preferiti, immaginando catastrofi imminenti.

Il futuro, annichilito da un presente minaccioso e dalle caratteristiche apocalittiche, non è immaginabile e il modo in cui Adam vive il momento è costellato di piccoli accidenti dove non riesce a far fruttare gli istanti, per troppa paura e soprattutto, per troppa gentilezza. Vivere troppo in ritardo e allo stesso tempo, anticipare la fine stessa dei desideri, sfocia nell’annichilimento. Superata la soglia dei quaranta si confronta quotidianamente con la sua assistente, una giovane dalla sessualità prorompente, che lo seduce più di una volta, lo masturba impudicamente in riva al fiume, lo tiene a distanza e lo svuota di tutte le energie erotiche. In questa piccola enclave che sembra completamente isolata dalla civiltà, Adam sviluppa una forte depressione e si avvicina a molti personaggi femminili del cinema di Émond, fino a rappresentare una vera e propria controparte di quell’universo.

Nello spazio chiuso della sua camera, dopo aver ordinato una lampada per provare la fototerapia, instaura un rapporto empatico con Tina, help desker della ditta che ha prodotto il dispositivo.
La regista canadese insiste sulle loro telefonate e sullo spazio aurale che queste riescono a creare. Questo è il prodotto dello scarto tra isolamento e immaginazione e può instillare il dubbio che quella voce femminile sia il risultato di un’applicazione IA.
Adam non lo dice mai, se non con una battuta per sincerarsi che non sia così, ma quel discrimine viene introdotto dalla decorporeizzazione delle relazioni che tutti viviamo attraverso i dispositivi di comunicazione più diffusi.

Così come è incorporea la paura della fine, dove la minaccia dell’apocalisse viene sollecitata dalla diffusione di immagini mediali che incontrano forme di instabilità interiore, Adam assegna al valore assoluto della voce un’esperienza di cura e attenzione che non riesce a riconoscere nella vita reale.
La concatenazione situazionale della commedia comincia da qui, ovvero dalla casualità di eventi al limite, dove la sospensione dell’incredulità diventa un accordo tacito con lo spettatore, perché su quegli stessi principi, opposti e coincidenti, si basa sostanzialmente la paura di vivere e di uscire dalla propria comfort zone.

Ecco che tutto diventa un prodotto della scoperta e della meraviglia e il film si apre all’esperienza quando Adam decide di sbarazzarsi dei filtri virtuali, per andare a cercare Tina nel suo stesso ambiente. Anne Émond sposa allora il tocco leggero del gioco, dell’avventura romantica e dell’ingenuità necessaria che occorre per affrontarla, ma non rinuncia, all’interno dell’involucro più disimpegnato, a rivelare il dolore che ogni storia individuale nasconde.

Da una parte la rottura di ogni convenzione, che per Tina è rappresentata da una famiglia già strutturata, mostra le potenzialità di una scelta libera, ma anche il prezzo che occorre pagare quando si decide di interrompere un corso per intraprenderne un altro.

Émond non è interessata a imboccare la strada della catarsi o dell’elaborazione di un senso di colpa, al contrario suggerisce che la dimensione emergenziale sia l’unico motore possibile di ogni storia.
Su quell’emergenza che Adam ritiene pervasiva fino a generare immobilità, si innesta al contrario la vitalità di Tina, capace di danzare sul baratro.

L’improvvisa esplosione di un evento atmosferico catastrofico, può allora essere interpretata come l’inizio della fine o semplicemente come un orizzonte possibile per ricostruire i propri desideri altrove. Rispetto allo scientismo che azzera ogni possibilità di ricerca interiore, Adam e Tina, con al seguito le sue figlie e il golden retriever preferito che comprende solo il francese, possono allontanarsi nella tempesta senza attendere di farsi inghiottire.

La fotografia di Olivier Gossot, tra zoom a schiaffo, improvvise impennate documentariste, tagli ex abrupto e un’incertezza dello sguardo che si allinea alle nevrosi di Adam, contribuisce alla rilettura del cinema della regista francese. Questo vive ancora degli stessi contrasti e di antinomie spesso brucianti, come in quella formidabile sequenza conclusiva che nello spazio di un piano sequenza, mette insieme con grande vitalismo l’amore filiale con una ribollente urgenza erotica.

Invece di spezzare il quadro idilliaco, lo allarga, lo arricchisce e mette ancora una volta al centro il primato dei corpi, come mappe di una geografia complessa e necessaria.

Peak Everything di Anne Émond (Amour Apocalypse – Canada 2025 – 97 min)
Sceneggiatura: Anne Émond
Fotografia: Olivier Gossot
Montaggio: Anita Roth
Musica: Christophe Lamarche Ledoux
Interpreti: Patrick Hivon, Piper Perabo, Élizabeth Mageren, Gilles Renaud, Éric Kamala Boulianne, Gord Rand, Connor Jessup, Leona Son, Sienna Feghouli, Denis Houle, Jean-Carl Boucher, Benoît Mauffette, Arlen Aguayo Stewart, Martin Dubreuil

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

ARTICOLI SIMILI

Voto

IN SINTESI

Cambia apparentemente registro narrativo Anne Émond, ma nel tocco leggero di una commedia situazionale che sospende l'incredulità, trova le ragioni dell'amore sul bordo del baratro, rinnovando il suo cinema acuminato e ricco di vitali antinomie. Visto a Cannes 78 nella sezione Quinzaine des cinéastes. La recensione

CINEMA UCRAINO

Cinema Ucrainospot_img

INDIE-EYE SU YOUTUBE

Indie-eye Su Youtubespot_img

FESTIVAL

ECONTENT AWARD 2015

spot_img
Cambia apparentemente registro narrativo Anne Émond, ma nel tocco leggero di una commedia situazionale che sospende l'incredulità, trova le ragioni dell'amore sul bordo del baratro, rinnovando il suo cinema acuminato e ricco di vitali antinomie. Visto a Cannes 78 nella sezione Quinzaine des cinéastes. La recensioneAmour Apocalypse (Peak Everything) di Anne Émond: recensione, Cannes 78