lunedì, Maggio 6, 2024

Box Wakamatsu Koji – United red army + Caterpillar

Cofanetto Wakamatsu Koji, i contenuti Extra

Esce per la Rarovideo il cofanetto Wakamatsu Koji dedicato a due dei film più recenti del grande regista giapponese scomparso nell’ottobre 2012. L’edizione Rarovideo include quindi United Red Army del 2007 e Caterpillar del 2010, è corredata da un piccolo booklet critico curato da Roberto Silvestri ed è arrichita da alcuni contenuti extra. Il primo è relativo ad un’intervista curata da Alice Massa e allegata a United Red Army. La conversazione con Wakamatsu è filmata da un cameraman amatoriale durante il festival di Procida 2012, Il Vento del Cinema, manifestazione curata da Enrico Ghezzi dal 2007. La qualità video e audio non è buona, parti del discorso sono coperte da rumori esterni, ma il documento è raro e prezioso perché si riferisce ad una delle ultime apparizioni in pubblico del regista. Qui Wakamatsu spiega le ragioni che l’hanno spinto a girare un film sull’URA a trenta anni di distanza da quei fatti. Il dovere di una memoria storica da consegnare alle nuove generazioni, innanzitutto, la sua partecipazione diretta a quella fase storica, il bisogno di denunciare l’immobilismo attuale della società giapponese: “Ci sono stati dei film, soprattutto televisivi, e anche una bella pièce teatrale, sugli avvenimenti di quegli anni, ma erano tutti realizzati dal punto di vista della polizia. Volevo quindi portare un altro punto di vista”.

Film totalmente autofinanziato, United Red Army si è avvalso, per la colonna sonora, della collaborazione gratuita di Jim O’Rourke, uno dei musicisti americani più importanti dell’ultimo ventennio “Nessun produttore al giorno d’oggi è disposto a sborsare un centesimo per un film del genere” scherza Wakamatsu, dicendo la verità.

Il tema dell’informazione necessaria contro l’ignoranza e il conformismo imperanti torna nel riferimento a 17 sai non fūkei, presente a Torino 2005, storia di un diciassettenne che, dopo aver ucciso la madre, scappa verso il nord del Giappone con la sua bicicletta. “Che cosa ha visto il ragazzo?” è la traduzione del titolo, e quello che il giovane vedrà sarà il suo percorso di formazione: “I giovani sono sempre stati il mio interesse principale– dichiara il regista – E in una generazione che non ha mai vissuto la guerra e la violenza, per la quale è normale avere tutto, che nei videogiochi uccide persone che poi, se si ricomincia a giocare, sono ancora vive, è ovvio che il valore della vita sia completamente distorto. La vita non è un gioco, la guerra non è un gioco, questo dovrebbe essere ovvio, ma non lo è”.

Accenni anche su Sekigun-PFLP: sekai sensō sengen, documentario sulla Palestina realizzato con il collaboratore e amico Adachi Masao, seguito ideale di United Red Army per lo spostamento a livello internazionale delle lotte dell’Armata Rossa, prima del suo tragico epilogo, quindi un’ incursione nello specifico del suo lavoro, con la domanda su come nascono i suoi film. Una notizia, un fatto, un evento, un trafiletto in ultima pagina sul giornale, da tutto può nascere un film, dice il regista. L’unico film che non farà mai è quello sulla yakuza, mafia giapponese su cui dimostra di avere idee molto chiare per esperienza personale. E’ un mondo privo di codici etici, non ci sono “brave persone” nella yakuza e i film su quella realtà “sono una finzione”.

Sulla cosiddetta Nūberu bāgu del cinema giapponese non usa mezzi termini, tanti espedienti introdotti dal suo cinema sono stati utilizzati da quei registi come fossero innovazioni. Parlando infine del cinema dei grandi, Kitano, Imamura, Kurosawa, Tsukamoto, pur dichiarando la sua ammirazione, afferma che bisogna fare un cinema diverso, come tutte le cose bisogna che anche il cinema cambi, si evolva, non ha senso pensare ad un genere, ad un filone: “I miei film non appartengono mai ad un genere preciso”, conclude brevemente l’atipico, individualista, eretico enfant terrible del cinema giapponese.

Il contenuto extra alegato a Caterpillar è invece un’intervento dello storico del cinema Marco Del Bene, un’ampia ricognizione sul cinema di Wakamatsu che parte da 17 sai non fūkei, un film, afferma Del Bene, che è  “metafora del Giappone del ventunesimo secolo, nazione che ha perso il senso dell’essere e vaga verso una direzione incerta”. Del Bene mette a fuoco la forte connotazione politica del cinema dell’autore, in particolare nella sua ultima fase di produzione: “Memoria scomoda del Giappone, uno dei pochi che riesce ad affrontare temi sostanzialmente rimossi dal dibattito culturale del Paese”. L’analisi dei due film è condotta con ampio riferimento al contesto storico, dal lontano passato alle contraddizioni del presente. Lo sguardo critico ed eretico di Wakamatsu, attraverso i temi fondanti del suo cinema e la sua passione di uomo, assume così la connotazione di termometro esistenziale di un’intera comunità, misura dei suoi aspetti antropologici e rappresentazione in una prospettiva marcatamente politica del suo ruolo nel mondo.

Paola Di Giuseppe
Paola Di Giuseppe
Paola di Giuseppe ha compiuto studi classici e si occupa di cinema scrivendo per questo e altri siti on line.

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