giovedì, Ottobre 10, 2024

venezia 65 – L’occhio di Dio – Su Ponyo On the Cliff By The Sea di Hayao Miyazaki e su The Sky Crawlers di Mamoru Oshii – in concorso

Gli sfondi, si potrebbe partire da questa riduzione o al contrario, amplificazione del tratto per azzardare uno sguardo sdoppiato sugli ultimi due capolavori di Hayao Miyazaki e Mamoru Oshii.

The Sky Crawlers, nell’avvicinamento fotorealistico del 3D all’oggetto digitalizzato si serve di una ripetitività ipnotica reiterando duelli e acrobazie sempre identici nella loro astrazione, radar che compiono gli stessi movimenti, dettagli su un decòr senza tempo come se fosse riprodotto da una matrice di cui non si conosce l’origine, un montaggio narrativo che riutilizza elementi dell’immagine simili, generati dalla stessa radice, quasi fosse il calcolo di alcune probabilità combinatorie. A questo simulacro del reale si oppone un lavoro sul tratto e sullo sfondo di essenzialità e staticità sconcertanti, il movimento immobile di una realtà che non riesce a svilupparsi, l’annichilimento di qualsiasi processo di mutazione nell’immobilità dell’aria, raccoglitori di cielo appunto, osservatori del niente disegnano l’unico tratto possibile in un movimento apparente che li incatena ad un eterno esser bambini. Questa impossibilità di diventare adulti è per Oshii una condizione che al di là di alcuni riferimenti politici molto precisi alla storia del Giappone, si manifesta come tragica e terribile; la costruzione di un simulacro virtuale della guerra penetra direttamente il Gioco e non ci presenta un mondo osservato dal giocatore, quanto l’osservazione stessa, divelta da ogni soggetto.

C’è una sequenza agghiacciante in The Sky Crawlers che rovescia l’assunto Disneyano del punto di vista posizionato all’altezza di un bambino, ed è realizzato con una prospettiva simile, quella di escludere gli adulti dall’asse della visione; i turisti adulti non si possono vedere, ma guardano, osservano attraverso il mirino LCD di una fotocamera restituendoci l’immagine di un mondo non tanto osservato, quanto sottoposto ad un’auto-osservazione autoctona.

C’è in questo una suggestiva analogia con L’iraq di Kathrin Bigelow nel suo cupissimo e visionario The Hurt Locker, dove a un certo punto si grida “qualcuno ci sta guardando, ma non so da dove!”. Sono visioni, quelle di Oshii e della Bigelow, che vanno oltre l’astrazione megaloscopica dei network e entrano direttamente dentro la retina del virtuale. La realtà disanimata di Oshii si serve solo apparentemente di alcuni appigli desunti dalla letteratura Cyberpunk penetrando l’essenza stessa del concetto di animazione digitale in una prospettiva lucidamente disperata e senza fine che rivela la nuda essenza
della texture; l’architetto o il designer è probabilmente un’illusione.

Gli sfondi, nel meraviglioso Ponyo on the cliff by the sea di Hayao Miyazaki , meraviglioso anche in termini di rivelazione progressiva dello sguardo, adottano un processo ugualmente riduttivo, sintetizzando il movimento a pochissimi elementi e rinunciando a quella fluidità Disneyana che rende la visione del movimento una simulazione perfetta. Miyazaki, in questa manualità artigianale ed esasperata, torna all’essenzialità già introdotta da Isao Takahata nel bellissimo My Neighbours, the Yamada, ovvero la produzione studio Ghibli più vicina alla nuda mutazione del tratto e che fa a meno della presenza dello sfondo come punto di riferimento e orientamento. Lo sguardo infantile di Miyazaki è quello dell’eterotopia, un vero e proprio sign of wa/onder come direbbe Teresa De Lauretis in quell’invenzione verbale che passa dalla libertà del transito e del vagare a quella dello stupore e della meraviglia nel tempo di un solo impercettibile movimento. L’astrazione, nel cinema di Miyazaki e ancora di più nel bellissimo Ponyo, si verifica nel movimento mutante del tratto capace di delineare non solo forme che vengono dall’informale (un oceano di possibilità….) ma di dar forma ad una narrazione apolide che ricerca l’armonia in un’idea positivamente panteistica e sincretica dello sguardo. Dove il divino per Miyazaki si manifesta nella contemplazione del flusso e nella mutazione delle cose , nell’ultimo cinema di Oshii l’occhio di Dio è totalmente invisibile e non è possibile ne spegnerlo ne accecarlo.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico regolarmente iscritto al SNCCI. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e new media.

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